Comincia oggi una nuova avventura per Tastiere Arranger. La collaborazione nata spontaneamente fra Giorgio Marinangeli, Marcello Colò e il sottoscritto per la stesura del recente articolo uscito in questo blog su Elka OMB 5, ha stimolato Riccardo Gerbi a lanciare l’idea di una nuova iniziativa editoriale sul web che tutti abbiamo accolto con entusiasmo, nonostante le estenuanti e facinorose discussioni notturne in conferenza web, come succede fra “quattro amici al bar”.
Sotto l’egida di SM Strumenti Musicali, a partire da oggi e nei prossimi mesi, usciranno a cadenza regolare una serie di contributi sugli strumenti arranger che hanno fatto la storia delle tastiere digitali dagli anni 80 a seguire. Quattro siti diversi pubblicheranno, in contemporanea quadrifonia, contenuti che – sospettiamo – potranno essere interessanti per chi segue abitualmente questo blog. Potrete leggere di più sul significato dell’iniziativa e di come saranno differenziati gli argomenti fra noi quattro nell’articolo di Riccardo Gerbi su SM Strumenti Musicali.
Oggi cominciamo con il primo strumento di una lunga serie: Generalmusic WS2. Il mio compito è quello di raccontarvi lo strumento con il mio solito approccio, quello di un appassionato reporter del mondo arranger.
Arranger Legacy | GEM WS2 versione modulo
Rivoluzione del 1990
L’innovazione introdotta da Generalmusic nel 1990 merita di essere celebrata ancora oggi, a distanza di 32 anni dall’evento. L’azienda italiana si era presentata al mondo delle tastiere digitali con un prodotto che, al primo sguardo, spiccava rispetto tutta la produzione circostante grazie ad una livrea innovativa ed accattivante. Dal punto di vista tecnologico, con WS2 appariva per la prima volta sul mercato un arranger dotato di sequencer a 5 tracce e unità floppy disk utile per espandere le risorse musicali di bordo: stili e song.
Non è tutto qui. WS2 offriva di serie un’attrezzatura di accompagnamenti dall’identità molto chiara. Già l’Intro di ogni stile definiva esattamente il brano ideale con cui sfruttare quell’accompagnamento: si avviava lo stile Funky e si era pronti a suonare Pick Up the Pieces della Average White Band, oppure si partiva con lo stile 5/4 e si era comodi per suonare Take Five di Dave Brubeck. Questo elemento di rottura avveniva in un mondo di arranger arcaici dove gli arrangiamenti erano molto più tradizionali, mentre WS2 faceva il verso ai successi musicali mainstream. Oggi alcuni direbbero che, con WS2, sono nati i “song style”.
A tutto questo, si aggiunge un aspetto ancor più vincente: nel mondo di allora tutti i produttori di software blindavano i loro supporti digitali in modo da impedire la copia dei dati (una cosa ardua da spiegare oggi ai nativi digitali abituati a scaricare di tutto dal web). In modo rivoluzionario rispetto l’epoca, il software di Generalmusic era duplicabile: molti musicisti copiavano i dischetti contenenti stili e basi acquistati in negozio a favore di amici e colleghi. Quando un tastierista acquistava GEM WS2 si poteva trovare nelle condizioni di disporre gratuitamente di decine di floppy-disk ed essere così pronto ad affrontare le serate con un vasto repertorio. Generalmusic, pur consapevole che i propri clienti non agivano nel rispetto della legalità, non combatteva e nemmeno scoraggiava questo fenomeno diffuso di copia. Il concetto di gratis è oggi il paradigma di tutto il web (diamo per scontato di avere gratuitamente cassette postali, programmi di videoscrittura, fogli elettronici, software di fotoritocco, etc.): 32 anni fa non era così e il fatto che l’azienda romagnola chiudeva gli occhi di fronte a diffusi atti di violazione del copyright, ha permesso di acquisire un ampio numero di clienti concedendo loro, in modo implicito, l’accesso gratuito a tutto il patrimonio software prodotto dall’azienda.
Il successo di WS2 è stato talmente importante che GEM ha dovuto organizzare le proprie maestranze al fine di produrre regolarmente almeno 100 tastiere al giorno e per ben tre anni di fila, per riuscire a stare dietro alle vendite in Italia, Europa e nel resto del mondo. Sono numeri impensabili per le tastiere attuali.
Arranger Legacy | GEM WS versione modulo
Una workstation, sì una workstation
Generalmusic utilizzava il termine workstation per WS2: non era un caso, dato che lo strumento poteva essere impiegato in diversi modi:
Ovviamente l’arranger con i suoi stili era il metodo più popolare.
Era possibile arrestare l’arranger e suonare i singoli timbri da tastiera come un semplice synth.
Il sequencer di bordo consentiva di registrare proprie song fino a cinque tracce.
Collegando via MIDI una tastiera master o un altro strumento digitale era possibile utilizzare la tastiera WS2 come generatore sonoro (di più, WS2 era in vendita anche senza tastiera, come modulo expander).
Nel 1990 non si era ancora affermato lo standard General MIDI e ogni produttore di strumenti digitali costruiva l’architettura delle risorse musicali secondo la propria inventiva. Anche la standardizzazione dei componenti e standard industriali per il software erano di là da venire, ne conseguiva che le architetture di costruzione logica degli strumenti digitali erano prevalentemente fatte in casa. Così era per Generalmusic che ha interamente progettato e realizzato WS2 con i propri talenti e le proprie possibilità.
Storia di manager, professionisti e artisti
Dietro le quinte c’era Gianni Giudici, responsabile dell’area musicale di Generalmusic, Deus Ex Machina di una estesa squadra di musicisti e tecnici, fra cui Enzo Bocciero, Maurizio Galanti, Giacomo Bodini e tanti altri. A San Giovanni in Marignano (a quei tempi in provincia di Forlì-Cesena, oggi provincia di Rimini) operavano ben due gruppi di sviluppo indipendenti sul progetto, mentre un terzo gruppo si è aggiunto al progetto in una seconda fase, quando il 50% delle risorse era già stato realizzato: questo team era operativo a Recanati alla presenza di talenti provenienti da Elka (appena acquisita da Generalmusic) e altri nuovi assunti. Il ruolo di Recanati è stato quello di mettere a punto la wavetable realizzata a San Giovanni. A Recanati operavano nomi che hanno fatto la storia degli arranger negli anni a venire come Juergen Schmidt, Francesco Castagna, Roberto Marcucci, Francesco Sardella e Marcello Colò (la mia fonte principale per la stesura di questo articolo).
Inizialmente stili e song erano prodotti internamente dalla GEM Software Division, composta essenzialmente da dipendenti GEM e alcuni collaboratori esterni. È ormai storia il fatto che, intorno al 1994, è avvenuta la scissione di Marco Cima (oggi a capo di M-Live) e di Music Media Soft dello stesso Gianni Giudici (oggi direttore musicale di Studiologic).
Arranger Legacy | GEM WS2 versione 61 tasti
Tutto – ma proprio tutto – Made in Italy
La stessa scheda madre e lo stesso firmware erano montati in quattro varianti dello strumento:
WS2: tastiera con 61 tasti leggeri e amplificatori di bordo, il killer del mercato.
WS2: modulo expander
WS400: pianoforte con 88 tasti pesati e mobile, era nato due mesi dopo il primo annuncio di WS2 e, nonostante il costo più impegnativo, ha raccolto un discreto successo
WS1: un anno e mezzo dopo il primo lancio, Generalmusic aveva proposto uno strumento a tastiera dalla scocca più piccola e con un numero inferiore di risorse. Nelle intenzioni dell’azienda, doveva essere l’opportunità più economica e alla portata di tutti, ma il taglio di risorse operato non la faceva percepire al livello degli altri strumenti della famiglia e non ha riscosso lo stesso successo.
La linea WS è stata il centro focale di un’ampia serie di innovazione tecnologica Made in GEM: il processore DISP1, primo dispositivo sviluppato internamente da GEM, ha permesso a questa nuova workstation di gestire un database di suoni e stili dalle caratteristiche senza precedenti. Anche il firmware era fatto in casa. GEM aveva sviluppato un software proprietario per creare la propria wavetable sonora: una volta campionato il suono, il gruppo di ingegneri GEM aveva la possibilità di manipolare il campione, creare i punti di loop e mappare il suono nella memoria ROM ottimizzando le risorse a disposizione.
Lascio a Giorgio Marinangeli e al suo articolo uscito in contemporanea a questo a documentarvi le caratteristiche tecniche di WS2. Qui mi limito a raccontarvi dell’impatto di quell’ampio pannello affollato di pulsanti ordinati in schiera: all’epoca, davano l’impressione di austero ed elegante futurismo hi-tech. Sulla sinistra risaltavano due controlli: il primo era una trackball innovativa per pitch bend e Modulation, questa era stata oggetto ai tempi di grandi dibattiti e discussioni e diventò iconica. Più sopra un controller a forma di torta a quattro spicchi per il controllo degli stili (Start/Stop, Intro, Fill-In, Sync/Continue), a proposito che idea carina, peccato sia stata poi abbandonata.
Non essendo ancora diffuso sul mercato il General MIDI, i timbri di bordo erano mappati per importanza: dapprima un suono di Grand Piano che aveva il suo significato all’epoca; frutto di grandi applausi era l’Electric Piano che richiamava fedelmente il suono su due livelli del Fender Rhodes. Ottimi i suoni di basso, brass e sax. Le percussioni erano compresse ed efficaci, uscendo bene dal mix. Era presente un originale Vocal Kit, utile nelle percussioni con gridi vocali. Le basi su WS2 riproducevano con puntualità i suoni dei brani di successo dell’epoca. Accanto ai timbri da primato, il resto della wavetable offriva voci di minore efficacia, tuttavia molto equilibrati nel suo insieme.
Dal floppy disk si potevano caricare file con estensione .all che abitualmente contenevano stili e suoni. Era il metodo più comodo per eseguire il backup della memoria e ricaricare poi il tutto alla bisogna. Non c’era il multitasking: durante la manciata di secondi necessaria per il caricamento, lo strumento non suonava.
Su WS2, era possibile programmare uno stile partendo da zero. Normalmente però gli stili venivano costruiti su sequencer MIDI esterni (i più diffusi nel 1990 erano Atari ST Notator e Steinberg Cubase): non essendo disponibili funzioni di import, si caricavano i pattern degli stili nel sequencer semplicemente inviando le tracce alla porta MIDI, mentre WS2 registrava il tutto in tempo reale.
Se volete sapere come è fatta WS2, consiglio sinceramente la lettura dell’approfondimento tecnologico esteso dal più che esperto in materia, Giorgio Marinangeli.
Chi suonava WS2
Fra le migliaia di musicisti che hanno acquistato WS2, il grosso dei clienti era composto da piano baristi ed utilizzatori casalinghi. Le caratteristiche ruffiane dello strumento rendevano strategica la posizione del prodotto sul mercato permettendosi di essere attraente sia per chi intendeva suonarla in casa sia per chi invece la portava con sé per l’intrattenimento live nei locali. Non era lo strumento ideale per la musica da ballo o per suonare in una band, ma per tutto il resto si dimostrava versatile. La gamma di età chi acquistava WS2 era fra i 25 e i 45 anni. Non possiamo evitare di citare il fatto che, fra i tanti clienti e musicisti autentici, si fossero infiltrati finti tastieristi che l’hanno acquistata per il solo scopo di mettere in playback le basi dal vivo (no comment!).
Il prodotto aveva la fama di essere molto affidabile: si narra che in una riunione di Generalmusic con i propri centri di assistenza sparsi in Italia, questi ultimi si lamentavano perché WS2 non si guastava mai e non dava lavoro a chi era lì pronto per le riparazioni. Se qualche problema è emerso, era principalmente legato alle serigrafie che scomparivano presto dalla scocca dello strumento e al rischio che la batteria tampone negli anni perdesse la carica, mentre l’acido usciva sui circuiti: ma chi ha fatto regolare uso e manutenzione dello strumento non ha avuto grandi motivi di rimostranza. A distanza di lustri e decenni, molti esemplari di WS2 continuano a funzionare bene, persino i display non hanno perso luminosità e contrasto.
Video
Immagino che ora sarete curiosi di vedere WS2 da vicino e di ascoltare come suona con le vostre orecchie? Ecco a voi, Marcello Colò!
In un articolo di qualche settimana fa, avevo ripreso alcune nozioni di base sugli arranger. Ricordate? In quell’occasione, avevo cercato di ragionare riflettendo su come il successo degli arranger degli ultimi 20-30 anni sia stato fondato primariamente sul set di pulsanti Intro/Variation/Ending che ha agevolato un controllo semplice e immediato della rappresentazione universale della forma narrativa musicale fatta di introduzioni, strofe, ritornelli e finali. Da molti anni, anche con gli arranger più economici, è possibile costruire composizioni musicali o semplicemente dedicarsi ad esecuzioni strumentali con estrema libertà, componendo con varietà i vari mattoncini messi a disposizione. Possiamo lavorare rispettando le intenzioni originali (cominciare con il pattern dell’Intro e terminare con l’Ending) oppure rivoluzionare tutto e partire da un Ending per terminare con un Intro. Chi ce lo impedisce?
Oggi facciamo un passo in avanti nelle nostre considerazioni: grazie alla notevole diffusione di DAW e di macchine per DJ, la costruzione della musica contemporanea si è trasformata. Oggi molti prediligono una sintassi musicale basata su groove e loop ciclici e ripetitivi, cioè su formati lontani dalla forma-canzone classica. Ma la tecnologia degli arranger non è rimasta a guardare: si è evoluta al punto da rendersi disponibile alla creatività artistica anche di chi appartiene a quella categoria di musicisti. Di più, i contorni classici dei pattern MIDI si sono mescolati con le potenzialità dei frammenti audio. I limiti non sono dati dagli strumenti, ma dalla capacità dei singoli di sfruttare la tecnologia messa a disposizione.
Mi rendo conto di rischiare di ragionare in modo astratto: vediamo allora di essere concreti, facendo alcuni esempi in cui gli arranger possono essere utilizzati senza fare ricorso ai pulsanti classici dello stile. Ho cercato di radunarne alcuni.
Pad/Multipad
Per Yamaha si chiamano Multipad, per Korg sono Pad; mentre per Roland si chiamano Audio Key. La sostanza è che in molti arranger delle ultime generazioni, è possibile associare sequenze MIDI e/o audio ai pulsanti pad e da qui attivare parti musicali a tempo di esecuzione. Immaginate di voler iniziare una canzone con il rumore di fondo di una stazione dei treni, di un centro urbano assordato dalle auto o di un ruscello di montagna con l’acqua che saltella fra le rocce. Oppure immaginate di aver registrato l’intero brano con l’interpretazione della voce del cantante a cappella: ora potete suonare e accompagnare la voce anche se lui/lei è assente. O ancora, pensate di disporre di un campione di un suono percussivo originale. Potete avviare un loop audio a metà di un brano, potete importare campioni sullo strumento e metterli in loop. Qualsiasi tipo di suono e potete farlo ripetere a tempo insieme alla vostra esecuzione. questi arranger vi consentono di sostituire le tracce MIDI degli stili e far suonare tracce audio. Anche gli arranger Casio, per quanto economici, consentono di importare brevi campioni audio e metterli in riproduzione.
Yamaha Live Control e Groove Creator
Per gestire il Live Control, i modelli della serie Yamaha PSR degli ultimi 10 anni circa dispongono di due manopole sul pannello, mentre il top di gamma Genos offre 6 manopole e 9 slider, oltre un visore secondario di controllo. Al di là della possibilità di pilotare i parametri delle voci (volume, balance, EQ, reverb, chorus, altri effetti, EQ, cutoff, attack, release), quello che ci interessa documentare qui quanto il Live Control renda possibile nel dominio interattivo degli stili, come ad esempio:
Regolare la lunghezza del retrigger dello stile.
Attivare/disattivare la riproduzione dei canali degli stili, ad uno ad uno semplicemente girando le manopole.
Controllare tutti i parametri dell’arpeggiatore (dinamica, lunghezza di ciascuna nota, velocità dell’arpeggio).
Nei modelli più economici e di ultima generazione, oltre al Live Control, la casa giapponese ha introdotto Groove Creator, utile per arricchire gli stili in esecuzione. Ben si adatta ad una varietà di generi musicali dance per performance dinamiche e consente di combinare frasi e pattern e preset ritmici ottenendo variazioni dinamiche in tempo reale.
Nell’ultima serie di strumenti, Ketron ha introdotto un congegno innovativo con cui predisporre le proprie performance. Il Launchpad consente di riprodurre song dal Player MIDI, in cui sostituire le parti percussive con Live Drum, aggiungere Live Guitar e sostituire al volo le tracce del MIDI file con quelle di uno stile. Tutti i cambi di scena avvengo a tempo e con musicalità. È possibile inserire file audio (WAV), altre tracce audio in loop. Il LaunchPad memorizza progressioni di accordi da richiamare dal vivo. Nel LaunchPad possono essere create fino a sei scene con 12 tracce ciascuna e qui possono configurare ambienti sonori completamenti diversi fra di loro. La fantasia al potere!
Parliamo ora di KAOSS FX, la funzionalità interattiva pensata da Korg e che risponde ai gesti sul touch screen, generando eventi MIDI che, in modo istantaneo, possono controllare simultaneamente numerosi e diversi parametri. Il punto di forza è la fluidità del risultato. Facendo scorrere il dito sul touch screen, il passaggio fra le impostazioni avviene con graduale continuità al fine di:
Ridurre o aumentare il numero delle tracce attive ottenendo un mix più scarno e dare maggiore valore al solista.
Rimodellare la base ritmica e accelerando/decelerando il tempo e l’intensità.
Scatenare diverse forme dell’arpeggiatore.
Interagire con il pubblico modificando l’intensità dell’arrangiamento.
Passare da una Variation all’altra dello stile in totale scioltezza.
Riarrangiare uno stile in tempo reale da jazz a hip-hop, da dance a pop.
Lasciare a KAOSS FX la scelta di improvvisare su musica preregistrata.
Tutto avviene giocando sul touch screen tenendo conto che lo strumento interpreta la vostra intenzione analizzando cosa fate sull’asse XY. Il bello di KAOSS FX è che si può utilizzare sia in modo Style Play sia in modo Song Play.
Veniamo al dunque… davvero qualcuno di voi pensa ancora che gli arranger di oggi siano rimasti quelli di vent’anni fa con le sole armi di Intro-Variation-Ending a disposizione? Ma dai!