La fortuna delle tastiere arranger è stata quella di permettere al musicista di avere, a portata di mano su una tastiera digitale, gli oggetti con cui strutturare una canzone. Nei primissimi anni, questa opportunità si è dimostrata vincente per suonare dal vivo, successivamente anche per il processo di composizione.
Tutti noi sappiamo che la musica popolare è tipicamente basata su sezioni che si ripetono: la classica alternanza strofa-ritornello, le 12 misure del blues, la lunga ripetizione di strofe del folk e così via.
Il formato più comune prevede sequenze che sono inconsapevolmente diventate famigliari anche a chi non è musicista: introduzione, strofa, ritornello (chorus o refrain), ponte (bridge), interludio strumentale, special e finale.
Ecco, quando per la prima volta sono apparsi gli arranger sulla scena musicale, è stata semplificata per i tastieristi la possibilità di costruire la propria musica accedendo alle sequenze richieste in tempo reale.
Schema pulsanti stili arranger Yamaha
L’arranger è uno strumento che dispone di un contenitore di sequenze musicali multitraccia raggruppate per stile (style), un oggetto sonoro che permette di suonare un brano omogeneo dal punto di vista armonico e ritmico. I componenti di ogni stile corrispondono a quelle sequenze che abbiamo visto sopra per costruire la forma-canzone. Gli stili sono pilotabili tramite pulsanti che vanno a richiamare intro, strofe, ritornelli e così via.
L’industria musicale ha cercato di rendere flessibile l’accesso a queste sequenze, assegnando definizioni non rigide ai singoli pulsanti: sebbene quindi non siano presenti tutti i componenti espliciti della forma-canzone tuttavia, in ogni stile, possono essere ritrovati quelli necessari per il caso utilizzando i pulsanti a disposizione. Ad esempio, il pulsante corrispondente alla variazione 3 di uno stile potrebbe a volte essere usato per il ritornello di una canzone, per l’interludio strumentale di un’altra, oppure lo special e così via.
Schema pulsanti stili arranger Korg
Perché oggi ho sottoposto alla vostra attenzione questi concetti base che molti di voi già sanno? Perché io non me la sento di dare per scontato il fatto che gli arranger – di sempre, anche quelli che suoniamo oggi – sono basati su una concezione universale della forma musicale. È un aspetto durevole nel tempo, non una semplice tecnica del passato. Non è solo il punto di forza degli arranger, è uno schema generale della logica con cui è costruita la musica moderna.
Immagino già che qualcuno di voi potrebbe obiettare: “La musica di oggi si costruisce con loop e groove non inscatolabili nelle categorie classiche della forma-canzone”. Ovviamente c’è del vero in questa affermazione. Tuttavia, io ritengo che la tecnologia attuale degli arranger sia così evoluta da non costringerci più entro quelle forme, nonostante la continuità di presenza dei vari Intro, Variation, Break ed Ending. Diciamo che abbiamo a disposizione queste utilità, ma possiamo anche impiegarle in modo estroso, fantasioso ed inventivo. Si sa, la creatività artistica è sconfinata.
Questo è un argomento controverso e lo approfondiremo un’altra volta.
Oggi tentiamo di fare chiarezza sulla conformità degli stili Korg. Pubblichiamo una tabella di compatibilità che possa orientare i suonatori di questi arranger, nella comprensione di come espandere gli stili di accompagnamento accedendo alle risorse di altri modelli compatibili oppure a volumi di stili gratuiti pubblicati da Korg stessa negli anni.
Pa50 (2004), modello spartiacque fra due stirpi di arranger workstation Korg
Gli arranger Korg possono caricare gli stili di fabbrica di un altro modello, purché precedente: in altre parole, gli ultimi modelli possono caricare gli stili di tutta la produzione pregressa dal 1993. Tale compatibilità è unidirezionale: un modello della serie Professional Arranger non può caricare gli stili di fabbrica destinati a generazione di modelli successivi.
Questa regola vale per gli stili preset ma ha un impatto sugli stili che Korg pubblica gratuitamente sulla pagina BonusWare del sito ufficiale (rilanciata nel web dal distributore nazionale AlgamEko) dove esiste un concetto analogo di compatibilità selettiva.
Da qualche anno, occorre poi prestare attenzione a quale filone parallelo di arranger appartiene lo strumento: Made in Italy o Made in Asia? Sembra infatti che i nuovi modelli progettati e realizzati dalla casa madre in Giappone (come EK-50 e la nuova i3), dopo aver preso le mosse da Pa50, facciano un mondo a sé, distinto dai Professional Arranger più blasonati. Infatti, hanno una pagina Bonus Style separata, per conto proprio. E, fra di loro, la compatibilità è multidirezionale.
Tabella di compatibilità
Questa tabella è stata costruita analizzando i risultati della selezione disponibile nella pagina web BonusWare: dopo aver impostato il modello, la pagina ufficial Korg elenca quali siano le risorse gratuite compatibili. Alcune cartelle di stili provengono dalle risorse di fabbrica di altri modelli, altre cartelle sono relative a stili prodotti successivamente da Korg. Tali cartelle sono eterogenee e qui elenchiamo solo quelle pubblicate con cadenza regolare e raggruppate secondo una sequenza numerata dal Volume 1 fino al Volume 42.
Avete necessità di suonare una certa canzone sul vostro arranger, ma non avete idea di quale stile di accompagnamento utilizzare? Potrebbe tornarvi utile confrontarvi con questa piccola guida ispirata ad una metodologia utile su come provvedere quando Songbook, Registration, MusicFinder e altri database non contengono il brano che state cercando.
L’esperienza del MyMusicFinder
Quando avevo programmato la prima edizione del MyMusicFinder per Yamaha Tyros nel 2010 (NDA: l’ultimo aggiornamento è del 2017), ricordo di aver speso notti, settimane, mesi per ottenere il più ampio repertorio. Lo scopo particolare era di arricchire il file originale fornito da Yamaha con due caratteristiche allora mancanti:
Titoli veri delle canzoni originali. Per questioni di diritti editoriali, Yamaha era solita camuffare con nomi di fantasia. Ad esempio, A Whiter Shade of Pale era nascosta dietro White and Pale.
Massiccia presenza di brani italiani (il file ufficiale aveva quasi esclusivamente successi internazionali).
Quell’esperienza mi aveva permesso di approfondire la conoscenza del mio arranger e di maturare una certa confidenza con le potenzialità musicali degli stili.
Nell’articolo di oggi, vi racconto la metodologia che avevo adottato allora e che sostanzialmente utilizzo ancora oggi, nella prospettiva che possa tornare utile a qualcuno di voi. Magari non per rifare le stesse cose nello stesso modo ma, piuttosto, per pensare un vostro metodo personale, atto a migliorare il vostro lavoro con l’arranger che avete a disposizione.
Fase I – Studiare il repertorio di fabbrica
Un arranger normalmente offre diverse centinaia di stili di serie. La vostra ricerca sarà molto più rapida se, prima di cominciare, vi siete spesi preparandovi con uno studio volto ad ottenere la padronanza di massima degli stili disponibili: questa fase di approfondimento richiede tempo, certo, ma i risultati saranno percepibili da voi stessi quando andrete a provare e ad analizzare le varie categorie di repertorio. Mentre provate gli stili, prendete nota delle possibilità di ogni stile che vi stuzzica. Potrete farvi già una idea su come orientarvi successivamente e risparmiare molto tempo nelle fasi che seguono.
Fase II – Alla ricerca dello stile verticale
Una volta individuato il titolo della canzone che vogliamo assegnare ad uno stile, andiamo alla ricerca di un possibile stile costruito ad hoc. Questa è la parte più facile di tutto il lavoro.
Tutti gli stili sono programmati partendo da brani specifici. Alcuni di questi sono stati costruiti in modo blindato sulla canzone originale. Lo si intuisce dall’Intro che ripropone la stessa sequenza del brano di successo o dalle variazioni che si prestano facilmente a seguire l’arrangiamento autentico, con le varie sfumature armoniche.
I fortunati possono quindi trovare l’accompagnamento baciato sulla canzone cercata. Va da sé che questo è più probabile che succeda con i brani di successo internazionale. Se così è, avete finito la vostra ricerca.
Quando la vostra ricerca di uno stile verticale non ha successo, cosa potete fare? Fra le diverse opzioni, c’è quella di cercare lo stile sul web (magari acquistandolo dal portale ufficiale del produttore), di programmarlo da voi se il vostro arranger dispone di funzioni di editor degli stili e/o di costruzioni automatiche di stili da MIDI file. Resta però un’altra possibilità: cercate fra gli altri stili (versatili) del vostro arranger, se per caso ne esiste uno che si adatta alla canzone in oggetto. Approfondiamo quest’ultima.
Fase III – Alla ricerca di uno stile versatile
Se siete arrivati qui, significa che siete versatili. Bene. Ecco per voi la guida passo a passo.
Individuate il tempo (BPM) della canzone originale e impostatelo sull’arranger.
Mettetevi nelle condizioni di effettuare confronti a parità di risorsa: tempo bloccato (cercate sul manuale come tenere lo stesso tempo pur caricando in memoria un nuovo stile) e partenza da variazione 1.
Cominciate ora a passare in rassegna gli stili preset ad uno ad uno: avendo bloccato il tempo, tutti gli stili suoneranno con il BPM corretto. E questa è già una prima scrematura: alcuni stili saranno “stravolti” dal cambio di tempo e quindi vi sarà rapido scartarli al primo ascolto.
Partendo sempre dalla variazione 1, avete un modo uniforme e immediato di confronto. Vi permetterà di misurare velocemente l’attinenza di ogni stile sulla vostra canzone. Se vi ha convinto, non esitate a provare le altre variazioni.
Se alcune tracce dell’arrangiamento sono inadatte ma la scansione ritmica delle percussioni sembra funzionare, non esitate a mettere in mute le tracce eccessive. Sapete bene come la penso sulla leggerezza degli arrangiamenti: guadagnerete in realismo. Sarà necessario salvare lo stile con minori tracce in una locazione di memoria User, assegnandogli un nuovo nome.
Ovviamente avrete cominciate l’analisi degli stili dalle categorie di repertorio più vicine al brano originale ma, se non trovate nulla di interessante, passate tranquillamente ad altre categorie. Scoprirete con sorpresa che, persino nell’area degli stili jazz, ballroom o etnici potreste trovare qualcosa di stimolante per chi suona il pop o il rock.
Non abbiate paura di sperimentare e abbiate il coraggio di abbandonarvi alla vostra ispirazione: non è detto che dobbiate per forza suonare ogni canzone mantenendo la fedeltà servile all’arrangiamento originale. Se trovate che uno stile lontano dal brano di riferimento riesce comunque a mantenere lo spirito del brano o, semplicemente, gli trasferisce maggiore freschezza, perché non tentare?
Ignorate Intro ed Ending elaborati: salvo rare eccezioni, si ottengono minori discordanze in esecuzione se si parte da introduzioni più semplici o addirittura dal Count-In.
Una volta individuato lo stile più giusto, memorizzatelo nel vostro database (Registration, MusicFinder, SongBook, Performance o come diavolo si chiama sul vostro arranger) ma non consideratela una scelta fatta per l’eternità. Può succedere spesso nel tempo di cambiare idea o di scoprire maggiore efficacia in uno stile diverso. Cambiatelo!
Arrangiatevi!
Reinventare la musica è una delle caratteristiche più intriganti fra quelle che sono a portata di mano di chi suona un arranger. Non abbiate paura di dare spazio alla vostra creatività interpretando brani famosi in modo personale, molto più originale.
Fate come Scott Bradlee i suoi Postmodern Jukebox: da alcuni anni, pubblica sul web (e, finché si potevano fare concerti, in giro per il mondo) centinaia di canzoni famose, dandole una nuova veste e una nuova vita. A questo scopo, guardate cosa è riuscito a fare con All the Small Things dei Blink 182 facendola cantare a Puddles Pity Party (a parte il travestimento, che voce!). Io adoro la nuova versione, molto più dell’originale pop punk che aveva venduto milioni di dischi nel 1999.
Seguono qui sotto entrambi i video: quale preferite voi?
“Dedicherò la prima conferenza all’opposizione leggerezza-peso, e sosterrò le ragioni della leggerezza. Questo non vuol dire che io consideri le ragioni del peso meno valide, ma solo che sulla leggerezza penso d’aver più cose da dire”.
Così esordiva Italo Calvino nelle sue celebri Lezioni Americane che avrebbe dovuto tenere all’Università di Harvard nel 1985, se non fosse morto inaspettamente pochi giorni prima di partire per la trasferta oltreoceanica. Ecco, io penso che questo concetto possa essere stimolante anche per tutti noi, ferrati suonatori di tastiere arranger con accompagnamenti.
Da numerosi lustri, Yamaha, Korg, Ketron e Casio fanno a gara nel proporre stili di accompagnamento molto curati, nel tentativo di offrire quel wall of sound da sempre cercato con ostinazione da Phil Spector. Succede nelle variazioni 3 e 4 di quasi tutti gli stili, succede in gran parte degli stili orchestrali e succede altrettanto spesso nei c.d. song style quando costruiti su misura di canzoni dall’arrangiamento particolarmente ricco.
Ecco, io penso che questa varietà e profondità degli accompagnamenti possa darci soddisfazione prevalentemente in ambito casalingo, quando si suona l’arranger per sé stessi. Quando si vogliono provare emozioni personali per vivere pienamente l’esperienza del c.d. one man band (espressione che io detesto vivamente, spero Dio mi perdoni per averla usata, ma stavolta dovevo proprio rendere l’idea).
Ora però, in tutti gli altri contesti in cui noi suoniamo una tastiera arranger, io credo che il principio di leggerezza di Italo Calvino abbia ragioni più intense e possa condurre a risultati più efficaci.
Cerco di spiegarmi meglio, facendo un esempio semplice.
Scenario A. Immaginiamo di suonare dal vivo e di farlo con uno stile composto di basso e batteria, mentre noi suoniamo in tempo reale la parte del piano. Tutto qua.
Scenario B. Immaginiamo di suonare lo stesso brano dal vivo aggiungendo tutte le altre tracce: oltre a basso e percussioni, abbiamo archi, chitarre, fiati, synth e pad. E noi suoniamo la parte del pianoforte.
Bene.
Ora mettiamoci nei panni di chi ci sta ascoltando (stiamo suonando dal vivo, ricordate?): secondo voi, quale dei due scenari offre il più alto tasso di realismo? O meglio: in quale dei due scenari abbiamo maggiori possibilità di riuscire a catturare l’attenzione del pubblico?
La risposta è davanti a voi, non c’è storia.
Lo scenario B incanterà probabilmente chi ci sta ascoltando ma l’impressione che avrà è che sta girando una base in playback oppure che sta facendo tutto il software della tastiera.
Nello scenario A ridotto all’osso, invece, chi ci ascolta sarà più propenso a concentrarsi sulla parte che stiamo suonando noi dal vivo e a percepire il valore della nostra interpretazione. Nello scenario A il pubblico ha maggiori possibilità di percepire che siamo noi che stiamo suonando. Lo scenario A è la risposta.
E tutto questo a favore dell’autenticità, quella che vi permettere di catturare l’attenzione del pubblico. La leggerezza batte il peso. Almeno in questo caso.
Direi di più: il tramonto dell’uso degli arranger dal vivo nei piano-bar, nelle feste e nei concerti di piazza, è forse dovuto anche a questo. Fra uno stile fatto di un pesante muro del suono e la base originale, il pubblico (soprattutto qui in Italia) ha stabilito di preferire la seconda. Ma siamo noi tastieristi che non gli abbiamo dato la possibilità di far sentire la nostra intensità artistica. E, nel mondo delle tastiere digitali con accompagnamenti, questa intensità ha bisogno di leggerezza intorno per emergere.
Insomma, proviamoci! Mettiamo in mute le tracce superflue dello stile e suoniamo con il minimo indispensabile e lasciamo che sia il cuore a guidarci.
Quanti di voi in queste settimane stanno seguendo il corso di programmazione degli stili su arranger Yamaha? Proprio oggi, il portale SM Strumenti Musicali ha pubblicato l’approfondimento che gli ho dedicato. È sottinteso che la lettura è consigliata.
Il corso è organizzato da Danilo Donzella e Mauro Di Ruscio di Yamaha Music Europe (divisione italiana). Il docente Michele Mucciacito è una vecchia conoscenza dei lettori di questo blog: si veda l’intervista e il nostro racconto del successo raggiunto dal pacchetto di espansione Greetings from Italy.
Michele Mucciacito – Docente del corso di Style Making
Il corso on line riguarda i suonatori di arranger workstation Yamaha di ultima generazione, tutti strumenti che ho già recensito: Yamaha Genos, Yamaha PSR-SX900 e Yamaha PSR-SX700.
La recente pubblicazione del Volume 29 di stili addizionali per arranger Korg è l’occasione odierna per rivedere insieme la pagina BonusWare: da oltre quindici anni il produttore italo-giapponese pubblica un numero esteso di risorse software che consente, ai propri clienti, di mantenere aggiornato il proprio arranger nel tempo, anche dopo l’acquisto. La pagina BonusWare era nata originariamente sul sito di Korg Italy prima che questo venisse incorporato nel portale internazionale korg.com. Lo scopo è rimasto immutato: rendere disponibili gratuitamente sul web materiali utili per espandere le capacità dei propri strumenti a tastiera.
Al giorno d’oggi, la pagina offre materiali per tutti gli arranger della serie Pa. Il download è libero e accessibile a tutti: non è richiesta la registrazione.
Stili di accompagnamento
Sono a disposizione 58 raccolte di style per un totale di un migliaio di stili aggiuntivi di Continua a leggere →
Come noto, un arranger esce sul mercato con la dotazione standard di accompagnamenti automatici “versatili”, pronti ad essere utilizzati per suonare un discreto numero di canzoni. In molti casi, è sufficiente variare il tempo ed eliminare una o più tracce, perché uno stile possa rivelarsi adatto per l’accompagnamento in brani molto diversi fra di loro. Naturalmente, il musicista può fare la differenza, personalizzando la propria esecuzione e mettendoci dentro la propria creatività al fine di ottenere un brano arrangiato, diverso dall’originale, ma più attuale e più personale.
Oltre agli stili di fabbrica, nei negozi virtuali del web o in forma di libero scambio su alcuni forum, fanno capolino gli stili “verticali”, quelli cioè costruiti su misura di una canzone specifica, i c.d. Song Style, che vi consentono di avere a disposizione l’Intro originale della canzone, i suoni più vicini a quelli del disco, i giri di basso e i break di batteria necessari per un’esecuzione fedele al brano famoso.
A questo punto, la domanda che vi pongo è semplice: voi quale situazione prediligete? Versatili o verticali? Ci sono i pro e i contro per ciascun tipo di accompagnamento automatico. L’argomento è molto interessante, almeno per chi – come il sottoscritto – suona arranger da una vita. Per cui mi ci tuffo dentro ora, in questo articolo. Voi che fate: mi seguite?
Bill Haley & His Comets – Rock Around the Clock (1954)
Stili versatili
Da quando esistono le tastiere arranger, da sempre gli accompagnamenti automatici proposti di serie vanno a coprire un vasto repertorio nei vari generi, tipicamente pop, rock, jazz, canzoni sentimentali (ballads in inglese), ballabili, musica etnica e così via. Seppur costruiti sui ritmi e sulle melodie di brani tipici di ciascun repertorio, la gran parte degli stili di serie sono disegnati nel modo più orizzontale possibile per poter essere utilizzati nel maggior numero di composizioni possibili. Una tastiera di buona qualità ha numerosi stili di accompagnamento: prendiamo ad esempio Yamaha PSR-S970 (l’arranger che ho sottomano in questi giorni) ha 450 stili in totale. Sono tantissimi. Ma nello specifico genere Pop&Rock ne ha 49 e se, quello è il vostro ambito preferito, sappiate che con 49 stili dovete essere in grado di suonare parecchio materiale e, in linea teorica, tutta la produzione musicale pop e rock. Voglio dire: da quando nel 1954 Bill Haley & His Comets ha inciso Rock Around the Clock fino ai giorni nostri in cui LP ha registrato Lost On You, il mercato discografico ha visto decine di migliaia di canzoni di genere con innumerevoli variazioni ritmiche e incalcolabili giri di basso. Possiamo pensare di suonare qualsiasi brano Pop & Rock con 49 stili soltanto a disposizione? Forse non proprio tutti, ma nella stragrande maggioranza dei casi è possibile trovare una buona soluzione.
Possiamo individuare, tra quei 49, lo stile che si avvicina di più, assegnare il tempo corrispondente al brano in questione, togliere le tracce di accompagnamento eccessive (a volte ci ritroviamo a suonare la nostra parte con il solo accompagnamento di basso e batteria, perché no?), dimentichiamo i pattern e le variazioni non applicabili. Alla fine, ci troveremo fra le mani un buon arrangiamento, in taluni casi un ottimo mix. Il risultato dipende da due fattori: loro e noi. Loro sono i programmatori degli stili Korg, Yamaha, Ketron, Roland e Casio: gli stili devono avere il carattere giusto per “bucare” e uscire in ascolto; e non devono eccedere nella vicinanza a specifiche composizioni, perché altrimenti se ne ridurrebbe l’utilizzo ad una canzone soltanto, un paio al massimo. Dall’altra parte, ci siamo noi: siamo noi con le nostre capacità, la nostra creatività, la nostra voglia di divertirci, sperimentare e imparare. A questo punto quello che possiamo ottenere è molto probabilmente una bella esecuzione e non un clone del brano originale. Vale la pena provarci.
Del resto, se proprio vogliamo suonare sopra l’arrangiamento esatto del disco, allora non giriamoci intorno e utilizziamo direttamente uno Standard MIDI file o piuttosto una base MP3. Ma se, nonostante tutto, siamo qui che vogliamo suonare stili di accompagnamento della sezione arranger è perché siamo esseri umani, non macchine, e desideriamo creare qualcosa di personale che possa far dire – a chi ci ascolta – frasi del tipo: “Conosco questa canzone e mi piace come la suoni tu, come l’hai fatta tua rendendola una cosa nuova, attuale”. I bravi musicisti fanno miracoli con l’arranger quando sanno reinventare un repertorio suonandolo in modo nuovo: fra il pubblico, molti hanno le antenne pronte e ascoltano con attenzione. E capiscono. La gente non è tutta stupida e intuisce subito quando si trova davanti ad un musicista sincero, uno che non fa finta e che sta dando tutto sé stesso per comunicare, per divertire, far ballare e far sognare.
LP – Death Valley (2016)
Stili verticali
Tuttavia non è tutto qui. Ci sono anche i c.d. Song Style. Se non sapete che cosa significhi questo termine, sappiate che siete in buona compagnia: anch’io ne ignoravo l’esistenza fino ad alcuni anni fa, quando questo lessico è apparso con insistenza nei forum di musicisti suonatori di arranger. Il Song Style al contrario degli stili generici che abbiamo descritto qui sopra, è uno stile verticale, costruito a pennello per una canzone specifica. In questo modo, il musicista che suona l’arranger riesce ad essere sicuramente fedele all’arrangiamento originale e la sua esecuzione potrà essere apprezzata più facilmente da quella parte di pubblico che di solito è restìa ad approvare la reinvenzione e la libertà creativa.
I Song Style sono comodi soprattutto per chi lavora come intrattenitore nel pianobar, nei ristoranti, matrimoni, feste e così via. Quando, nel baccano e nella confusione, il musicista si trova in difficoltà a far emergere la propria arte. Suonare in questi contesti è spesso un duro lavoro.
Dove trovare i Song Style? A volte sono nascosti fra gli stili preset, talvolta sono distribuiti gratuitamente dalla casa produttrice delle tastiere (cercate nell’area Download del sito ufficiale), spesso si trovano nei portali che vendono stili su Internet, altrimenti si possono scambiare nelle comunità web (occhio ai comportamenti truffaldini in questi casi) e, infine, potete anche crearli da voi. La tecnica più semplice per costruire un Song Style è partire da uno Standard MIDI file esistente e, tramite specifici strumenti software – argomento che potremmo esplorare in questo blog un giorno – esportare i vari segmenti della canzone dentro i pattern dell’arranger: Intro, una variazione per la strofa, una per il ritornello, Fill-in per gli stacchi, se serve anche un Break e, alla fine di tutto, il suo Ending finale. Ne consegue che, all’interno di un Song Style, è piuttosto comune ritrovare pezzi interi di Standard MIDI file.
Lo so già che cosa vi state chiedendo: i Song Style sono molto comodi, ma non si corre il rischio che il titolare dei diritti d’autore dello Standard MIDI file possa eccepire qualcosa? In effetti questo rischio c’è, ad onore del vero. Ma, ovviamente, se avete acquistato il Song Style da qualche portale web che detiene i copyright, allora non avete alcun problema e siete in una botte di ferro.
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Chiudiamo con Michel Voncken, il celebre divulgatore di strumenti Yamaha mentre si esibisce in Sultans of Swing (Dire Straits), suonando uno stile Pop&Rock presente nell’arranger workstation PSR-S970.
Nei giorni scorsi, sul sito di Eko Music Group, distributore nazionale dei prodotti Korg, è apparsa la notizia in merito alla disponibilità di nuovi stili addizionali, scaricabili gratuitamente dai possessori dell’ammiraglia arranger in una delle varie declinazioni: Pa4X a 76 tasti, a 61, standard oppure Oriental. I nuovi stili di accompagnamento sono disponibili per il download gratuito nelle sezioni delle schede prodotto, dopo aver fatto accesso con profilo utente e password: se non siete registrati al sito, non potrete quindi accedere agli stili.
I titoli sono 14 e si dividono nei diversi repertori:
Quale suonatore di arranger Yamaha non ha mai litigato almeno una volta con Style Creator? Sono pronto a scommettere che a voi è successo: farei fatica a credere il contrario. Io ci litigo di tanto in tanto. L’altra sera, in un nottambulo momento di insonnia, mentre tutto il resto della famiglia ronfava, ho preso di petto questa tipica funzionalità presente nelle tastiere Yamaha e ora sono qui per raccontarvi la mia esperienza: l’applicazione funziona, lo sapete, non è male. Ma la presenza di due difficoltà la rendono alquanto ardua: da una parte la sua particolare usabilità (come dire: un po’ naif) può generare un senso di insicurezza diffuso in chi la utilizza e, dall’altra, le istruzioni del manuale utente tralasciano alcuni aspetti importanti. E allora sono qui, vi racconto la mia nottata in compagnia di Tyros5. E voi sapete che, quanto scrivo qui per Style Creator, vale per tutti i modelli della serie Tyros e per i modelli superiori della linea PSR (da PSR-2000/PSR-1000 fino a PSR-S990/S970 per intenderci).
Prima di cominciare ad usare Style Creator, occorre aver chiara in mente la struttura degli stili Yamaha:
Ogni stile è composto da 15 sequenze (pattern): 3 Intro, 4 Main, 4 Fill-In, 1 Break, 3 Ending.
Ogni pattern è fatto di 8 parti MIDI: percussioni (Rhythm 1), batteria (Rhythm 2), basso (Bass), due tracce di accompagnamento (Chord 1 e Chord 2), tappeto (Pad) e un paio di strumenti solisti (Phrase 1 e Phrase 2) per arricchire l’arrangiamento.
Registrare uno stile in pratica significa memorizzare brevi sequenze musicali in ogni sequenza: in tutto sono 120.
Gli stili +Audo non hanno le due tracce ritmiche MiDI ( Rhythm 1 e Rhythm 2) e, al loro posto, c’è una traccia percussiva in formato audio che non è gestibile con Style Creator.
Ritorno al MIDI
Tutto è nato in me da una sfida personale: avevo necessità di riutilizzare uno stile da cui partire per registrare una canzone con Song Creator. E mi sono subito scontrato con l’impossibilità di riutilizzare le tracce audio delle percussioni. Lo so, avrei potuto registrare da me tutte le parti ritmiche nel sequencer ma, in un attimo di azzardo creativo, ho pensato che fosse più rapido sostituire le tracce audio delle percussioni nello stile con tracce MIDI. In altre parole, volevo arrivare a sfruttare tutte le possibilità del MIDI nel Song Creator partendo da uno stile che in origine era classificato come +Audio. Sì, lo confesso, l’intenzione era quella di fare una sorta di ritorno tecnologico al passato, spinto dal desiderio di sfruttare Song Creator nella pienezza, cosa non possibile per definizione con i recenti stili +Audio, come ho già illustrato qui nel blog, qualche settimana fa.
Ho preso quindi uno stile di fabbrica (BritPopDiva) e ho sostituito la traccia audio delle percussioni con due tracce MIDI: il risultato è disponibile in rete (fate clic su BritPopDiva2), potete scaricare lo stile e provarlo da voi sul vostro arranger. In alcuni pattern più semplici come il Main A, ho registrato ex novo la traccia delle percussioni in modo da ottenere la stessa parte ritmica della traccia audio originale. Ma, nella stragrande maggioranza, ho fatto ricorso alla funzione di Assembly per riutilizzare le tracce percussive presenti in altri stili similari, diversi ma compatibili. Il principio non cambia: tecnicamente alla fine sono riuscito ad usare Style Creator per creare uno stile nuovo registrando alcuni pattern da zero o riutilizzando parti presenti in altri stili.
Attenzione! Non considerate questo articolo come un sostituto del manuale pubblicato da Yamaha: non ho questa ambizione. Piuttosto vedetelo come un blocco di appunti integrativi. La materia mi avrebbe portato a pubblicare un romanzo sterminato: mi sono limitato quindi a segnalare alcuni aspetti di Style Creator, quelli che non emergono con sufficiente chiarezza sulla documentazione ufficiale, ma la cui conoscenza è essenziale per chi vuole utilizzare Style Creator nella pratica.Pertanto, se siete alle prime armi, vi consiglio di studiare prima le pagine del manuale, provate per conto vostro e poi tornare qui sul blog per verificare se queste annotazioni empiriche posso tornare utile anche per voi, così per dipanare la matassa laddove si è imbrogliata.
Pagina Basic di Style Creator: tutto comincia qui
Come prima cosa, date il giusto valore alla pagina Basic!
Cominciamo a chiarire bene un punto: la pagina Basic è la prima che vi appare ed è quella da cui dovete sempre partire per ogni singolo pattern che compone lo stile. Quando siete nella pagina Basic, premete i pulsanti sul pannello richiamando il pattern che desiderate impostare (Intro 2 o Main A e così via). Premete OK per confermare e poi SUBITO impostate la lunghezza del pattern, cioè il numero di misure che compongono la sequenza. Se tralasciate di impostare quella lunghezza, allora non potrete registrare nuove parti in quel segmento dello stile e non potrete nemmeno richiamare la funzione Assembly con successo. E’ necessario quindi costruire tutti i pattern determinando la lunghezza specifica. E, per ciascuna sequenza, premete sempre Execute per confermare: è lui il tasto operativo.
Di solito, uno stile lavora con lo stesso tempo in tutti i pattern: pertanto, quando create la lunghezza del primo pattern, vi consiglio di impostare subito anche il tempo del metronomo e il suo metro (4/4, 3/4 e così via). Fatta questa operazione sulla prima sequenza, non vi servirà più ripeterlo su tutti le altre: sarà ereditato in automatico.
Nel mio caso specifico, dovevo eliminare la traccia audio prima di sostituirla, vista la mia intenzione di cancellare la traccia audio, nella pagina Basic ho quindi disattivato Audio Part.
Registrare in multi-traccia
Qui è il vero punto di forza di Style Creator: il sistema vi consente di creare uno stile dal nulla, semplicemente registrando in formato MIDI quello che voi suonate da tastiera: qualsiasi parte delle otto tracce disponibili. Partite sempre dalla pagina Basic, scegliete il pattern e poi richiamate la traccia da registrare tramite il pulsante REC CH. La registrazione può avvenire in tempo reale oppure inserendo le note ad un una (Step Recording, veramente noioso quest’ultimo): nel caso di registrazione in tempo reale, vi consiglio di passare alla pagina Channel per impostare la quantizzazione (Quantize). Oggi non mi soffermo sulla quantizzazione, anche se è un argomento che meriterebbe da solo uno o più articoli di questo blog. Ricordate si suonare tutte le parti nella tonalità di Do maggiore.
A dire il vero, questo modo di registrare è abbastanza immediato, ma onestamente non mi dispiacerebbe affatto se Yamaha investisse un po’ di risorse per rendere qui disponibili le funzioni complete già presenti nel Song Creator e con la stessa identica usabilità. Sarebbe troppo comodo e molto più semplice.
Pagina Assembly di Style Creator
Assembly
Se non vi sentite pronti a registrare tutte le parti da voi, può tornarvi utile la funzione Assembly con cui è possibile costruire un nuovo stile montando i pattern come mattoncini provenienti da gli altri stili a disposizione (di fabbrica o di altra origine). Prima di scegliere quale pattern importare e da quale stile, vi consiglio di assicurarvi che la lunghezza fra le due sequenze, quella di partenza e quella di destinazione, sia la stessa, altrimenti rischiate di importare un pattern troppo corto (e che quindi rischia di essere ripetuto senza coerenza) o troppo lungo (e che quindi rischia di essere tagliato troppo presto).
Lavorate con Assembly in modo interattivo perché è molto divertente: basta premere Start per avviare lo stile e cambiare il pattern dai diversi stili di origine per ascoltare l’impatto sull’esecuzione, cogliendo immediatamente la validità della scelta fatta. Capirete subito se il nuovo impasto dello stile funziona o meno.
Non risparmiatevi poi nel premere il tasto SAVE, fatelo spesso e volentieri permemorizzare spesso le variazioni effettuate, in modo di assicurarvi di non perdere il lavoro fatto.
Mixing Console
Quando importate un pattern da un altro stile, Assembly vi copia gli eventi MIDI e i program change: e cioè le note e i suoni delle varie tracce di accompagnamento. Sembra invece che abbia qualche limite nel copiare gli effetti, il panpot, i volumi, l’EQ e tutti gli altri valori di mix presenti nello stile originale. Per risolvere, io mi sono armato di buona pazienza: ho richiamato lo stile originale e aperto il Mixing Console: con il mio cellulare, ho scattato una foto di ogni pagina e poi sono tornate sul nuovo stile personalizzato in Style Creator, ho cercato il pattern interessato, ho premuto il pulsante Mixing Console, e copiato dalle foto scattate i valori nelle varie pagine del mixer. Alla fine ho premuto Exit. I suonatori di arranger Yamaha di lunga data sanno che il pulsante Exit del Mixing Console non determina semplicemente l’uscita da quella funzione, ma piuttosto significa “salva tutti i valori del mix”. E in questo caso specifico, significa “memorizzali nello stile”. E’ più semplice farlo che spiegarlo. Alla fine, per sicurezza, ricordatevi di premere ancora una volta Save per mettere tutto in cassaforte. Giusto per stare tranquilli.
Mixing Console, una caratteristica importante per tutti gli arranger Yamaha
Ah, dimenticavo una cosa: ho notato che le parti con Mega Voice (tipicamente le chitarre) se importate con Assemby, richiedono un aggiustamento successivo e manuale del volume. Se riutilizzate il volume dello stile originale, potreste avere delle brutte soprese. Non esitate quindi ad abbassarlo e fidatevi delle vostre orecchie per determinare il livello corretto.
Copiate gli OTS per il tocco finale
I suoni assegnati ai quattro pulsanti OTS sono memorizzati nello stile, ma non c’è verso di copiarli con Assembly. Per farlo io seguo una tecnica abbastanza rapida: prima mi assicuro che OTS Link sia disattivato; poi richiamo lo stile originale e premo OTS1. Successivamente richiamo lo stile personalizzato e memorizzo i suoni Right1-2-3-Left nell’OTS1. E salvo lo stile. Poi torno nello stile originale e ricomincio da capo con OTS2, poi OTS3 fino a OTS4. Con l’ultimo salvataggio, lo stile personalizzato ha ereditato tutti gli OTS dello stile originale. Ovviamente: se non vi piacciono i suoni assegnati a pannello dagli OTS originali, potete modificarli e sceglierne altri, con estrema libertà.
Che cosa manca a Style Creator per essere perfetto?
Alcune idee me le sono fatte: non sarebbe male aggiungere l’editor degli eventi MIDI per tutte le tracce e non solo quelle percussive; ma la funzione addizionale che gli permetterebbe di fare un salto di qualità è un fratellino di Assembly che permetta di importare sequenze da uno Standard MIDI File, o anche solo da una traccia presente nel Song Creator. In ultimo, ci vorrebbe il supporto di segmenti audio ma temo che per quest’ultimo desiderio si dovrà aspettare a lungo.
Non è un lavoro lungo in sé
Alla fine, è molto importante collaudare bene tutti i pattern dello stile: qualcosa sfugge sempre. Provate tutte le parti dello stile con calma, senza dimenticarne nessuno. Non dimenticate i Fill-In, sono molto preziosi. Nel mio caso, ho trovato difficoltà a sistemare Ending 2 e Ending 3: non è sempre facile trovare il finale giusto assemblando i finali da altri stili. Infatti, nel mio caso specifico, ho importato i pattern del finale da uno stile diverso rispetto a quello da cui avevo assemblato Main e Break. E ancora adesso che ho finito il lavoro, non sono del tutto soddisfatto del risultato ottenuto sui finali. Scaricate la bozza del mio stile e provatelo da voi: sono convinto che potrete fare di meglio.
Non è un lavoro lungo in sé ma è un lavoro delicato e richiede cura dei dettagli. E ora, siete pronti a provare da voi?
La vita del web è una storia di continui rinnovamenti. E una regola classica del marketing recita che, quando un’iniziativa commerciale ristagna, è giunto il momento di ammodernare l’insegna, aggiornare la facciata e rivedere gli spazi interni del negozio per stimolare nuovamente la curiosità della clientela.
Parto da queste osservazioni convenzionali, per segnalarvi quanto è successo il 16 maggio scorso, quando Yamaha ha rinnovato il portale internazionale di e-commerce dedicato alla comunità di utilizzatori di strumenti digitali, dove una particolare attenzione è sempre stata riservata ai possessori di arranger della serie Tyros, PSR e Clavinova. Il precedente aggiornamento di quella piattaforma risale al 2012: lo avevamo commentato insieme in questo articolo. Questo servizio web è sempre gestito da Yamaha USA e il servizio di assistenza telefonico è in lingua inglese. Se eravate iscritti al precedente portale, la vostra registrazione è ancora valida anche se potrebbe accadere – come nel mio caso specifico – di non ritrovare più la storia degli strumenti Yamaha precedentemente registrati a proprio nome e non vi si dà la possibilità di registrarli di nuovo (immagino sia un errore di gioventù della nuova piattaforma e sarà sistemata).
Potete selezionare la lingua italiana per navigare con comodità in tutto il sito con l’eccezione delle pagine del blog dove però è presente un pulsante che le traduce in automatico su richiesta sfruttando il traduttore web: la traduzione automatica non è sempre chiara e intellegibile per definizione ed è un peccato perché là sono presenti numerosi articoli, la cui lettura è vivamente consigliata a tutti i suonatori di arranger Yamaha.
La vostra navigazione su tutto il sito potrebbe avvenire in modo empirico (cioè: provate da voi e fate clic qua e là in base ai vostri interessi) oppure secondo una pratica più organizzata seguendo le istruzioni di viaggio. Esiste ancora una terza diversa possibilità: visitate il canale dedicato su YouTube e guardatevi alcuni fra i numerosi filmati video dedicati alle risorse in vendita su Yamaha MusicSoft. Fate Vobis insomma
Spartiti e MIDI file
Nella funzionalità “Scopri”, potete inserire il titolo di una canzone e trovare le basi MIDI (fonte Yamaha MIDI Songs, MIDI Spot) e gli spartiti PDF stampabili (fonte prevalente Hal Leonard). Tenete d’occhio le basi Premium MIDI Songs: hanno il testo e gli accordi MIDI inclusi nel MIDI file. Nel caso poi degli spartiti interattivi (MusicSheet) potete anche vedere la prima pagina dello spartito e ascoltarla con i suoni MIDI del vostro PC, tablet o dispositivo mobile: oltre alla riproduzione e alla trasposizione, potete regolare il tempo e cambiare il livello di dimensioni/zoom della vostra musica. Una volta acquistato, è possibile utilizzare lo spartito interattivo online come un aiuto per l’apprendimento 0 per riprodurre il brano. Per ogni canzone di successo, avete diverse scelte di edizioni dello stesso partito e selezionate quella che più vi si addice. Ad esempio le partiture EasyPiano sono ideali per chi non è diplomato al conservatorio e vuole comunque imparare a suonare facendo ricorso ad una versione semplificata (ma comunque coerente) del brano originale. Il repertorio di brani è in continua espansione: verificati da voi gli ultimi arrivi.
Custom Audio Track
E poi ci sono le basi audio personalizzabili. Ne avevamo già parlato qui in questo blog, se ricordate. Trattasi di basi audio MP3 multi-traccia: il mixer audio personalizzato vi consente di miscelare i vostri brani preferiti durante le sessioni di pratica. Potete controllare il volume di ogni traccia: togliere il canto originale e cantarci sopra, togliere le parti di pianoforte e suonarle voi, qualsiasi altra parte. È possibile rifare un mix personalizzato di una canzone famosa, cambiando tutti i volumi, eliminando parti e aggiungendone altre. Il mix finale può essere portato su qualsiasi lettore MP3 (PC, tablet e così via, compreso il vostro arranger) per le vostre esibizioni dal vivo. Se la cosa vi può interessare, sfogliate il catalogo completo.
Mixer audio per le basi audio multi traccia
Pacchetti Premium e stili
Questa è la sezione più importante di MusicSoft in cui possiamo trovare le risorse più interessanti e preziose per i suonatori di arranger Yamaha: i pacchetti di espansione di voci e stili oppure semplici collezioni di stili. Ne abbiamo parlato ampiamente in passato in questo blog e quindi vi rimando a quegli articoli per i dettagli. Una capatina in questo sito ogni tanto vi consentirà di tenere sotto controllo la pubblicazione di eventuali novità.
Selezionate le risorse compatibili per strumento musicale
L’aspetto più rassicurante di YamahaMusicSoft è la possibilità di filtrare qualsiasi risorsa per strumento musicale di destinazione. In questo modo siete sicuri al 100% che il vostro acquisto, qualunque esso sia, possa “suonare” a dovere secondo le vostre attese. Non dimenticate quindi di attivare il filtro per strumento prima di cominciare la vostra caccia.
E i prezzi?
I brani MIDI sono acquistabili al prezzo che oscilla intorno ai 3,50 Euro, le basi audio multi traccia si trovano a 4,99 Euro, i pacchetti di espansione stili e voci hanno prezzi svariati che partono dai 22 Euro e arrivano fino a 179 Euro, dipende. Gli stili singoli partono dai 4,99 Euro mentre le collezioni possono arrivare a 49,99 Euro.