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Arranger Legacy: Korg i5M, i5S

Nel secondo appuntamento corale di Arranger Legacy, ci spostiamo dall’Italia di Generalmusic WS2 del 1990 al Giappone di Korg i5M e i5S del 1995. Potete leggere la presentazione di Riccardo Gerbi su SM Strumenti Musicali, approfondire la descrizione tecnologica di questi strumenti nel blog di Giorgio Marinangeli e osservare la dimostrazione video di i5M registrata da Marcello Colò.

In principio era Korg i3

Immaginate di essere un tastierista nel 1995, all’epoca della Golden Age degli arranger. Da due anni, Korg è rientrata nel mondo delle tastiere con accompagnamenti e lo ha fatto dalla porta principale con la presentazione di Korg i3 (NDA: da non confondere con il modello omonimo del 2020) e i2 a 76 tasti. Grazie alla considerevole reputazione guadagnata sul campo dei professionisti da parte di i3, la casa giapponese decide di uscire a raffica sul mercato, proponendo nell’arco di 12 mesi ben 5 prodotti derivati dal capostipite: da subito, compare la versione pianistica di i3, si chiama i1 e ha 88 tasti pesati; segue la versione con 61 tasti e amplificatori di bordo (i4S); sempre nello stesso anno, fa capolino iH processore vocale con riconoscimento degli accordi e fanno la loro apparizione i due modelli-fratelli i5S e i5M; il primo ha 61 tasti (dopo aver montato per anni tasti Yamaha, per la prima volta uno strumento Korg monta tasti Fatar) mentre il secondo non ha tasti affatto: è l’esordio di Korg nel mondo degli expander.

Gli arranger Korg della serie i

L’appuntamento odierno di Arranger Legacy è incentrato su i5S e i5M, ma l’intera generazione di arranger della serie i merita un cenno di approfondimento, dato il notevole impatto determinato sulla storia delle tastiere arranger. Sin dall’inizio degli anni ’90, Korg dominava il mondo delle workstation grazie all’incredibile successo planetario ottenuto da M1, progetto ideato e condotto dal nostro connazionale Michele Paciulli. La casa giapponese aveva poi fatto evolvere la piattaforma con le posteriori workstation della serie T e, successivamente, con 01/W. Ed è in questa precisa fase storica che un prototipo particolare di 01/W viene consegnato al Voicing Team internazionale di Korg con la richiesta di creare le risorse musicali per un nuovo eco-sistema di accompagnamenti: il prototipo include un modulo software di classe arranger, basato sul sequencer MIDI interno e pilotato dai pulsanti sul pannello riutilizzati diversamente alla bisogna. Il Voicing Team non si lascia sfuggire l’opportunità straordinaria di creare qualcosa di inedito: del resto, siamo di fronte a nomi che faranno la storia degli arranger anche negli anni a venire: Jerry Kovarsky e Geoff Stradling dagli USA, Steve McNally dal Canada, Michael Geisel dalla Germania e Max Tempia (mia fonte principale per le informazioni riportate in questo articolo) dall’Italia. Non va dimenticato Stephen Kay, l’uomo che ha partecipato al progetto ideando un rivoluzionario sistema di riconoscimento degli accordi: ha fatto la differenza rispetto la concorrenza ed è in uso ancora oggi negli arranger attuali di casa Korg. Pensate, per la prima volta, un arranger era in grado di supportare la diteggiatura degli accordi di nona, undicesima e tredicesima. Per la cronaca, Kay è lo stesso che, negli anni successivi, svilupperà Korg Karma.

Gli arranger della serie i sono ispirati a standard di qualità che faranno scuola. Tutte le caratteristiche dello strumento possono essere personalizzabili. Lo stesso stile, composto di 2 Intro, 4 variazioni, 2 Fill-In e 2 Ending, può essere memorizzato in locazioni diverse – dette arrangement – dove impostare specifici timbri da tastiera, volumi, tempo, effetti ed EQ. Le tracce di ciascun accompagnamento sono 6. Ogni pattern può avere fino a sei variazioni diverse (CV1-CV6) in base al tipo di accordo e con una gestione affidabile del basso inverso. Per quanto riguarda il patrimonio degli stili preset, sull’onda del fenomeno iniziato da GEM WS2, gli accompagnamenti di i3 sono prevalentemente costruiti per la riproduzione fedele dei brani famosi a cui sono ispirati. I suoni sono quelli aggressivi che avevano reso celebre Korg, timbri forti per musicisti robusti, abituati a suonare repertori che spaziano dal rock fino alla techno della vecchia scuola.

Korg i3 – Il capostipite

Come i5M e i5S si distanziano da i3

Dopo un esordio così dirompente, sotto la spinta dei distributori nazionali fra cui l’italiana Syncro, Korg aggiusta il tiro con i5M e i5S, introducendo stili più adatti alle sale da ballo. Del resto, è un’epoca in cui molti musicisti si esibiscono nei locali con un repertorio ballabile e tradizionale pressocché ovunque in Europa. Non a caso, i5M capita giusto a fagiolo per i fisarmonicisti, essendo apprezzata per l’equilibrio di timbri proporzionati fra il mondo digitale delle workstation Korg e quello torrido delle discoteche e del liscio. Korg arricchisce i 48 stili già presenti su i3, aggiungendo altri 24 stili con una deriva nazional-popolare fra cui Meneaito, Gipsy, Merengue, Cumbia, Calypso, Lite Bossa, Paso Doble, PartyPolka, Rhumba e TradWaltz.

Korg i5S

Due modelli semplificati

Con l’obiettivo di espandere l’area di mercato per Korg, i giapponesi provvedono a semplificare i nuovi modelli: pur suonando di brutto come il capostipite i3, dal punto di vista dei materiali, i5M/i5S si presentano al cospetto come strumenti più economici. Sono rimossi Mode Sequencer e Mode Program: e dunque non si possono costruire canzoni da registrazioni multitraccia e non si possono editare i suoni. Ma sono conservate le Backing Sequence, utili per costruire song in un amen partendo dagli stili. Inoltre, i due modelli possono leggere Standard MIDI File direttamente dal floppy-disk, senza più richiedere la conversione di formato.

i5M include IC (Interactive Composition), una modalità che genera in automatico gli accordi per gli accompagnamenti interpretando la melodia suonata e tenendo conto delle impostazioni date: in pratica si dichiara allo strumento la tonalità maggiore o minore del brano e se si desiderano armonizzazioni convenzionali di tipo Easy, più evolute General o addirittura Special, con accordi più sofisticati.

Abbiamo visto come la generazione sonora sia la stessa di 01/W e i3: quella AI2 Synthesis che supporta la polifonia di 32 voci. Il sistema operativo è multi-tasking: si possono caricare dati dal floppy disk mentre lo strumento suona. Mi fermo qui e vi rimando all’approfondimento tecnico a cura di Giorgio Marinangeli per la descrizione completa dello strumento.

Il successo del modulo i5M è superiore a quello di i5S e la cosa non stupisce: negli anni ’90 erano molto diffuse le tastiere controller MIDI da cui pilotare moduli rack per generare suoni. Come Korg, anche Roland, GEM, Solton e Yamaha avevano i loro expander. La cosa potrebbe sembrare strana al giorno d’oggi: del resto il fenomeno dei moduli anno dopo anno si è ridotto ormai al lumicino, sin da quando i musicisti più esperti hanno cominciato a portarsi sul palco i suoni VST.

Copertina del CD di brani demo registrati da Max Tempia (1995)

L’eredità della serie i

La serie i evolverà ancora per qualche anno. Dal Giappone arriveranno iX400 e i30. In parallelo, però, a partire dal 1997 in poi, comincia ad essere operativo il nuovo centro R&D e il sito produttivo degli arranger di Korg nelle Marche: il Made in Italy avrà il suo esordio con iS40 creatura programmata da Max Tempia e Francesco Castagna; insieme ai successivi iS50, i40M e iS35, questi modelli faranno il botto di vendite sotto l’egida della neonata Korg Italy.

Gli eredi della serie i sono noti oggi come Professional Arranger (Pa): a seguito del fortunato esordio di Pa80 giungono oggi alla quinta generazione (Pa700, Pa1000, Pa4X) dopo aver raccolto consensi e successi duraturi. Ma se non ci fosse stata la serie i, tutto questo non sarebbe potuto accadere.

Video

Immagino che ora sarete curiosi di vedere i5M da vicino e di ascoltare come suona con le vostre orecchie? Ecco a voi, Marcello Colò!

Marcello Colò dimostra le capacità di Korg i5M

Arranger Legacy: Generalmusic WS2

Comincia oggi una nuova avventura per Tastiere Arranger. La collaborazione nata spontaneamente fra Giorgio Marinangeli, Marcello Colò e il sottoscritto per la stesura del recente articolo uscito in questo blog su Elka OMB 5, ha stimolato Riccardo Gerbi a lanciare l’idea di una nuova iniziativa editoriale sul web che tutti abbiamo accolto con entusiasmo, nonostante le estenuanti e facinorose discussioni notturne in conferenza web, come succede fra “quattro amici al bar”.

Sotto l’egida di SM Strumenti Musicali, a partire da oggi e nei prossimi mesi, usciranno a cadenza regolare una serie di contributi sugli strumenti arranger che hanno fatto la storia delle tastiere digitali dagli anni 80 a seguire. Quattro siti diversi pubblicheranno, in contemporanea quadrifonia, contenuti che – sospettiamo – potranno essere interessanti per chi segue abitualmente questo blog. Potrete leggere di più sul significato dell’iniziativa e di come saranno differenziati gli argomenti fra noi quattro nell’articolo di Riccardo Gerbi su SM Strumenti Musicali.  

Oggi cominciamo con il primo strumento di una lunga serie: Generalmusic WS2. Il mio compito è quello di raccontarvi lo strumento con il mio solito approccio, quello di un appassionato reporter del mondo arranger.

Arranger Legacy | GEM WS2 versione modulo

Rivoluzione del 1990

L’innovazione introdotta da Generalmusic nel 1990 merita di essere celebrata ancora oggi, a distanza di 32 anni dall’evento. L’azienda italiana si era presentata al mondo delle tastiere digitali con un prodotto che, al primo sguardo, spiccava rispetto tutta la produzione circostante grazie ad una livrea innovativa ed accattivante. Dal punto di vista tecnologico, con WS2 appariva per la prima volta sul mercato un arranger dotato di sequencer a 5 tracce e unità floppy disk utile per espandere le risorse musicali di bordo: stili e song.

Non è tutto qui. WS2 offriva di serie un’attrezzatura di accompagnamenti dall’identità molto chiara. Già l’Intro di ogni stile definiva esattamente il brano ideale con cui sfruttare quell’accompagnamento: si avviava lo stile Funky e si era pronti a suonare Pick Up the Pieces della Average White Band, oppure si partiva con lo stile 5/4 e si era comodi per suonare Take Five di Dave Brubeck. Questo elemento di rottura avveniva in un mondo di arranger arcaici dove gli arrangiamenti erano molto più tradizionali, mentre WS2 faceva il verso ai successi musicali mainstream. Oggi alcuni direbbero che, con WS2, sono nati i “song style”.

A tutto questo, si aggiunge un aspetto ancor più vincente: nel mondo di allora tutti i produttori di software blindavano i loro supporti digitali in modo da impedire la copia dei dati (una cosa ardua da spiegare oggi ai nativi digitali abituati a scaricare di tutto dal web). In modo rivoluzionario rispetto l’epoca, il software di Generalmusic era duplicabile: molti musicisti copiavano i dischetti contenenti stili e basi acquistati in negozio a favore di amici e colleghi. Quando un tastierista acquistava GEM WS2 si poteva trovare nelle condizioni di disporre gratuitamente di decine di floppy-disk ed essere così pronto ad affrontare le serate con un vasto repertorio. Generalmusic, pur consapevole che i propri clienti non agivano nel rispetto della legalità, non combatteva e nemmeno scoraggiava questo fenomeno diffuso di copia. Il concetto di gratis è oggi il paradigma di tutto il web (diamo per scontato di avere gratuitamente cassette postali, programmi di videoscrittura, fogli elettronici, software di fotoritocco, etc.): 32 anni fa non era così e il fatto che l’azienda romagnola chiudeva gli occhi di fronte a diffusi atti di violazione del copyright, ha permesso di acquisire un ampio numero di clienti concedendo loro, in modo implicito, l’accesso gratuito a tutto il patrimonio software prodotto dall’azienda.

Il successo di WS2 è stato talmente importante che GEM ha dovuto organizzare le proprie maestranze al fine di produrre regolarmente almeno 100 tastiere al giorno e per ben tre anni di fila, per riuscire a stare dietro alle vendite in Italia, Europa e nel resto del mondo. Sono numeri impensabili per le tastiere attuali.

Arranger Legacy | GEM WS versione modulo

Una workstation, sì una workstation

Generalmusic utilizzava il termine workstation per WS2: non era un caso, dato che lo strumento poteva essere impiegato in diversi modi:

  • Ovviamente l’arranger con i suoi stili era il metodo più popolare.
  • Era possibile arrestare l’arranger e suonare i singoli timbri da tastiera come un semplice synth.
  • Il sequencer di bordo consentiva di registrare proprie song fino a cinque tracce.
  • Collegando via MIDI una tastiera master o un altro strumento digitale era possibile utilizzare la tastiera WS2 come generatore sonoro (di più, WS2 era in vendita anche senza tastiera, come modulo expander).

Nel 1990 non si era ancora affermato lo standard General MIDI e ogni produttore di strumenti digitali costruiva l’architettura delle risorse musicali secondo la propria inventiva. Anche la standardizzazione dei componenti e standard industriali per il software erano di là da venire, ne conseguiva che le architetture di costruzione logica degli strumenti digitali erano prevalentemente fatte in casa. Così era per Generalmusic che ha interamente progettato e realizzato WS2 con i propri talenti e le proprie possibilità.

Storia di manager, professionisti e artisti

Dietro le quinte c’era Gianni Giudici, responsabile dell’area musicale di Generalmusic, Deus Ex Machina di una estesa squadra di musicisti e tecnici, fra cui Enzo Bocciero, Maurizio Galanti, Giacomo Bodini e tanti altri. A San Giovanni in Marignano (a quei tempi in provincia di Forlì-Cesena, oggi provincia di Rimini) operavano ben due gruppi di sviluppo indipendenti sul progetto, mentre un terzo gruppo si è aggiunto al progetto in una seconda fase, quando il 50% delle risorse era già stato realizzato: questo team era operativo a Recanati alla presenza di talenti provenienti da Elka (appena acquisita da Generalmusic) e altri nuovi assunti. Il ruolo di Recanati è stato quello di mettere a punto la wavetable realizzata a San Giovanni. A Recanati operavano nomi che hanno fatto la storia degli arranger negli anni a venire come Juergen Schmidt, Francesco Castagna, Roberto Marcucci, Francesco Sardella e Marcello Colò (la mia fonte principale per la stesura di questo articolo).

Inizialmente stili e song erano prodotti internamente dalla GEM Software Division, composta essenzialmente da dipendenti GEM e alcuni collaboratori esterni. È ormai storia il fatto che, intorno al 1994, è avvenuta la scissione di Marco Cima (oggi a capo di M-Live) e di Music Media Soft dello stesso Gianni Giudici (oggi direttore musicale di Studiologic).

Arranger Legacy | GEM WS2 versione 61 tasti

Tutto – ma proprio tutto – Made in Italy

La stessa scheda madre e lo stesso firmware erano montati in quattro varianti dello strumento:

  • WS2: tastiera con 61 tasti leggeri e amplificatori di bordo, il killer del mercato.
  • WS2: modulo expander
  • WS400: pianoforte con 88 tasti pesati e mobile, era nato due mesi dopo il primo annuncio di WS2 e, nonostante il costo più impegnativo, ha raccolto un discreto successo
  • WS1: un anno e mezzo dopo il primo lancio, Generalmusic aveva proposto uno strumento a tastiera dalla scocca più piccola e con un numero inferiore di risorse. Nelle intenzioni dell’azienda, doveva essere l’opportunità più economica e alla portata di tutti, ma il taglio di risorse operato non la faceva percepire al livello degli altri strumenti della famiglia e non ha riscosso lo stesso successo.

La linea WS è stata il centro focale di un’ampia serie di innovazione tecnologica Made in GEM: il processore DISP1, primo dispositivo sviluppato internamente da GEM, ha permesso a questa nuova workstation di gestire un database di suoni e stili dalle caratteristiche senza precedenti. Anche il firmware era fatto in casa. GEM aveva sviluppato un software proprietario per creare la propria wavetable sonora: una volta campionato il suono, il gruppo di ingegneri GEM aveva la possibilità di manipolare il campione, creare i punti di loop e mappare il suono nella memoria ROM ottimizzando le risorse a disposizione.

Lascio a Giorgio Marinangeli e al suo articolo uscito in contemporanea a questo a documentarvi le caratteristiche tecniche di WS2. Qui mi limito a raccontarvi dell’impatto di quell’ampio pannello affollato di pulsanti ordinati in schiera: all’epoca, davano l’impressione di austero ed elegante futurismo hi-tech. Sulla sinistra risaltavano due controlli: il primo era una trackball innovativa per pitch bend e Modulation, questa era stata oggetto ai tempi di grandi dibattiti e discussioni e diventò iconica. Più sopra un controller a forma di torta a quattro spicchi per il controllo degli stili (Start/Stop, Intro, Fill-In, Sync/Continue), a proposito che idea carina, peccato sia stata poi abbandonata.

Non essendo ancora diffuso sul mercato il General MIDI, i timbri di bordo erano mappati per importanza: dapprima un suono di Grand Piano che aveva il suo significato all’epoca; frutto di grandi applausi era l’Electric Piano che richiamava fedelmente il suono su due livelli del Fender Rhodes. Ottimi i suoni di basso, brass e sax. Le percussioni erano compresse ed efficaci, uscendo bene dal mix. Era presente un originale Vocal Kit, utile nelle percussioni con gridi vocali. Le basi su WS2 riproducevano con puntualità i suoni dei brani di successo dell’epoca. Accanto ai timbri da primato, il resto della wavetable offriva voci di minore efficacia, tuttavia molto equilibrati nel suo insieme.

Dal floppy disk si potevano caricare file con estensione .all che abitualmente contenevano stili e suoni. Era il metodo più comodo per eseguire il backup della memoria e ricaricare poi il tutto alla bisogna. Non c’era il multitasking: durante la manciata di secondi necessaria per il caricamento, lo strumento non suonava.

Su WS2, era possibile programmare uno stile partendo da zero. Normalmente però gli stili venivano costruiti su sequencer MIDI esterni (i più diffusi nel 1990 erano Atari ST Notator e Steinberg Cubase): non essendo disponibili funzioni di import, si caricavano i pattern degli stili nel sequencer semplicemente inviando le tracce alla porta MIDI, mentre WS2 registrava il tutto in tempo reale.

Se volete sapere come è fatta WS2, consiglio sinceramente la lettura dell’approfondimento tecnologico esteso dal più che esperto in materia, Giorgio Marinangeli.

Chi suonava WS2

Fra le migliaia di musicisti che hanno acquistato WS2, il grosso dei clienti era composto da piano baristi ed utilizzatori casalinghi. Le caratteristiche ruffiane dello strumento rendevano strategica la posizione del prodotto sul mercato permettendosi di essere attraente sia per chi intendeva suonarla in casa sia per chi invece la portava con sé per l’intrattenimento live nei locali. Non era lo strumento ideale per la musica da ballo o per suonare in una band, ma per tutto il resto si dimostrava versatile. La gamma di età chi acquistava WS2 era fra i 25 e i 45 anni. Non possiamo evitare di citare il fatto che, fra i tanti clienti e musicisti autentici, si fossero infiltrati finti tastieristi che l’hanno acquistata per il solo scopo di mettere in playback le basi dal vivo (no comment!).

Il prodotto aveva la fama di essere molto affidabile: si narra che in una riunione di Generalmusic con i propri centri di assistenza sparsi in Italia, questi ultimi si lamentavano perché WS2 non si guastava mai e non dava lavoro a chi era lì pronto per le riparazioni. Se qualche problema è emerso, era principalmente legato alle serigrafie che scomparivano presto dalla scocca dello strumento e al rischio che la batteria tampone negli anni perdesse la carica, mentre l’acido usciva sui circuiti: ma chi ha fatto regolare uso e manutenzione dello strumento non ha avuto grandi motivi di rimostranza. A distanza di lustri e decenni, molti esemplari di WS2 continuano a funzionare bene, persino i display non hanno perso luminosità e contrasto.

Video

Immagino che ora sarete curiosi di vedere WS2 da vicino e di ascoltare come suona con le vostre orecchie? Ecco a voi, Marcello Colò!

Arranger Legacy | GEM WS2 | Demo by Marcello Colò