Archivio mensile:febbraio 2016

Yamaha DGX-660: una conversazione con Danilo Donzella

Vi abbiamo già raccontato di Yamaha DGX-660 in occasione della sua prima presentazione al mercato presso il Winter NAMM 2016. Oggi vorrei tornare sulla materia, visto che è notizia ormai certa la distribuzione sul mercato europeo, cosa che avverrà nel mese di aprile. Ce ne occupiamo qui con voi, grazie alla disponibilità di Danilo Donzella, key account di Yamaha Music Europe Branch Italy, che si è reso gentilissimo nell’aprire le porte della propria azienda per accogliere il sottoscritto a favore dei lettori affezionati di https://tastiere.wordpress.com

Danilo Donzella e Yamaha DGX-660

Danilo Donzella e Yamaha DGX-660

Re’: Di fronte ad uno strumento dedicato ai pianisti, è inevitabile che la prima domanda riguardi la qualità dei tasti.

DD: Yamaha produce in proprio le meccaniche dei propri strumenti a tastiera, mettendoci dentro tutta la propria esperienza e conoscenza derivante dai pianoforti acustici. La qualità dei componenti e la tecnologia fanno la differenza. Nel caso specifico di DGX-660, si è fatto ricorso alla tastiera standard pesata e graduata GHS: è una qualità di tasti che ben si adatta a questo tipo di prodotto. I tasti sono pesati al punto giusto in modo da consentire una buona esperienza pianistica: tieni conto che – sulla scala dei valori di qualità dei tasti – Yamaha offre altri modelli, ciascuno di essi è specifico e cresce di valore in base alla levatura superiore dei modelli su cui è montato.

Re’: Poco fa, quando hai acceso DGX-660 e abbiamo cominciato ad ascoltare gli stili, devo confessarti che mi ha colpito la buona qualità sonora degli amplificatori di bordo, pur sapendo che la potenza del segnale è disegnata per gli ambienti casalinghi.

DD: In effetti abbiamo due amplificatori da 6W ciascuno, che solo apparentemente potrebbero non sembrare sufficienti. Come hai sentito con le tue orecchie, sono più che adeguati.

Re’: Tu lo sai che, quando avevo provato il modello precedente DGX-650 alla fiera di Bologna del 2013 non ero riuscito ad avviare gli stili automatici?

DD: Succede la prima volta a chi è abituato alle impostazioni delle serie Tyros e PSR-S dove il pulsante ACMP è tipicamente a sinistra, prima degli altri pulsanti o comunque evidenziato. Qui, nella serie DGX invece, quel pulsante è posto leggermente più centrale. E quindi può capitare di non individuarlo subito. Basta saperlo e vedrai che non ci si sbaglia più.

Re’: Che mi dici del Piano Room?

DD: Su questo strumento, Yamaha ha reso disponibile una selezione di diversi suoni di pianoforte che si prestano a svariate circostanze. È uno spazio virtuale nel quale puoi scegliere il tuo suono di pianoforte preferito e collocarlo nell’ambiente ideale dei tuoi esercizi o della tua esibizione: una semplice stanza, il palco di un club o della sala di un concerto. Il motore sonoro è quello derivato dai pianoforti CF.

Re’: Quali tipi di registrazioni sono permesse?

DD: Ci sono due possibilità di registrare le proprie esecuzioni: la prima è un registratore MIDI a sei tracce di cui una è dedicata alla progressione degli accordi, la seconda è un registratore audio su memoria USB. Entrambe le modalità possono aiutare chi studia il pianoforte per riascoltare i propri esercizi e imparare a migliorarsi. Nel caso del registratore MIDI è possibile vedere lo spartito delle proprie registrazioni per avere un’impressione immediata della precisione esecutiva dei propri esercizi. Penso che molti apprezzeranno la chiarezza e le dimensioni dello schermo LCD di bordo. Per la registrazione audio, vorrei farti notare che puoi collegare un microfono all’ingresso Mic In e registrare così anche la voce di un cantante oltre a tutte le parti suonate sulla tastiera. Questo aspetto potrebbe favorire anche le serate karaoke con gli amici a casa.

Re’: E, secondo me, potrebbe servire anche nelle scuole di canto, dove già negli anni passati, avevo visto alcuni i pianoforti DGX. Cambiamo argomento: personalmente mi ci ritrovo con un pianoforte di colore nero, lo trovo particolarmente elegante, ma non mi aspettavo che ci fosse un mercato per i pianoforti di colore bianco.

DD: È un colore sempre più richiesto. Proprio perché DGX-660 è rivolto ad un’utenza casalinga, la disponibilità di un colore bianco consente una migliore integrazione con gli arredamenti moderni che oggi troviamo spesso nelle nostre case. L’aspetto esteriore è comunque molto curato ed elegante. Credo che un pianoforte come questo si presti bene in diversi contesti domestici. Comunque sia, il nero è sempre disponibile.

Re’: Vedo che ci sono 205 stili.

DD: In effetti questo strumento non nasce come arranger workstation, ma come pianoforte digitale con l’integrazione della sezione arranger. La ricchezza degli stili è proprio voluta per permettere di utilizzare un pianoforte digitale con 88 tasti per divertirsi, registrare, approcciarsi tramite gli accompagnamenti automatici ai vari generi musicali. Gli stili Yamaha sono realizzati internamente e cercano di sfruttare al meglio la tavolozza sonora e gli effetti di bordo di ogni strumento. Puoi includere nella registrazione delle tue canzoni MIDI anche le tracce di accompagnamento. Oltre agli stili SFF secondo lo standard Yamaha, puoi qui anche provare a suonare gli stili SFF GE con un sottofondo realistico delle parti di chitarra.

Re’: Ci sono altri aspetti importanti che vorresti segnalare?

DD: La polifonia è stata aumentata a 192 note, ovvero 64 note in più rispetto il modello precedente. E poi c’è la possibilità di impostare tre diverse diteggiature per il riconoscimento degli accordi: Multi Finger, Full Keyboard e AI Fingered.

Re’: Quale tipo di cliente potrebbe essere interessato a procurarsi DGX-660?

DD: Penso ai pianisti principianti, agli appassionati, a quanti amano suonare in casa un pianoforte di qualità ad un prezzo contenuto, alla portata di molti: oggi è possibile avere in casa un pianoforte digitale con l’aggiunta della sezione arranger che consente di sommare ore e ore di divertimento senza annoiarsi.

Re’: Grazie Danilo. A presto.

 

 

Moraldiweb: lo spartito digitale per Microsoft Windows

surface music

Tablet PC con Microsoft Windows

Sino a ieri, coloro che desideravano liberarsi degli spartiti di carta per suonare avevano di fronte a sé due soluzioni principali: acquistare una fra le ammiraglie arranger workstation dove un grande e comodo schermo ad alta definizione consente una visione perfetta degli spartiti (score) oppure procurarsi un tablet iPad o Android e fare ricorso alle app presenti in quegli store.

Ora invece, anche chi possiede un PC o un tablet con Microsoft Windows può fare ricorso agli spartiti digitali, grazie ad soluzione alternativa Made in Italy che, nella sua semplicità, dimostra tutta la propria genialità.

Si chiama Moraldiweb Music Manager. Non si limita soltanto a visualizzare lo spartito (o il testo) delle canzoni su uno schermo, ma consente di scorrere velocemente il repertorio andando a selezionare i brani e mettendoli nella sequenza che ci si aspetta. Dal vivo, basterà sfogliare le pagine per avere a disposizione gli spartiti che servono, uno dopo l’altro. Gli ideatori di questa soluzione (Pierpaolo Moraldi lo sviluppatore e Mattia Moraldi il musicista) hanno saputo dare vita ad una soluzione pratica e di immediato utilizzo.

Quando scaricate il software, disponete di due strumenti:

  • Potete usare ScoreInsert.exe a casa vostra o in studio, con calma per inserire gli spartiti nell’archivio digitale e contrassegnarli con vostre chiavi di ricerca (tag).
  • Potete usare easylive.html durante le vostre esibizioni per impostare la tag di ricerca e visualizzare gli spartiti sullo schermo.

Non si richiede di installare alcunché sul vostro PC. Il file .exe è un puro eseguibile, mentre easylive.html non è che una pagina web che, se visualizzata sul browser dopo aver premuto F11, occupa tutto lo schermo e rende perfetta la visualizzazione. Attenzione! Questa funzione è eseguibile solo su  Chrome, quindi non potete utilizzare Moraldiweb sugli altri browser tipici del mondo PC come Firefox, Edge ed Explorer.

Il manuale è scritto molto bene: bisogna complimentarsi con gli autori, perché hanno fatto un lavoro egregio. La grafica del software bada alla sostanza e poco alla forma: chissà, magari nelle prossime versioni vedremo arricchita anche questa parte, oltre ovviamente alla desiderata compatibilità con gli altri browser diffusi.

Gli spartiti visualizzati devono essere immagini in formato JPEG (il formato PDF non è supportato). Potete digitalizzare i vostri spartiti cartacei tramite uno scanner o una macchina fotografica (compreso il vostro smartphone) oppure cercarli sul web nel motore di ricerca Moraldiweb.

L’utilizzo ideale di Moraldiweb Music Manager è ovviamente su un tablet PC da porre sopra il leggio della vostra tastiera. Data la recente diffusione di tablet nel mondo Windows, credo che questo programma si rivelerà interessante per molti. Del resto il successo del microprocessore Intel Skylake si sta diffondendo a macchia d’olio e sul mercato sono già disponibili ottimi prodotti come Microsoft Surface, HP Spectre 13 e il piccolo ed economico Lenovo Ideapad MIIX 300.

Potete scaricare l’applicazione da http://www.moraldiweb.it/leggio, da qui potrete anche acquistare alcuni accessori interessanti come l’interfaccia hardware per il pedale del sustain che vi consente di voltare pagina dello spartito senza staccare le mani dalla vostra tastiera.

Una serata all’Ariston: la musica come la vita si fa solo insieme

Sanremo 0Anche quest’anno, mi è stata assegnata l’incombenza di accompagnare alcuni ospiti al Festival di Sanremo così come era successo l’anno scorso e così come vi avevo raccontato. La novità dell’edizione 2016 è che la kermesse musicale è stata giudicata dal nostro governo come un obiettivo sensibile del terrorismo islamico (sic) e così – per la prima volta – tutti gli spettatori sono stati schedati e perquisiti all’ingresso. Quella sera, la presenza massiccia di forze dell’ordine intorno al teatro ha inevitabilmente attenuato il consueto ambiente di festa davanti all’Ariston.

Una volta entrati, abbiamo ammirato la scenografia che ci ha favorevolmente impressionato anche se, dilatandosi dal palco verso la platea, aveva causato la rimozione delle prime file di poltrone, riducendo così il numero delle persone nel pubblico in sala. Il minor numero di poltrone ha ridotto il lavoro per i figuranti, quelli pagati per correre a occupare le poltrone di chi si assenta un attimo per una tappa alle toilette.

Sanremo 1Siamo capitati nella serata delle cover e, quindi, abbiamo assistito  all’esecuzione di ottime canzoni tratte dal migliore repertorio italiano. Quella sera sono stati semplicemente sublimi gli incommensurabili Stadio che, con La notte dei miracoli di Lucio Dalla, hanno coinvolto e commosso tutto il pubblico in sala. Grandi. E’ stato invece per me sorprendente Clementino che ha dato vita ad una versione esplosiva, trascinante e particolarmente comunicativa della bellissima Don Rafaè scritta da Massimo Bubola e rifinita poi da Fabrizio De Andrè. Ho trovato poi ben curata la buona dinamica dell’arrangiamento di Cuore di Rita Pavone, in cui Arisa ha dimostrato a sorpresa di aver ancora una buona freschezza nelle corde vocali. Seppur non molto originale, Enrico Ruggeri è stato convincente nel presentare la versione rock della Canzuncella degli Alunni del sole. Per una volta, Morgan non ha cercato di strafare e, quindi, i Bluvertigo sono piaciuti per come si sono impegnati a rispettare La lontananza di Mimmo Modugno. Le grandi canzoni del mitico Renato Carosone sono apparse in due occasioni: Tu vuo’ fa l’americano con Rocco Hunt, più arruffapopolo che cantante, e O’Sarracino con un Neffa non proprio comodo nel ruolo. Ha strappato numerosi applausi il coraggio dei giovani siciliani Caccamo & Iurato che hanno deciso di confrontarsi con Amore senza fine (Pino Daniele). Elio e le storie tese sono stati sempre bravi e geniali, senza dubbio, ma A fifth of Beethoven non mi ha coinvolto, non era successo nemmeno quando avevo diciassette anni e quel brano (allora strumentale) spopolava nelle discoteche. Di  Noemi ricordo la grinta con cui ha cantato Dedicato scritta da Ivano Fossati e resa celebre da Loredana Berté.Sanremo 2

Era la serata celebrativa dei Pooh che hanno dimostrato sul palco di non avere ancora smarrito le loro buone qualità tecniche, salvo Riccardo Fogli che probabilmente pagava l’assenza dai concerti del gruppo negli ultimi 43 anni. Durante il loro medley, tutto il pubblico femminile in teatro cantava le canzoni a memoria e a squarciagola, mentre io mi sentivo a disagio, un po’ come se fossi l’unico uomo presente in un negozio di Accessorize.

Questa volta l’orchestra era separata dalla platea e le pause pubblicità erano molto brevi: non mi è stato possibile avvicinarmi ai musicisti e, con mio rammarico, non sono riuscito a scambiare nemmeno una parola con i maestri. Come sempre, gli strumenti a tastiera erano tutti incerottati per nascondere il marchio e il modello di tastiera. Ho scattato alcune foto e le potete vedere qui: cercate di capire da voi quali strumenti erano presenti.

Purtroppo la presenza del pianista Ezio Bosso era nella serata precedente e quindi mi sono perso il suo magico intervento. Come tutti, l’ho visto in TV ed è bastato per ravvivare l’ammirazione per un uomo così pieno di coraggio e che ha lasciato un segno con le sue parole: “la musica come la vita si fa solo insieme”.

Cari lettori di questo blog, voi che siete come me appassionati suonatori di tastiere arranger,  lo sapete che ascoltare la musica dal vivo è sempre un’esperienza unica e straordinaria. In questo caso, dobbiamo ancora ringraziare Adriano Aragozzini per aver riportato nel 1990 l’orchestra al Festival al posto dell’odioso playback delle basi, che purtroppo ancora dilaga in modo ossessivo nella TV come in  X-Factor ed eventi analoghi.

Sanremo 3

Arranger calunniati ed incompresi

Keyboard
Keyboard Magazine

La nota rivista USA Keyboard Magazine ha recentemente pubblicato un interessante confronto fra Korg Pa4X e Yamaha Tyros 5. Un aspetto interessante di quell’articolo, firmato da Jerry Kovarsky, è l’introduzione dove l’autore illustra brevemente il valore unico che un arranger può offrire ai vari musicisti nel mondo, specialmente a quelli che suonano dal vivo in un contesto professionale. Lascio a voi la lettura completa dell’articolo in inglese sul sito originale, mentre qui – a favore dei lettori di tastiere.wordpress.com – vorrei riservare la traduzione italiana della parte iniziale del lungo testo di Jerry. E’ una lettura che potrebbe tornare utile a tutti voi e, in particolare, a quanti sono indecisi se acquistare un arranger oppure una workstation.

Nessuna categoria di strumenti è più calunniata ed incompresa delle tastiere arranger

È certamente un divario culturale: in Europa, Regno Unito e in tutto il mondo arabo, una tastiera arranger è uno strumento per prestazioni professionali, utilizzato con orgoglio e di grande effetto. Negli Stati Uniti, questa categoria è guardata dall’alto in basso: la presenza di amplificatori di bordo o di pulsanti Ballroom spesso scatenano cenni di ironia. E questo è un vero peccato, perché il comparto degli arranger è cresciuto in modo significativo dagli anni ’80 ad oggi, evolvendosi in modo straordinario rispetto l’era delle tastierine portatili.

Gli arranger di alta levatura offrono accompagnamenti mozzafiato fondati su architetture sonore avanzate, garantendo al musicista sofisticate sfumature sonore a volte impossibili sulle workstation. E, per dimostrarvelo, oggi metterò in scena per voi uno scontro fra titani, comparando le migliori offerte Korg e Yamaha per vedere da vicino che cosa può aspettarsi un musicista itinerante.

Siete voi il cliente? Allora pensateci bene!  

In primo luogo, permettetemi di condividere con voi la mia prospettiva. Il cliente tipico di questi prodotti è un musicista che suona da solo, magari in un duo. Sono i classici one-man-band che necessitano di uno strumento capace di riprodurre le diverse parti, sostenere il canto con effetti di bordo, produrre armonie vocali e visualizzare i testi e consentire infine la riproduzione di brani MIDI e/o audio. Questi musicisti sono più interessati a suonare le loro canzoni e a dare vita ad un bello spettacolo, piuttosto che lavorare di editing audio e perdersi in speculazione tecnologiche da ingegneri del suono. Gli arranger sono progettati avendo in mente musicisti autentici.

Negli Stati Uniti, molti tastieristi si trovano a suonare dal vivo in circostanze simili. Chi suona da solo in un bar o in un ristorante, con un duo con cantante o con un suonatore di strumento a fiato o con tre strumenti senza un batterista, potrebbe trovare interessante procurarsi un arranger. L’accompagnamento automatico delle percussioni è in grado di dare maggiore flessibilità e superiore realismo musicale rispetto un’isolata drum-machine o rispetto una ripetitiva sequenza ritmica senza variazioni come tipicamente succede con le blasonate workstation.

Esperienza

Personalmente, quando accompagno un cantante dal vivo, io uso solo le parti percussive di uno stile e suono il basso con la mano sinistra. A volte avvio l’accompagnamento in modo da eseguire un assolo con un suono “non da tastiera”, per ottenere un realistico accompagnamento di chitarra oppure per dare sostanza a brani del repertorio rock e dance. Insomma, mi adatto alle varie situazioni. Metto spesso alcune parti degli stili in silenzio, dato che alcuni di questi sono così ricchi di parti da rischiare di risultare insopportabili dal vivo. L’arranger è flessibile e consente maggiore varietà e dinamismo rispetto una serata con la sola voce e pianoforte, meglio ancora di una serata “inscatolata” dall’uso delle basi preconfezionate, dato che è possibile variare la struttura delle canzoni e interagire con gli altri musicisti in tempo reale. Ovviamente non porto con me l’arranger quando suono concerti jazz con la mia banda al completo. No, perché ho altri strumenti per quelle occasioni, ma il mio arranger è la scelta giusta per buona parte del lavoro che faccio dal vivo.

E voi per caso scrivete canzoni?

Un arranger è lo strumento perfetto per elaborare nuove idee quando siete concentrati sulla melodia, sul testo, sulla progressione degli accordi, sulla struttura basilare di una canzone. Pensate, avete a disposizione un gruppo completo di musicisti professionisti che non aspettano altro che ascoltare le vostre idee per suonarle subito con voi. Potete cambiare la sequenza degli accordi, lo stile o il feeling di un brano, senza dovervi perdere nel rifare da capo le registrazioni delle singole parti MIDI in una DAW. Tutto succede secondo i vostri tempi e le vostre attese: ci sono momenti in cui la vostra attenzione è tutta su come comporre una canzone, e un arranger eccelle in tutto questo, al contrario di quanto potete fare con un sequencer, dove vi si presenta una pagina di tracce vuote che dovete creare da voi stessi.

Ho avuto la vostra attenzione adesso?

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OK, qui termina la mia traduzione: se volete, continuate la lettura dell’articolo in inglese su KeyboardMag, dove Jerry prosegue con il confronto diretto e serrato fra le due ammiraglie del momento: Korg Pa4X e Yamaha Tyros 5.