Riprendiamo il nostro esercizio di comparazione fra tastiere arranger dello stesso produttore: lo facciamo di tanto in tanto per riflettere insieme, chissà che non possa tornare utile a chi fra di voi si trovi nella condizione di valutare un nuovo acquisto. E si senta insabbiato nell’incertezza rispetto quale modello indirizzarsi.
In casa Yamaha, avevamo già sostenuto il confronto di PSR-SX700 e PSR-SX900. Ora prendiamo in esame il modello più abbordabile dei due per affiancarlo a PSR-SX600: sulla carta quest’ultimo è un modello minore; tuttavia, nasconde alcune chicche che sono precluse al modello posto sopra. Al giorno d’oggi PSR-SX700 si trova in vendita normalmente a 1.199 euro (lo avete notato anche voi vero? Yamaha ha alzato i prezzi rispetto il 2019), mentre PSR-SX600 – che è un modello più giovane essendo uscito nel 2020 – è in vendita ad una cifra che oscilla intorno ai 755 euro. La differenza di prezzo è notevole ma, prima di affrontare un’analisi dettagliata, vorrei sottolineare i punti di forza di PSR-SX600, giacché meritano tutta la nostra attenzione.

Valori assoluti di PSR-SX600
Nel mio test di PSR-SX600, pubblicato su SM Strumenti Musicali, potete leggere di persona quanto valore abbia il sottoscritto percepito nello strumento. Vi consiglio caldamente la lettura di quella recensione: emerge chiaramente come alcune caratteristiche nuove ed esclusive diano un significato di fondo a questo piccolo arranger. Innanzitutto, per la prima volta, Yamaha rilascia due caratteristiche innovative che possono rendere più umane e meno artificiali le espressioni musicali con un arranger: Unison & Accent. Fra tutti gli stili di bordo, 80 di questi sono compatibili con le nuove funzionalità. Ci sono brani musicali classici e moderni dove l’orchestra o la band eseguono fraseggi all’unisono, ottenendo una condizione di effetto che immancabilmente cattura l’attenzione del pubblico. Grazie ad Unison, ora è possibile farlo con un arranger. Accent invece aggiunge o toglie note dall’arrangiamento, in base alla dinamica con cui si suonano i tasti e alla complessità di quanto si suona con le proprie mani. Non solo: anche il volume delle singole tracce subisce variazioni originali automatiche. In altre parole, è possibile simulare le memorabili performance di Van Morrison nelle occasioni in cui dal vivo passa da un pianissimo ad un fortissimo nello stesso brano, magari durante la ripetizione di una strofa o in un momento di un’improvvisazione carica di emozione, prima di un finale in fragoroso crescendo. Dovete poi pensare a questi due tool in accoppiamento con le manopole del Live Control e dello Style Control Reset: dal vivo: si possono studiare e fare grandi cose ad effetto.
C’è poi Smart Chord che, durante la prova dello strumento, mi aveva trascinato, perché mi aveva permesso di riarrangiare intensamente brani le cui progressioni di accordi erano diventate per me rutinarie. Vi potreste ritrovare con brani storici come (Sittin’ On) the Dock of the Bay, Azzurro o La canzone dell’amore perduto, provando la sensazione di suonarli come fosse la prima volta, grazie agli abbellimenti armonici che Smart Chord può darvi in tempo reale
Se è il peso fisico quello che conta, allora non ci sono dubbi. Fra i due arranger, PSR-SX600 è lo strumento che fa per voi. La differenza tra 8,1kg e 11,5kg si sente. Specialmente con il passare con gli anni, se vi trovate spesso a suonare in giro, dovendo affrontare il trasporto dello strumento a braccia dall’auto parcheggiata fino al locale in cui trovarsi per provare o suonare (parlo per esperienza personale).
Se la sezione stili di accompagnamento è fondamentale per la vostra scelta, tenete conto che PSR-SX600 ha un numero superiore di stili (415 contro 400, chi l’avrebbe mai detto) e tutti questi sono cuciti su misura della capacità sonora dello strumento. Alcuni stili inediti di musica moderna africana, brasiliana e asiatica impressionano al primo ascolto. Da parte sua, va detto che PSR-SX700 mette a disposizione degli stili il proprio arsenale sonoro sul cui confronto vi rimando qui sotto e una maggiore capacità di variazioni tramite Multi Pad (188 contro 226).
Spicca poi che solo su PSR-SX600 è incluso il traffico audio dall’uscita USB di bordo, caratteristica che è preclusa a chi suona PSR-SX700 (i possessori di quest’ultima dovranno fare necessariamente ricorso ad un’interfaccia audio esterna per il collegamento a PC o Mac).
Detti tutti i vantaggi di PSR-SX600, vediamo ora le ragioni per cui costa di meno rispetto PSR-SX700. Analizziamo questi tagli e chiediamoci se davvero possono cambiano l’indirizzo della nostra scelta.

Tagli significativi
61 tasti dinamici
Sotto le vostre dita, entrambi gli strumenti propongono 61 tasti dinamici “leggeri”. Ma PSR-SX700 ha una marcia in più: offre i tasti FSB che, anche se non raggiungono la qualità dei semi-pesati, tuttavia, rappresentano un discreto miglioramento rispetto la qualità standard riservata in passato alle tastiere della serie PSR. Comunque sia, provate entrambe le tastiere di persona prima di una qualsivoglia decisione. Non mi sento di sbilanciarmi di più.
Corredo di suoni
Vista la categoria di prezzo, PSR-SX600 sorprende per quanto suoni dannatamente bene. Le risorse di campioni e di effetti di bordo consentono prestazioni perfettamente comparabili a quanto si sarebbe potuto fare anni fa con strumenti che costavano tre o persino quattro volte di più. Grazie all’introduzione di nuovi convertitori DAC e nuovi DSP, suonare questo arranger richiama l’esperienza di ascolto dei primi modelli Tyros, ma con un tocco di rinnovamento e di adeguamento ai gusti attuali. Tuttavia, va detto che la distanza qualitativa da PSR-SX700 è pienamente avvertibile. Non è solo un aspetto numerico sul totale dei timbri a disposizione (850 contro 986): entrando nei dettagli, risalta come il fratello minore disponga di un numero inferiore di voci S. Articulation (73 contro 131), MegaVoice (27 contro 30), Sweet! (27 contro 31), Cool! (64 contro 74), Live! (71 contro 89). E poi PSR-SX700 offre 24 suoni Organ Flutes! controllabili sullo schermo tramite drawbar digitali. Queste caratteristiche permettono l’accesso a sfumature espressive e ad una superiore gamma di variazioni. Ci sono poi campioni derivati da Genos su PSR-SX700 ma assenti su PSR-SX600. Su quest’ultimo, si possono sovrapporre due voci sulla parte destra dello split (Right1, Right2) e una voce sulla sinistra (Left); mentre su PSR-SX700 si potrà aggiungere una terza voce in sovrapposizione a destra (Right3). Lato effetti, PSR-SX700 si presenta con la possibilità di curare i dettagli delle singole tracce grazie agli effetti Insert che mancano sul fratello minore. Un rammarico per entrambi gli strumenti è l’assenza degli effetti VCM che avrebbero consentito un notevole balzo in avanti.
Tutto quanto scritto sui suoni rappresenta un set di dettagli irrinunciabili per la vostra musica? Beh, per coloro per i quali è prioritaria la creatività della propria musica, questi aspetti potrebbero essere decisivi a favore di PSR-SX700. Personalmente ritengo che solo le vostre orecchie potranno giudicare se il risultato sonoro di PSR-SX600 è insufficiente davvero per le vostre esigenze.
Altoparlanti
Su questo punto, la differenza è immediatamente percepibile: si sente! La presenza di due speaker da 13 cm e l’aggiunta di due tweeter da 5 cm nel complesso offrono un impatto sonoro superiore per PSR-SX700 rispetto i due soli speaker da 12 cm di PSR-SX600. Per sopperire e rafforzare il suono, Yamaha consiglia di affiancare a quest’ultimo un subwoofer come KS-SW100 (179 euro circa). Se sapete smanettare, potete anche valutare una semplice correzione dei valori del compressore, ma occhio a non strafare per non ridurre troppo la varietà dinamica fra le varie parti.
Schermo e usabilità
Lo schermo LCD di PSR-SX600 è piccolo (4’3”) ma ha una definizione superba. Le sue dimensioni ridotte sembrano far affogare il display nel telaio dello strumento. PSR-SX700 ha una diagonale maggiore (7”) ma, soprattutto, è sensibile al tocco. Questa distinzione è basilare perché permette di accedere alla piena completezza funzionale garantita dal nuovo sistema operativo e che concede la stessa usabilità moderna già vista in Genos (e PSR-SX900, naturalmente). Dal canto suo, PSR-SX600 risponde offrendo il controllo tramite pulsanti fisici sul pannello: da una parte le pagine video riflettono un’interfaccia grafica similare, dall’altra però il pilotaggio del tutto avviene tramite pulsanti, un po’ come succedeva negli strumenti di precedente generazione (Tyros, PSR-S975, etc.). Le giovani generazioni nate con uno smartphone in mano si trovano a loro agio nativamente con il touch screen; al contrario, per le generazioni precedenti, l’uso di tasti posizionali accanto allo schermo potrebbe essere accettabile.

Tagli marginali
Passiamo ai tagli secondari, naturalmente sotto il mio personale e soggettivo punto di vista (avete tutto il diritto di non essere d’accordo con me).
Registrazioni e memoria interna
Su PSR-SX600 è possibile registrare nella memoria interna solo brani MIDI (la memoria è di soli 20MB), mentre per l’audio si potrà fare ricorso alla produzione di un file WAV sulla memoria USB. PSR-SX700 dispone di una memoria interna di 1GB e quindi consente di salvare le proprie registrazioni internamente anche in formato WAV e MP3. PSR-SX600 eredita il buon vecchio Song Creator (con l’esclusione dell’editing dei singoli eventi MIDI e dello Step Recording), mentre il fratello maggiore offre le funzioni di Record incluse nei nuovi sistemi operativi Yamaha. Se vi chiedete perché ho classificato questi tagli fra quelli marginali, è perché di solito chi lavora di sequencer usa l’arranger per la registrazione iniziale e passa ad una DAW su PC o Mac per la fase di post-produzione. Tenete conto che solo PSR-SX700 offre le addizionali e tradizionali porte MIDI IN/OUT, necessarie solo per chi ne fa abitualmente uso. Entrambi gli strumenti gestiscono il traffico MIDI tramite USB.
Playback
Un limite accomuna entrambi gli strumenti: non supportano Bluetooth (chissà perché Yamaha non ci ha pensato). La contromisura molto diffusa è quella di far ricorso ad uno smartphone/tablet da collegare all’ingresso Aux-In. Se invece si vogliono salvare i brani audio nella memoria interna, solo PSR-SX700 è in grado di farlo grazie allo spazio di 1GB. Di più, solo il fratello maggiore può eseguire il playback di file MP3. Il fratello minore gestisce solo file WAV e da memoria USB.

Tagli del tutto trascurabili
Infine, per completezza di informazione, ecco gli ultimi tagli subiti da PSR-SX600 e che – a mio modesto avviso – sono del tutto irrilevanti:
- Per il controllo del Pitch Bend e della modulazione, PSR-SX600 dispone di due rotelle tradizionali mentre PSR-SX700 offre un joystick con tasti di controllo.
- Le Playlist di PSR-SX600 gestiscono al massimo 500 brani per raccolta, nell’altro strumento si arriva a 2500. La contromisura è creare più Playlist, dove è il problema?
- Il numero di brani demo preinstallati differisce: 3 contro 5. Lo segnalo solo per dovere di cronaca, dato che lo ritengo del tutto insignificante.
- Altro aspetto trascurabile è la possibilità esclusiva di PSR-SX700 di poter personalizzare lo sfondo dello schermo (Wallpaper).
Conclusioni
Entrambi gli strumenti hanno il loro perché e sono ben bilanciati se presi singolarmente: PSR-SX600 sembra essere orientata per chi ha avuto esperienza in passato con arranger più datati e suona sfruttando abitualmente le risorse di fabbrica mentre PSR-SX700 sarà più vantaggiosa per chi cerca di raggiungere migliori sfumature musicali e ricchezze di dettagli nella qualità orchestrale nelle proprie performance. Da non sottovalutare le novità tecnologiche (Unison, Accent, Smart Chord) e il fattore peso, a favore di PSR-SX600, mentre la modernità d’uso del sistema operativo con schermo touchscreen più generoso e il più ampio arsenale sonoro appaiono come fattori decisivi per PSR-SX700, oltre ogni ragionevole dubbio.
Dulcis in fundo, vale sempre la stessa regola: recatevi in un negozio di strumenti musicali e provate di persona qualsiasi strumento, prima dell’acquisto. Chi trascura questa regola avrà sempre un motivo di rimpianto per non averlo fatto (credetemi, so di cosa stato parlando).
PS: Questo articolo è stato scritto l’8 aprile 2023: è Sabato Santo, il giorno in cui si celebra il silenzio di Dio in attesa della Resurrezione. Il mio augurio è che l’umanità intera ritorni presto a sentire quella voce, le guerre nel mondo cessino il loro fragore colmo di morte e dolore, e si torni presto a vivere di pace e fratellanza universale.
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