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Un tuffo sincero e brillante nel cuore pulsante dell’ingegno musicale italiano

Dimenticate i soliti testi didascalici. Marcello Colò e Riccardo Gerbi, con questo secondo volume, ci portano dietro le quinte con stile e passione. È un racconto sulle avventure e disavventure di chi ha vissuto tra circuiti e tastiere, in un’Italia che ha creato strumenti elettronici unici e che il mondo ha ammirato (e suonato). Lo stile letterario è per metà intervista per l’altra metà album dei ricordi. Ancora una volta, dopo il successo del primo volume, si respira l’aria delle fiere storiche, dei laboratori col profumo di saldature e sogni, ci si ritrova in conversazioni schiette con pionieri dimenticati, tra genio e casualità. Ogni pagina è punteggiata da immagini, documenti e note che sanno di vissuto. Riccardo riprende in mano la storia professionale di Marcello e lo porta a dar notizia di uomini e prodotti che hanno contribuito a rendere grande il Made in Italy musicale nel mondo. Non si fa accademia: si racconta, si riflette, si sorride. Si ritorna a parlare – e questa volta con approfondimenti e dettagli molto interessanti che nel primo volume non si erano visti – dei momenti gloriosi di CRB Elettronica, GEM (alias Generalmusic), Korg e Ketron. È il racconto di chi ha visto e vissuto, senza troppi fronzoli ma con cuore vero.

Per la cronaca, gli Autori del libro hanno citato il sottoscritto e altri comuni amici protagonisti di tastiere arranger in diverse pagine: gli sono ovviamente grato. Del resto con Marcello e Riccardo e l’aggiunta di Giorgio Marinangeli abbiamo vissuto negli ultimi tre anni una bellissima esperienza con i racconti di Arranger Legacy.

Il libro è disponibile su Amazon (alla data odierna, il prezzo è di 15,60 euro in versione cartacea, 4 euro in versione digitale per Kindle). È un libro imperdibile per chi ha avuto tra le mani un synth e se n’è innamorato. Per chi è curioso di scoprire l’Italia che ha inventato, restando dietro le quinte. È per chi ama le storie raccontate bene, con quel pizzico di malinconia e tanta dignità.

Arranger Legacy | Yamaha Tyros

Nel 2002, Yamaha ha dato vita alla prestigiosa dinastia Tyros, una serie di modelli che ha rivoluzionato il mondo degli arranger per ben 15 anni. Cinque generazioni evolutive hanno ridefinito il modo di fare musica, diventando un punto di riferimento assoluto per musicisti e appassionati.  Come ogni prodotto di punta, la serie Tyros offriva prestazioni di altissimo livello, giustificando pienamente il suo posizionamento sul mercato. I suoni strumentali campionati erano incredibilmente fedeli, un vero e proprio punto di forza per l’epoca. Il sistema di ingresso per microfono integrava una sofisticata armonizzazione vocale intelligente, basata sugli accordi eseguiti durante la riproduzione dei brani. Il display LCD reclinabile, il più avanzato mai visto su una tastiera musicale, garantiva un’esperienza visiva senza precedenti.  Oltre a questo, Tyros offriva funzionalità che lo rendevano uno strumento estremamente versatile: l’uscita video per il karaoke, accompagnamenti brillanti e un riconoscimento degli accordi incredibilmente rapido. Tutti elementi che ne sancivano la superiorità tecnologica. 

Non solo il sottoscritto, ma anche gli altri compagni del team Arranger Legacy hanno pubblicato oggi qualcosa di personale sulla serie Tyros. Mentre l’articolo che state leggendo riguarda il modello originale, i colleghi si sono concentrati piuttosto sul secondo modello, Tyros 2. Ogni contributo offre una prospettiva unica e approfondita: Riccardo Gerbi su SM Strumenti Musicali, Giorgio Marinangeli sul Blog omonimo e Marcello Colò su YouTube. Non perdete l’occasione di consultare i loro lavori e scoprire nuovi spunti!

Yamaha Tyros (2002)

Un capolavoro nato in Europa

Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, il progetto Tyros non è nato in Giappone, ma in Europa, sotto la direzione di Shinichi Ito, General Manager del centro R&D Yamaha di Londra con collaborazioni dalla sede tedesca di Rellingen (nelle periferie di Amburgo). La sua popolarità esplose in particolare nel Vecchio Continente, dove divenne un autentico fenomeno di mercato, con una concentrazione di vendite impressionante in Germania, imponendosi come un best-seller assoluto, mentre in Giappone, Tyros era totalmente sconosciuta e non era nemmeno in vendita come avevo potuto verificare di persona ad Hamamatsu in quegli anni.

Nel 2012, in occasione del decimo anniversario della serie, Shinichi Ito dichiarò: “Tyros ha preso vita dal design”. E in effetti, il suo aspetto estetico fece subito parlare di sé: la scocca esterna era radicalmente diversa da tutte le altre tastiere sul mercato. L’idea originale era quella di proporre uno strumento “leggero e attraente”, capace di conquistare non solo per il suo design innovativo, ma anche per la qualità sonora che avrebbe suscitato emozioni profonde. Yamaha mirava a ottenere una gamma timbrica fedele agli strumenti acustici, puntando su un suono capace di trasmettere brividi.

Un’eredità che continua a vivere

Il motore sonoro di Yamaha Tyros è stato adattato anche per altri strumenti musicali, come i pianoforti Clavinova della serie CVP, oltre ad essere implementato, con alcune modifiche, negli arranger workstation della serie PSR di fascia alta. 

Oggi, la sua eredità continua sotto il segno della serie Genos, che ha già raggiunto la seconda generazione e prosegue nell’evoluzione tecnologica, mantenendo viva la filosofia che ha reso Tyros un’icona nel mondo musicale. 

Un suono rivoluzionario

Sin dal primo modello, il livello di realismo sonoro era sorprendente: chiudendo gli occhi, distinguere i suoni campionati da quelli reali diventava una vera sfida. La scocca, costellata di pulsanti luminosi e intuitivi, garantiva un’interazione semplice e immediata. La maggior parte delle operazioni era spiegata con grande chiarezza nel manuale, rendendo Tyros uno strumento facile da padroneggiare, eccezion fatta per la programmazione degli stili, che richiedeva capacità tecniche e conoscenze approfondite della piattaforma. 

Per conferire un’aura più professionale, Yamaha decise di escludere gli altoparlanti integrati, ma ebbe un’idea ancora più brillante: per l’uso domestico, offriva la possibilità di collegare il kit di amplificazione TRS-MS01 garantendo un’esperienza d’ascolto ottimale: grazie alle uscite separate per sinistra, destra e subwoofer, il sistema era studiato per offrire una resa sonora impeccabile, un dettaglio che fece davvero la differenza per chi cercava qualità e immersione totale. 

Yamaha Tyros con set di amplificatori TRS-MS01 (fonte: web)

Un repertorio di stili attraente

Il repertorio di stili brillava per la sua freschezza. Gli accompagnamenti erano stati meticolosamente progettati per rispondere alle esigenze di due grandi scuole musicali: da un lato il gusto europeo, raffinato ed elegante, dall’altro il mondo americano, intriso di jazz, latin e pop.  Dal punto di vista software, il file system era stato completamente rinnovato, garantendo una gestione semplice e flessibile rispetto alla concorrenza. I banchi di Registration erano tool utilissimi dal vivo in contesti professionali, mentre il Music Finder permetteva di individuare rapidamente la configurazione ottimale per suonare i brani al meglio.  Il Song Creator si rivelava un sequencer MIDI potente e intuitivo, perfettamente integrato con gli stili, anche se con qualche piccolo limite funzionale. La fruibilità migliorata dello Score agevolava la lettura degli Standard MIDI File, rendendo l’esperienza musicale ancora più coinvolgente. 

Suoni orchestrali di alto livello

Dal punto di vista sonoro, la wavetable offriva una straordinaria ricchezza di campioni in tutte le aree orchestrali. Il pianoforte acustico si distingueva per qualità e naturalezza, mentre la responsività dei pianoforti elettrici garantiva performance fluide ed efficaci.  L’emulazione degli organi a drawbar era di ottimo livello, aggiungendo profondità alle esecuzioni. Per la prima volta comparivano le Mega Voice, una rivoluzionaria innovazione nel mondo degli arranger, che permetteva di ottenere accompagnamenti di chitarra estremamente realistici: ideali per la programmazione di stili e brani musicali, ma non pensate per essere suonate in tempo reale.  La gamma orchestrale, dagli archi ai legni, fino agli ottoni, soddisfaceva ogni esigenza musicale, offrendo sfumature espressive infinite, dalle più intime e delicate alle più grandiose e imponenti.  Il carattere internazionale delle percussioni non si adattava perfettamente alle preferenze italiane, dove il “tiro” (tipico – per esempio – degli arranger Ketron del periodo) era particolarmente apprezzato. Probabilmente per questo motivo, Tyros si affermò in Italia soprattutto come strumento da studio e da casa, piuttosto che per le performance live. 

Yamaha non ha comunque mai nascosto che Tyros era stata progettata per musicisti professionisti che si esibiscono dal vivo: oltre al design più elegante, non includeva altoparlanti integrati, a differenza delle tastiere della serie PSR. Per migliorare la visibilità sui palchi poco illuminati, i pulsanti principali erano illuminati con LED, e alcuni altri pulsanti avevano LED nell’angolo in alto a sinistra. Questi e altri accorgimenti furono pensati per rispondere alle esigenze dei performer.

Copertina brochure originale di Yamaha Tyros (2002)

Un’icona che resterà nella memoria

Yamaha Tyros rappresentava un perfetto equilibrio tra innovazione e praticità, con un’ampiezza di funzionalità talmente vasta da rendere impossibile una disamina completa senza trascurare qualche dettaglio essenziale. Il suo punto di forza indiscusso? Un’esperienza musicale straordinaria, capace di regalare ore di puro piacere senza mai risultare ripetitiva.  Ogni sessione di Tyros si traduceva in performance brillanti, degne delle più alte aspettative professionali. Un’icona del settore, destinata a essere ricordata a lungo. 

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PS: Segue la dimostrazione di Tyros 2 da parte di Marcello Colò: la seconda edizione della serie uscì nel 2005 introducendo alcune migliorie fra cui spiccavano tasti FSX, voci Super Articulation, espansione memoria RAM (1GB), supporto memorie USB al posto del floppy-disk e la possibilità di registrare audio su disco fisso interno.

Arranger Legacy | GEM WK8

Nasceva nel 1994 la serie WK ed introduceva nel mondo degli arranger caratteristiche innovative per il tempo come il disco interno (Hard Disk), utile per disporre dal vivo di un ampio patrimonio di basi MIDI, stili e campioni, dell’armonizzatore vocale e della possibilità di aggiornare il sistema operativo tramite floppy disk. Generalmusic ha mantenuto a lungo la produzione della linea WK con diverse varianti: il primo modello di successo portava il nome di WK4 ma l’azienda romagnola ha raggiunto il vertice della gamma con WK8, il modello di lusso che è oggetto dell’episodio odierno di Arranger Legacy.

GEM WK8 – Fonte: catalogo GEM 1999

Questa serie di strumenti era il frutto del lavoro del laboratorio GEM di Recanati e doveva la propria fortuna all’eredità ricevuta dal leggendario synth S2 (creatura prediletta di Jurgen Schmitz e dei suoi collaboratori). I modelli WK vantavano doppio generatore sonoro (uno per le parti in tempo reale e uno per i MIDI file) e gestivano traffico GM a 32 canali. Il software era stato sviluppato in C/C++. Questi arranger sono passati alla storia a seguito del loro grande successo commerciale. Lo studio Immagina di Rimini (celebre per aver disegnato diversi modelli di scooter della Piaggio) aveva dato il proprio contributo, realizzando un’opera di design accattivante e moderno.

Come WK4, anche WK8 era un autentico juke-box consegnato al cliente con oltre un migliaio di canzoni famose con lyrics già licenziate SIAE e precaricate sul disco fisso interno. WK8 ha avuto vita discretamente lunga ed il suo utilizzo è stato addirittura esteso per molti anni successivi alla produzione, grazie alla diffusione dei moduli USB installabili autonomamente dai musicisti per sostituire i lettori di floppy disk, divenuti presto obsoleti. La data di lancio sul mercato di WK8 è il 1999, quando si presenta come un perfezionamento della struttura di WK4, con tutti gli optional montati a bordo. In altre parole, siamo di fronte ad un’operazione di restyling realizzata per offrire ai musicisti una versione di lusso di WK4.

GEM WK8 MEGASTATION

La tastiera era composta di 61 tasti con dinamica e Aftertouch, la polifonia era di 64 note, i suoni PCM della wavetable derivavano in gran parte da GEM S2. Erano disponibili funzioni di Sound Edit e Sample Translator. Erano 4 i processori effetti divisi in 2 gruppi – 24 riverberi e 32 modulazioni programmabili per ciascun gruppo. I 61 tasti erano mappabili in diversi modi operativi: Full Keyboard, Upper/Lower, Multi e Split. Fra i controlli fisici, spiccava la mitica Track Ball già vista su WS2 per il controllo di Pitch e Modulation. Degno di menzione era il display LCD grafico (320 x 240) retroilluminato e con contrasto regolabile. Gli stili di accompagnamento di serie erano 192 con 32 locazioni aggiuntive per programmazioni personali. Fra i diversi tasti utili, c’era Single Touch Play, un pulsante ereditato dalle tastiere Technics, che consentiva di associare otto performance diverse a ciascuna variazione dello stile. Lo strumento consentiva di comporre le proprie song grazie al Sequencer di bordo che ammetteva la gestione di 16 song MIDI o proprietarie indirizzabili fino a 32 tracce. Era possibile eseguire Standard MIDI File direttamente senza dover attendere i tempi di caricamento, che erano una normalità nei prodotti dell’epoca. Sembra di parlare davvero di un’altra era, quando – scorrendo le specifiche tecniche – compare un’interfaccia SCSI per collegare unità di memorizzazione dati esterne ed evitare l’uso di centinaia di floppy disk. Oltre ai potenti amplificatori di bordo (25W + 25W) si segnala un’interfaccia audio/video con processore vocale. Pesava abbastanza: 15,5 kg.

Fonte: catalogo GEM 1999

Il gruppo di persone che ha curato la progettazione della prima serie WK fatta a Recanati era composto da  Francesco Castagna, Roberto Marcucci,  Marcello Colò, Enzo BoccieroGianni Giudici (parte musicale), Gervasio Pannelli e Nazzareno Riccobelli (FPGA ed Hardware), Fabrizio Bracalenti (sequencer e gestione HD), Marcello Bartolini (Edit & General Enviroment),  Anselmo Bordi (layout del pannello comandi), Giuliano Margaretini (Sample Translator, SCSI), Franco Mazzoni (generazione sonora e Sound Descriptor), Bruno Cesanelli (edit sonoro, grafica del display e – nella parte conclusiva del progetto – General Management  dello strumento).

Nell’arco degli anni, i musicisti hanno potuto accedere alla struttura di WK8 in diverse versioni:

  • WK8 MEGASTATION: Nel 1998 esce il primo modello WK8 ed è – in quel momento – la nuova ammiraglia degli arranger professionali di casa GEM.
  • PS1000PS1300PS2600: Nello stesso anno la tecnologia di WK8 viene utilizzata come motore di tre varianti di pianoforti digitali.
  • WK8 SE: Nel 1999, appare la Special Edition con il banco suoni riprogrammato e l’inserimento dei campioni di pianoforte desunti da GEM PRO e PRO 2. La porta SCSI è di serie e il repertorio di stili e song è ampliato.
  • SK760SK880: Due modelli professionali nati nel 1999 per inserire la potenza di WK8 in due tastiere rispettivamente a 76 e 88 tasti. Erano tastiere da palco, prive di amplificazione a bordo.
  • WK8 LE: Molti anni dopo, nel 2004, per recuperare le perdite a fronte degli scarsi risultati della linea Genesys, l’azienda tenta la carta della Light Edition di colore argento, serigrafie nuove e alleggerimento del tutto grazie alla rimozione dell’interfaccia SCSI. Non avrà molta fortuna: la concorrenza corre più veloce e, soprattutto, la creatività di Generalmusic comincia a soffrire la nota fuga di cervelli dai laboratori in direzione di Korg Italy.

Dulcis in fundo, non possiamo poi tralasciare il fatto che il cuore di WK8 sarà effettivamente il punto di partenza a seguire da cui nascerà il progetto Genesys.

Fonte: http://www.generalmusic.com (anno 2000)

È tradizione del team Arranger Legacy, di cui mi onoro di far parte dal giorno della sua fondazione, l’uscita contemporanea sullo stesso argomento da parte di Riccardo Gerbi (SM Strumenti Musicali), del blog di Giorgio Marinangeli e del canale YouTube dove spicca la demo di Marcello Colò, senza il cui contributo di memoria e testimonianza, questo articolo che avete appena letto non sarebbe mai stato possibile.

Idee per regali nelle festività 2024 dal team Arranger Legacy

Ecco alcune proposte di regali che potrebbero essere apprezzati dai suonatori di tastiere musicali e di arranger in particolare; le idee che seguono sono suggerite dai membri del team Arranger Legacy: Riccardo Gerbi, Giorgio Marinangeli, Marcello Colò e Renato Restagno.

Riccardo Gerbi suggerisce Behringer B105D

Un monitor PA con supporto Bluetooth compatto e piuttosto flessibile come range di impiego, che però costa molto meno di qualche blasonata cassa per l’ascolto casalingo disponibile nei negozi di elettronica di consumo. Il B105D dispone di un’amplificazione in classe D da 50 watt, che alimenta un diffusore full range da cinque pollici.

Fonte: http://www.beringher.com

Il plus di questo diffusore è insito nel parco connessioni, che comprende un ingresso Mic/Guitar in formato XLR Combo, un secondo ingresso Line disponibile su presa in formato XLR Combo, oppure minijack stereo da 3,5 mm, mentre nel pannello posteriore sono ospitate una presa Main In sempre in formato XLR Combo e una presa XLR denominata Thru, con selettore di impedenza per veicolare all’esterno un segnale bilanciato o sbilanciato. A completare il parco connessioni una presa USB sul pannello frontale, per collegare una pen drive contenente dei brani musicali in formato MP3 da riprodurre con il player audio integrato. 

Il parco controlli prevede una coppia di potenziometri per la regolazione dei livelli dei due ingressi disponibili, tre potenziometri per altrettante bande di un equalizzatore Master, i comandi trasporto del player audio, il pulsante di attivazione del Bluetooth e infine la regolazione del volume generale (Main Level). Il B105D è provvisto della funzione di autospegnimento dopo 30 minuti di inattività, che potete inserire/disinserire attraverso lo switch dedicato posto nel pannello posteriore. Non ci sono particolari vincoli in termini di routing: potete impiegare contemporaneamente i due ingressi audio con il player o il dispositivo esterno collegato tramite Bluetooth. Una curiosità legata all’uscita Thru: potete impiegarla per pilotare un secondo diffusore o monitor, ma attraverso il controllo Level 1 dosare la quantità di segnale del mix proveniente dal Main In e quello dei due ingressi del B105D. Comodo, no?

L’unico neo di questo diffusore per chi scrive risiede nel vano posto nella parte inferiore del box per fissarlo a un’asta microfonica: l’adattatore non è fornito a corredo, sul sito internet di Behringer non ci sono indicazioni per questo accessorio e quelli di terzi reperibili online a pochi euro sono realizzati solo in (fragile) materiale plastico. Esiste anche un modello in catalogo dotato di amplificazione incrementata a 150 watt (B205D), ma per un ascolto domestico o un piccolo giardino, quanto erogato dal Behringer B105D è ampiamente sufficiente. Un personal monitor per voce, tastiere e chitarra con un prezzo a partire da 88 euro circa, a cui aggiungere quattro euro circa per l’adattatore da asta di terzi.

Marcello Colò suggerisce AKAI Professional MPX8

Per gli addetti ai lavori, AKAI storicamente è sinonimo di sampler, da sempre. Oggi, cambiati i regimi di vendita dei campionatori, AKAI comunque rimane nel settore una delle aziende più accreditate in questo comparto. Ed è proprio pensando a questo strumento che mi permetto di suggerire un piccolo, ma potente e davvero poco costoso oggetto di divertimento. Parliamo di uno strumento piccolo solo nelle dimensioni, ma potente nell’uso. Piccolo e interessante, perché collocabile sul layout della vostra tastiera (in cui spesso c’è poco spazio). Appoggiato a lato del vostro strumento avrete a disposizione in questa versione fino a otto Pad sensibili alla dinamica e soprattutto retroilluminati su tre colori, dove poter suonare i vostri sample, i vostri effetti, insomma un alleato per le vostre serate con cui divertire il pubblico creando gag o inserendo frasi celebri.

Fonte: http://www.akaipro.com

Per esempio, immaginate di inserire l’urlo di Tarzan per sottolineare l’ingresso di un nuovo ballerino sulla pista dove state suonando, la sigla del “Benny Hill Show” per accompagnare una gag, oppure la musica di Jessica Rabbit all’ingresso di una ragazza in scena, ecc. Date spazio alla fantasia! I pad di controllo sono otto e sensibili alla dinamica, ma i sample che potete inserire in ciascuno sono molti di più, caricabili tramite SD Card da costi ormai ridicoli. Inoltre, i pad sono pilotabili tramite MIDI: Akai MPX8 è dotato di due cavi adattatori dedicati e potete collegarlo alla vostra tastiera – magari definendo il trigger dei sample nelle ottave più estreme – per poi lanciare questi effetti senza mai staccare le mani dallo strumento.

Per ogni pad troviamo impostazioni per il volume, il Pan, l’intensità del riverbero onboard, l’assegnazione di una nota MIDI, il Pitch e la modalità di riproduzione (Single Shot, Hold o Loop). La dotazione dello strumento prevede – oltre ai già citati cavi/adattatori MIDI – l’alimentatore di rete e un cavo USB. Oltre ai manuali in PDF, in bundle troverete anche una libreria di Drum Sound e Loop già pronti, nonché l’editor software e utility per piattaforme PC/Mac, con cui “smanettare” e convertire i formati dei sample a piacere.

Fonte: http://www.akaipro.com

Akai MPX8 supporta file audio in formato Wave con frequenza di campionamento selezionabile (11.025 KHz, 22.05 KHz, 32 KHz, 44.1 KHz e 48 KHz). Un consiglio? Se utilizzate dei sample con semplici frasi scalatela frequenza di campionamento, perché la qualità in un parlato non ne risente e potrete immagazzinare più campionamenti. I sample disposti sugli otto pad vengono rappresentati sotto forma di Kit (interni o su Card), e in questi Kit potete combinare i vostri campionamenti preferiti: loop di batteria, stacchi di chitarra o basso, oppure loop di altri strumenti, quindi largo all’imaginazione!

Per quelli meno inclini alla programmazione, segnalo che, se avete un sample o un loop già pronto all’uso (e compatibile come formato), basta caricarlo nella SD Card dedicata e potete usarlo immediatamente. L’unico consiglio in certi casi è di regolare nel sample parametri quali il volume, ma soprattutto il Pitch secondo la nota della tastiera assegnata, per non trovarsi a “Lanciare” – per esempio – una frase di un noto attore in un film riprodotta in stile Gorilla! Lo street price di Akai MPX8 è di poco inferiore alla soglia dei 100 euro che ci siamo prefissi per questo piccolo speciale, ma per chi scrive son soldi spesi bene. Buon divertimento!

Giorgio Marinangeli suggerisce il proiettore AKIYO 01 LED

Ah, il Natale… quel periodo magico dell’anno in cui tutto sembra possibile: i regali che si svelano sotto l’albero, la neve che cade lentamente come in un film, e, naturalmente, le canzoni di Natale che risuonano ovunque. Ma cosa accadrebbe se vi dicessi che quest’anno potreste organizzare con i vostri amici delle serate di Karaoke in cui finalmente le parole possono essere proiettate in grande stile sul muro del vostro salotto o del vostro soggiorno spendendo poco di più del costo di un paio di panettoni?

Grazie al proiettore AKIYO 01 LED,con meno di 50 euro, avrete l’opportunità di dotarvi di un mini proiettore con il quale guardare film natalizi in grande stile, oppure far esplodere il vostro spirito canoro con una performance da Oscar, come prima non avete mai avuto la possibilità di fare o perlomeno spendendo così poco.

L’AKIYO 01 LED è un proiettore portatile e compatto che si può collegare facilmente a smartphone/tablet, PC o sistema karaoke. Grazie alla sua capacità di proiettare video in alta definizione anche in ambienti moderatamente illuminati, è ideale sia per l’uso domestico che per supportare le vostre performance. Grazie alla sua portabilità, è perfetto infatti per un Karaoke itinerante: dal soggiorno alla cucina, dalla cucina al balcone (se il clima lo permette, s’intende) ma anche per locali dove vi esibite la sera senza alcun problema.

Basta collegarlo a un laptop o al vostro player musicale, e voilà, testi sempre visibili e pronti per essere cantati. L’AKIYO 01 LED è disponibile su Amazon. Buon Natale e che la “nota” giusta sia sempre con voi!

Renato Restagno suggerisce il pedale Yamaha FC5A

Dopo aver “smarrito” (diciamo “smarrito”) il mio fidato pedale del sustain, mi sono trovato nella necessità di trovare un degno sostituto per la mia tastiera. Volevo qualcosa di altrettanto affidabile e versatile. Dopo un’attenta ricerca, ho deciso di acquistare nuovamente lo stesso modello che avevo prima: Yamaha FC5A. Questo pedale mi ha accompagnato per anni grazie alla sua compattezza e leggerezza, ma soprattutto per la sua sorprendente robustezza.

Nonostante le sue dimensioni ridotte e la forma quadrata, che lo differenziano dal classico pedale sustain di un pianoforte acustico, il design del FC5A è solido e infonde fiducia. È un compagno di lunga durata, sia per le esibizioni dal vivo che per le sessioni in studio. Un dettaglio spesso trascurato ma fondamentale è la base in gomma antiscivolo, che mantiene il pedale stabile durante l’uso. Da quando ho iniziato a suonare con questo modello, ho potuto apprezzarne l’affidabilità senza compromessi.

Molti arranger di diversi produttori offrono una porta per collegare un pedale per attivare o disattivare il sustain e una seconda porta per controllare numerose altre funzioni. È possibile personalizzare le assegnazioni delle funzioni al pedale secondo le proprie esigenze, come – ad esempio – il controllo dell’avvio e dell’arresto delle MIDI SONG, il passaggio alla memoria REGISTRATION successiva o l’avvio/fermata di uno stile in esecuzione. Il prezzo è decisamente accessibile: si può trovare a circa 35 euro, se non meno. Considerando la qualità e la durata, è un investimento che vale ogni centesimo.

Altre idee regalo in pillole

Seguono altre idee… se qui sopra non avete trovato qualcosa di interessante per voi, ci sono ulteriori proposte come idee regalo per tutti. Continuate a leggere.

Jojo JSP-01 Page Turner

Per chi è in cerca di un voltapagine Wireless (in alternativa al celebre iRig BlueTurn), ecco la proposta di Jojo, con ben cinque modalità operative e una batteria integrata con 60 ore di autonomia. Compatibile con la maggior parte della app di visualizzazione di spartiti disponibili, il JSP-01 è compatibile con le piattaforme Windows, Mac, Android e iOS. Alla base della pedaliera sono stati inseriti dei pad in gomma antiscivolo. Il prezzo è intorno a 30 euro.

Stairville LED Gooseneck Table Lamp

Un’idea regalo direttamente dal brand di proprietà Thomann che realizza prodotti e attrezzature per lo spettacolo. Questa lampada a collo di oca con quattro luci a led ha una particolarità: una base magnetica che consente di fissarla saldamente non solo su un leggio, ma anche sullo chassis in metallo di un pianoforte digitale o un sintetizzatore. Funziona con tre batterie di tipo AA ed è dotata di interruttore di accensione. Prezzo a partire da 29 euro.

Hercules HCDG-307B-FS1

Un supporto su asta per smartphone/tablet robusto e a un prezzo abbordabile. Adatto per dispositivi con dimensioni dello schermo da 15,5 cm fino a 33 cm (6,1″ – 13″), consente una rotazione fino a 360 gradi per il posizionamento, grazie al particolare sistema di fissaggio a testa mobile posto tra il supporto e l’asta. L’altezza è regolabile da 1080 mm fino a 1780 mm e la capacità di carico massima è fino a tre chilogrammi. Il prezzo di questo supporto Hercules è intorno ai 40 euro. 

Se siete arrivati qui e non avete trovato ancora nulla che vi convinca, non desistete. Vi consiglio piuttosto di passare alla lettura di Riccardo Gerbi su SM Strumenti Musicali e del blog di Giorgio Marinangeli. Troverete queste idee viste qui sopra, e altre ancora.

Buona caccia ai regali!

Arranger Legacy – Parte X

Il team di Arranger Legacy è composto da:

Da marzo 2022 ad oggi, nelle 4 piattaforme web, vi abbiamo raccontato di:

Yamaha PSR-6300 (1986)
Roland E-20, E-10, E-5 e PRO E (1988)
Solton TS4K by Ketron Lab (1989)
GEM WS2 (1990)
GEM WX2, WX400, WX Expander (1993)
Technics SM-AC1200 (1994)
Farfisa 7X (1995)
Korg i5M, i5S (1995)
Roland RA-95 (1995)
Korg iS40, i40M, iS50, iS35 (1998)
GEM WK8 (1998)
Yamaha Tyros (2002)
GEM Genesys (2002)
Ketron MidJay (2004)
Korg Pa1X (2004)

Altri modelli d’epoca sono stati oggetto di articoli dedicati in questo blog, prima della nascita di Arranger Legacy:

Casio MT-40 (1981)
ELKA OMB 5 (1988)

Arranger Legacy | Korg Pa1X

Nelle nostre precedenti avventure di Arranger Legacy, vi abbiamo svelato le radici di Korg Italy in un racconto nato in occasione della celebrazione di iS40 e i40M. Era il 1998, un anno di svolta; un paio d’anni dopo (nel 2000 esattamente), il centro R&D italo-giapponese aveva poi scosso il mondo degli arranger con l’innovativa Pa80 – una storia che ci piacerebbe raccontarvi, ma non questa volta. Oggi, infatti, il salto temporale ci porta ad immergerci nel 2003, l’anno in cui Pa1X ha fatto il proprio trionfale debutto nella versione PRO, segnando un nuovo capitolo nella saga di Korg e cambiando per sempre il panorama dei Professional Arranger di alta gamma.

L’erede di Pa80

PA1X si presenta dunque come un’evoluzione della mitica Pa80, conservandone l’architettura strutturale sotto il cofano. Dal punto di vista hardware, Pa1X si distingue dal suo predecessore grazie alla scocca robusta in alluminio e alla tastiera di fabbricazione Fatar (nella versione a 76 tasti semi-pesati questi hanno forme pianistiche, mentre nella versione a 61 sono nel tipico profilo synth). La generazione sonora di Pa1X si basa su Hyper Integrated (HI): è lo stesso generatore che montava la workstation Triton con 62 note di polifonia; ritorna il touch screen (già visto anni prima su i30 in casa Korg), oltre a 870 voci, 350 stili editabili, drawbar digitali, joystick per la modulazione del pitch e slider assegnabili, tre ingressi pedali. Il mercato resta impressionato dalla presenza a bordo dell’ottimo processore vocale TC-Helicon. Quest’ultimo e il generatore sonoro sono le uniche eccezioni di provenienza straniera, rispetto un prodotto interamente progettato e costruito in Italia: da una parte lavora il centro ricerca & sviluppo di Korg Italy a Campocavallo di Osimo (AN), dall’altra opera l’assemblaggio e il collaudo tecnico affidato ad un’azienda terza, la Elbac di Castelfidardo (AN).

Roberto Marcucci durante il tour dimostrativo di Korg Pa1X PRO (2003)

Dopo il modello PRO a 76 tasti, nel 2004 la versione a 61 tasti ed amplificata

Pa1X Pro è dunque la prima versione con 76 tasti; segue Pa1X con 61 tasti e bi-amplificazione di bordo: 2×35 Watt + 2×12 Watt, 4 altoparlanti a 2-vie, con l’aggiunta di Bass Reflex. Anche questi amplificatori erano stati ideati, sviluppati e messi a punto in casa da Korg Italy. L’Hard-Disk era disponibile come accessorio opzionale. Le dimensioni si riducono e il peso scende da 22 kg a 19,5 kg. Per completare il panorama, a seguire ci sarà spazio per una versione speciale (Pa1X Pro Elite), una sorta di edizione Full Optional pensata per il mercato britannico (include di serie il disco fisso interno, un ingresso bilanciato per il microfono, la possibilità di mixaggio in tempo reale e il controllo dei drawbar).

Storia di uomini e professionisti

Lo strumento è progettato per affascinare i musicisti, offrendo una vasta gamma di funzionalità per la composizione e l’esecuzione musicale. Per realizzare Pa1X, Korg Italy ha fatto leva sullo stesso team che aveva creato Pa80. Alla guida c’è sempre Francesco Castagna che coordina la parte musicale; Jurgen Schmitz è il vero responsabile tecnico del progetto e la mente autentica dietro l’innovazione; Andrea Bernardelli (entrato in Korg con Pa80) si occupa della parte musicale, distinguendosi come creatore del SongBook. Roberto Marcucci si dedica alla preparazione di tutti i suoni.

La programmazione degli stili è il risultato di un lavoro di squadra nel laboratorio di Campocavallo. Fra questi si distingue, pur dall’esterno, una nostra vecchia conoscenza, Michele Mucciacito, che cura gli stili di repertorio italiano e latino: successivamente, Michele produrrà il contenuto di una Expansion Board (la Latin Card) con 32 stili e campionamenti musica latino-americano e che avrà un discreto successo. Anche Marcello Colò, collega del team Arranger Legacy, ha avuto un ruolo in quelle vicende: in quegli anni, Marcello collabora con Syncro, il distributore nazionale dei prodotti Korg, e si alterna con Roberto Marcucci per le date del tour dimostrativo. Il ruolo di Marcello è anche quello di raccogliere e riferire il riscontro del mercato a Korg Japan, interfacciandosi con Oscar Tedesco di Mastertronics, partner globale di Korg all’epoca, per l’assistenza tecnica.

Marcello Colò durante il tour dimostrativo di Korg Pa1X PRO (2003)

Una storia di successo

Dal punto di vista commerciale, PA1X vende discretamente bene, ma – ovviamente – non raggiunge i numeri eccezionali di Pa80 (quest’ultima detiene ancora oggi il record assoluto di vendite mondiali fra tutti i modelli Korg nella sua storia). Del resto, i tempi sono cambiati e tre anni dopo, nel 2006, Korg dovrà uscire in fretta per aggiornare il catalogo con Pa800: la tecnologia corre e reclama la dotazione della porta per le chiavette USB al posto del floppy-disk in via di estinzione.

Tra i competitor principali di Pa1X dell’epoca, vanno citati Yamaha Tyros e Ketron SD1-Plus; la prima soprattutto nell’ambito Home Studio e casalingo, la seconda più nel versante Live. Un po’ in disparte Roland che, pur essendo un temibile concorrente come marchio, in quel periodo era sul mercato con la serie VA, una generazione di arranger un po’ in ombra rispetto i gloriosi modelli delle serie G. Sullo sfondo, Generalmusic era già de facto sul viale del tramonto.

Nell’arco della storia degli arranger, Pa1X ha un forte significato soprattutto quello che è stato il suo seguito: una serie di ammiraglie che daranno lustro al marchio Korg basandosi su un’architettura che ha avuto il pregio di durare vent’anni con Pa2X, Pa3X fino a Pa4X. Mentre l’attuale Pa5X, come sapete, è tutta un’altra cosa.

Conclusione e ringraziamenti

Per saperne di più, non esitate a farvi un giro su SM Strumenti Musicali con l’eccellente intervento di Riccardo Gerbi e il ricco approfondimento di Giorgio Marinangeli nel suo blog omonimo.

Ringrazio la fonte principale per le informazioni di questo articolo e cioè Andrea Bernardelli ex-collaboratore di Korg Italy e, accanto a lui, Marcello Colò. Quel Marcello che ora potete seguire nel video che segue.

Arranger Legacy | Yamaha PSR-6300

In una dimensione parallela, nel regno musicale dove oggi risplende la memoria degli appassionati di tastiere arranger, c’è un posto speciale che ospita il ricordo di Yamaha PSR-6300, strumento dai contorni leggendari. Non era solo una tastiera, ma un portale magico per un’epoca dimenticata: gli anni ’80, un periodo così raffinato e affascinante che sembrava uscito da una commedia musicale. PSR-6300, con i suoi pulsanti colorati e il design che gridava in quegli anni “Guardatemi, sono il futuro!”, sembrava una meraviglia della tecnologia. Sotto il suo coperchio fantascientifico, nascondeva una tastiera sensibile al tocco che poteva farti sentire come il re della pista da ballo o il protagonista di un film d’azione anni ’80. Con una valida gamma di suoni, dal pianoforte elettrico che permetteva di esprimerti come un vero e proprio rocker da strada al synth che ti faceva pensare di essere un astronauta del futuro, PSR-6300 sapeva come trasportarti in mondi musicali impensati. E la sua funzione di accompagnamento automatico? Quella band virtuale era pronta a suonare al tuo comando e, sebbene in quegli anni gli stili Yamaha non fossero competitivi come quelli di oggi, avevano un loro perché di significativo per i tempi.

Yamaha PSR-6300

Yamaha PSR-6300 rappresenta una tastiera digitale di rilievo nel panorama musicale, la sua uscita nel 1986 è contemporanea al modello di punta dei synth Yamaha, DX7 Mk II. L’evento ufficiale di introduzione dei due modelli al mercato italiano è avvenuto nel mese di settembre 1987 in un’ambiente fiabesco presso il Grand Hotel Baglioni di Firenze, dove Riccardo Burattini fece una spettacolare presentazione di questo arranger in pompa magna. Si narra che, a livello globale, PSR-6300 abbia trovato ampio utilizzo tra numerosi musicisti professionisti, tra cui spiccano nomi illustri come Herbie Hancock, Chick Corea e Jean-Michel Jarre.

Serie Portatone: gli arranger Yamaha degli anni ottanta

Caratterizzato da una tastiera di dimensioni standard composta da 61 tasti dinamici, PSR-6300 offriva una vasta gamma di funzionalità avanzate per l’epoca. Tra queste spiccava un sequencer integrato a cinque tracce che consentiva una notevole flessibilità nella creazione e nell’organizzazione di composizioni musicali complesse. Tutto questo tenendo conto che il General MIDI era ancora di là a venire. Ritenuto il fiore all’occhiello delle tastiere portatili Yamaha nella seconda metà degli anni 80, PSR-6300 vantava un valido rapporto qualità-prezzo, posizionandosi come una scelta di valore per i musicisti professionisti e gli appassionati di musica alla ricerca di prestazioni affidabili e di alta qualità.

Fabbricata in Giappone, PSR-6300 si distingueva per la robustezza e il design unico che permetteva alla tastiera di chiudersi completamente per un facile trasporto. Un’idea derivava dal genio italiano di Mario Bellini che aveva già disegnato il case del modello precedente PSR-6100 vincendo il premio internazionale Good Design Award 1984.

Mario Bellini suona Yamaha PSR-6300

Grazie ad un’ampia capacità di sintesi del suono, PSR-6300 metteva a disposizione del musicista una discreta gamma di suoni, tra cui pianoforti acustici ed elettrici, organi, archi, ottoni e sintetizzatori. Il generatore sonoro consentiva l’utilizzo di tre voci in layer (Upper Orchestra, Lower Orchestra e Solo). Il suo design esterno era caratterizzato da un colore grigio antracite con un pannello di controllo principale pieno di pulsanti e cursori, mentre 4 display LED si illuminavano segnando il tempo. I due speaker erano laterali rispetto i 61 tasti. PSR-6300 non era considerato un “giocattolo”, ma uno strumento serio per gli appassionati di musica.

Le caratteristiche chiave di Yamaha PSR-6300 includevano la possibilità di creare i propri accompagnamenti (8 locazioni in aggiunta alle 48 preset), unità effetti con Chorus, Duet, Trio, Portamento e Sustain, rotella pitch bend e rotella di modulazione. Queste caratteristiche rendevano PSR-6300 uno strumento versatile e apprezzato sia dagli appassionati di musica che dai professionisti.

Una funzione rivelatrice fu la Rhythm Step Light. Fino a quel momento, per creare e registrare accompagnamenti originali, i programmatori musicali dovevano selezionare un pattern ritmico di base e suonare l’accompagnamento in tempo reale mentre il pattern era in esecuzione. La risoluzione era di trentaduesimi, quindi se il timing era impreciso o se si iniziava a programmare prima di aver definito le frasi, si rischiava di confondersi con i propri ritmi e finire in un vicolo cieco. La funzione Rhythm Step Light rese possibile inserire ritmi anche senza eseguirli in tempo reale.
In effetti, la funzione Rhythm Light fu rivoluzionaria perché sfruttava il concetto distintivo delle tastiere portatili: usare i tasti per inserire dati. Sopra i tasti della PSR-6300 erano stampate le icone delle voci percussive. I numeri da 1 a 32 erano stampati sopra i tasti della metà sinistra: ogni tasto rappresentava un passo in due misure di sedicesimi (16 × 2 = 32) e poteva essere usato per inserire il numero corrispondente. Ad esempio, per inserire un suono di grancassa su ogni quarto, l’utente teneva premuto il tasto della grancassa sulla destra e poi premeva i tasti 1, 5, 9, 13, 17, 21, 25 e 29 sulla sinistra. I tasti numerati della PSR-6300 funzionavano esattamente come le schermate a matrice delle drum machine. Gli schermi LCD non erano ancora diffusi, quindi offrire un’interfaccia utente di questo tipo richiedeva pulsanti e interruttori dedicati. In quel contesto, usare i tasti al posto dei pulsanti fu un colpo di genio.
Dietro l’adozione di questo metodo di input “non in tempo reale” c’era l’intento di Yamaha di rendere la musica accessibile a più persone, e anche l’influenza del fenomeno DTM (Desktop Music), che sarebbe esploso negli anni successivi. Da quel momento in poi, le tastiere portatili non sarebbero più state solo strumenti da suonare nel senso tradizionale, ma anche strumenti di produzione musicale.

Con il coperchio chiuso, PSR-6300 era pienamente trasportabile

L’esperienza d’uso di PSR-6300 potrebbe sembrare un po’ datata, ma a chi importa oggi se permette l’accesso a così tanta nostalgia? Yamaha PSR-6300 è stata un’icona del regno musicale degli arranger, un simbolo che faceva divertire e ballare allo stesso tempo. E anche se ora è solo un ricordo del passato, la sua leggenda perdura, e mi piace immaginarla ancora oggi in azione nelle feste in cui gli amanti degli anni ’80 si riuniscono per ballare e ridere di quella indimenticabile era musicale.

Ora, per completare la storia di PSR-6300, non vi resta che leggere gli altri contributi della squadra di Arranger Legacy: l’approfondimento tecnico dello strumento redatto da Giorgio Marinangeli, consultare la visione di insieme su SM Strumenti Musicali di Riccardo Gerbi (lettura più che mai interessante stavolta grazie al prezioso intervento del mitico Luca Pilla in persona) e assistere alla demo di Marcello Colò che segue. 

Arranger Legacy | KORG iS40 e i40M

Oggi approdiamo alla decima puntata di Arranger Legacy, la rubrica che – in modo trasversale – potete seguire sul web con i contributi di Riccardo Gerbi su SM Strumenti Musicali, Giorgio Marinangeli sul suo blog e Marcello Colò su YouTube. Il modello vintage protagonista dell’episodio odierno è KORG iS40 e, dietro di lui, le sue varianti (i40M innanzitutto ma anche iS50 e iS35).

La nascita di Korg Italy

Nel mese di novembre 1996, una nuova realtà di sviluppo arranger entra in azione in Italia per conto della giapponese Korg Inc. Il nuovo laboratorio viene inaugurato ad Osimo nelle Marche al fine di creare progetti Made in Italy a favore soprattutto dei mercati europei e medio-orientali. La scelta delle Marche non è un caso, visto che in quell’area si concentra in quegli anni un numero elevato di aziende di strumenti musicali fra quelle più celebri nel mondo. Questa esperienza industriale nasce come un sinergico abbraccio fra creatività e passione che – a partire dal suo cuore italiano – irradia per lunghi anni (ancora oggi!) nuove tecnologie musicali, a favore della comunità dei tastieristi nel mondo.

Negli anni precedenti, la casa madre giapponese si era fatta apprezzare grazie alla produzione di tastiere con accompagnamenti, modelli di gran lustro, fra cui la mitica i3, seguita da i4S, i5S/i5M e iX300. La nuova realtà aziendale italiana nasce dunque con l’obiettivo di innovare quel panorama musicale andando a sviluppare e produrre nuovi arranger per la serie “i”.

KORG iS40

Il nuovo centro R&D si forma reclutando alcuni fra i progettisti migliori che erano al lavoro presso GeneralMusic: non è un caso che il declino dell’azienda romagnola coincida con gli inizi roboanti di Korg Italy. L’avvio delle operazioni marchigiane registra il proprio esordio ufficiale con la progettazione e il lancio dell’arranger iS40 nel 1998.

L’esordio con iS40

I punti di forza di iS40 sono merito dell’architettura ereditata da i3 che qui viene semplificata a favore di un uso più immediato e intuitivo. L’elettronica e il firmware sono quelli originali di ideazione giapponese: ma la mentalità musicale è ora quella italiana. Il generatore sonoro AI2 Synthesis e il processore continuano ad operare con 32 oscillatori e altrettante note di polifonia. La wavetable cresce di spazio e così anche il numero di campioni, per un totale di 320 voci. L’inclusione dell’utile Aftertouch, sotto i 61 tasti Fatar, costituisce un segno distintivo di uno strumento di elevata qualità, destinato ai musicisti raffinati. Gli stili di accompagnamento sono 128 e sfruttano altrettanti Arrangement: quest’idea di disaccoppiare i pattern degli stili dai comandi MIDI di assegnazione delle voci (Program Change, effetti, tempo), crea apparentemente un’insolita ridondanza: in realtà, l’idea originale era stata concepita con i3 con l’obiettivo di ampliare il numero di stili preset, ottimizzando l’uso della limitata memoria disponibile.

Torniamo a iS40, dove troviamo il riconoscimento accordi ideato da Stephen Kay (il padre di KORG Karma) e che durerà a lungo anche nei modelli successivi, almeno fino a quando non saranno sviluppate le nuove NTT (intorno al 2000). Due classici processori di effetti stereo sono a servizio dello strumento, utilizzando un piccolo set di 47 effetti.

Lo strumento lavora per “modi”: Arrangement Play, Backing Sequence, Song Play, Song Edit, Program, Disk/Global. Tale organizzazione del sistema operativo secondo “silos separati” sarà lo standard in casa Korg per molti anni: per vederla superata, si dovrà aspettare il 2022 con il lancio di Pa5X.

KORG iS40

Il dispositivo per caricare e salvare dati è sempre lui, il floppy-disk noto per essere un drive innovativo e silenzioso per l’epoca: non si sente il classico clic all’inserimento di un dischetto; è un piccolo dettaglio ma significativo per chi fa musica. Il repertorio di suoni e stili è adeguato alle esigenze di chi effettivamente suona gli arranger in giro per i locali: sempre di più, gli arranger Korg sfumano l’anima rock degli inizi e danno spazio della musica da ballo in vigore all’epoca. Pur essendo tutta plastica, iS40 pesa buoni 12,9kg.

Lo strumento guadagna sul campo una buona reputazione, offrendo Aftertouch e suoni paragonabili a quelli di tastiere più costose. È facile da usare e gli aspetti meno intuitivi sono illustrati e spiegati con chiarezza dal manuale utente di ottima stesura, grazie al lavoro di Paolo Tramannoni. La possibilità di aggiornare il sistema operativo non è banale per l’epoca e viene apprezzata da molti. Fra le altre benvenute caratteristiche, ricordiamo lo spazio a bordo per caricare 16 stili utente e 64 arrangiamenti, con la pecca di non poter creare stili nuovi direttamente sullo strumento. iS40 è comunque in grado di importare gli stili degli strumenti Korg precedenti (come i3) anche se, vista la diversa tabella di voci, suonano secondo gusti più convenzionali e meno ruggenti.

Il lettore di basi MIDI sfrutta i suoni GM dei prodotti di Korg Japan: erano molto validi, ma un adattamento competitivo allo standard di riferimento (Roland Sound Canvas) sarà possibile solo con i modelli successivi della serie Pa.

Il lancio sul mercato italiano avviene con la regia di Syncro (azienda di Numana in provincia di Ancona) distributore ufficiale dei prodotti Korg in Italia all’epoca. L’impatto sul mercato è notevole: le vendite sono adeguate agli obiettivi aziendali. Fra i diversi concorrenti diretti con cui iS40 si misura, in competizione commerciale, possiamo citarne due: Roland G-600 e Solton by Ketron MS-100.

Protagonisti del progetto

Il gruppo che realizza iS40 è guidato da Francesco Castagna responsabile del progetto; c’è poi Jurgen Schmitz direttore del centro R&D, mentre Max Tempia coordina la parte musicale e Roberto Marcucci si occupa dei suoni. La programmazione degli stili è il risultato di un lavoro di squadra nel laboratorio di Osimo.

Il lavoro di design per iS40 viene commissionato al Team CSD, composto da Aldo PetilloEliana Lorena e Andrea Dichiara. Questi talentuosi designer realizzano un progetto innovativo di tastiera elettronica, finiture, grafica e ingegneria di alto livello estetico e funzionale. Il look dello strumento spicca per originalità, rispetto quanto s’era visto fino ad allora. Il risultato riceve riconoscimenti prestigiosi, tra cui il Premio Design Hannover nel 1998 e il Premio Good Design Chicago nello stesso anno. E. Lorena A.Petillo design -Team-csd

Evoluzione: iS50, i40M e iS35

La produzione di iS40 viene affiancata da una versione più economica dello stesso strumento iS50. Quest’ultimo si distingue per l’assenza di Aftertouch e Keyboard Set e per una memoria ROM inferiore di 2MB (12MB contro 14MB del modello superiore). Il pedale Damper condivide l’ingresso con il pedale assegnabile, mancano gli ingressi Audio Input e non è presente l’ingresso per la pedaliera KORG EC-5. Le porte MIDI sono ridotte all’essenziale (IN, OUT), gli amplificatori di bordo hanno minore potenza (2x8W vs 2x14W) e manca la rotella del DIAL.

KORG i40M

L’anno successivo (1999), Korg Italy realizza i40M una versione a modulo di iS40 e che si distingue, oltre al fatto di non avere una tastiera, per la presenza di un armonizzatore vocale, per la prima volta nella serie i.  Con l’aggiunta dei tasti e con il cambio di colore della scocca da grigio a blu, i40M diventa iS35, l’ultimo modello di Korg Italy prodotto con hardware e software di provenienza giapponese.

iS40, iS50 (in versione blu iS50B), i40M e iS35 faranno incetta di vendite in Italia e all’estero sotto l’egida dell’azienda di Osimo, in attesa del giorno in cui l’azienda italo-giapponese farà il botto mondiale con Pa80, il modello che vanterà uno straordinario record di vendite fra tutti i modelli prodotti con il marchio KORG. Ma questa è un’altra storia da raccontare.

Grazie

Le fonti che mi hanno permesso di raccogliere informazioni di prima mano e scrivere l’articolo che avete appena letto sono Andrea Bernardelli, ex Product Specialist di Korg, e Max Tempia di cui vi abbiamo raccontato vita e miracoli grazie ad una lunga intervista che ha rilasciato ai lettori di questo blog. Ringrazio entrambi per la loro disponibilità e partecipazione.

E ora godiamoci il video dimostrativo di KORG i40M grazie alla bravura di Marcello Colò.

Arranger Legacy | Generalmusic WX2, WX400, WX EXPANDER

Nella prima puntata di Arranger Legacy (era il 21 marzo 2022), avevamo esordito raccontandovi di GEM WS2 e del ruolo cruciale che quell’arranger aveva ricoperto nella diffusione degli strumenti con accompagnamenti fra i giovani tastieristi dell’epoca. Oggi, giunti al decimo episodio di questa rubrica corale che – come sapete – prevede l’uscita contemporanea di Riccardo Gerbi su SM Strumenti Musicali, di Giorgio Marinangeli sul proprio blog, di Marcello Colò su YouTube e del sottoscritto qui sul sito delle Tastiere Arranger, oggi dicevo è il momento di narrarvi il sequel di quella WS2. Parliamo, cioè, del trittico composto da WX2, WX400 e WX EXPANDER, tre strumenti che hanno rappresentato un’importante evoluzione tecnologica di casa GEM.

Nel 1993, l’azienda stava vivendo la metamorfosi della propria intitolazione – da GEM in Generalmusic – e aveva investito le cospicue risorse finanziarie ottenute dal successo commerciale di WS2 per progettare e realizzare la propria crescita. I tre nuovi modelli WX si distinguevano per il fattore di forma: accanto alla classica versione WX2 a 61 tasti leggeri di produzione Fatar, GEM rilasciava una variante pianistica ad 88 tasti pesati (WX400) ed un modulo di espansione senza tasti (WX EXPANDER).

Copertina brochure originale della serie Generalmusic WX (1993)

La serie WX ha rappresentato il primo strumento musicale al mondo con funzioni avanzate di karaoke. Era possibile leggere i testi delle canzoni sul piccolo display di bordo oppure su un monitor TV esterno e, per la prima volta, si potevano persino sperimentare letture di spartiti digitali. Non a caso, dal punto di vista della comunicazione, per lanciare i nuovi modelli, l’azienda utilizzava il termine Multimedia Workstation.

Fino a quegli anni, i dispositivi karaoke più diffusi sul mercato erano i lettori Pioneer di Video Laser Disc che – inizialmente in Giappone ma poi in tutto il mondo – avevano costituito l’infrastruttura portante del fenomeno del karaoke, grazie ad una sottostante vasta produzione di video musicali che evidenziavano i testi in sincronia con il canto. In Italia, la cosa era diventata famosa grazie ad una riuscita serie televisiva condotta da Fiorello su Italia Uno dal 1992 al 1994. In realtà il karaoke era un fenomeno globale che risaliva a molti anni prima e che doveva le proprie origini al capillare successo dei piccoli locali giapponesi, dove il pubblico poteva cimentarsi in improvvisate esibizioni canore, leggendo i testi delle canzoni più popolari dal monitor TV collegato al Video Laser Disc (LD-G) e cantando in un microfono collegato all’impianto audio. In questo contesto, GEM aveva quindi introdotto sul mercato uno strumento musicale pronto all’uso per il musicista animatore, dove non era più necessario procurarsi i costosi video, grazie alla nuova abbondanza di basi MIDI che includevano le liriche sillabate dei testi delle canzoni. I brani musicali erano forniti dalla GEM Software Division. WX2 si vendeva anche in bundle con un televisore MIVAR in modo da fornire un impianto completo per fare karaoke in ambito casalingo o piccoli locali.

La serie WX non aveva un hard-disk interno, ma leggeva i floppy disk sfruttando una piccola SRAM (Static Ram) all’interno per caricare fino ad 8 song per volta ed altre risorse. La tecnologia era in via di evoluzione ma si sarebbe dovuto attendere ancora qualche anno (vedi, ad esempio, Ketron MidJay) per ottenere quelle dimensioni di storage interno necessarie per contenere tutte le basi utili per una serata. Gli orizzonti del mercato di GEM non erano circoscritti all’Italia; e nemmeno all’Europa. Spingendo sull’acceleratore del karaoke, GEM intendeva aggredire il mercato asiatico.

Nell’economia del catalogo GEM, la serie WX era la prima a supportare il General MIDI, sia nella mappatura dei suoni di fabbrica, sia nella compatibilità con gli Standard MIDI file. A dire il vero, il vasto catalogo di basi proprietarie, ottimizzate per lo strumento, sfruttava al meglio l’arsenale di suoni e di effetti. Non solo: il formato proprietario delle basi GEM gestiva tre tracce addizionali: una per i testi, una per la melodia (notazione) e una per gli accordi. Il fenomeno della duplicazione dei floppy disk questa volta viene ostacolato, dopo essere stato il cavallo di battaglia di GEM con WS2: GEM aveva studiato alcune protezioni che impedivano la copia, ma – si sa come va il mondo – gli smanettoni più esperti avevano già trovato un modo su come aggirare i controlli.

Generalmusic WX EXPANDER

Fate clic qui per scaricare il file PDF della brochure originale della serie WX.

Sugli strumenti WX, si potevano comunque costruire le proprie basi grazie alla presenza di un capace sequencer professionale a 16 tracce con funzionalità di editing superiori come Microscope e Undo. Teoricamente anche gli stili di accompagnamento avrebbero potuto essere programmati direttamente nello strumento ma, per velocizzare le operazioni di sviluppo, i professionisti usavano un computer esterno che, secondo lo standard dell’epoca, era un Atari ST su cui giravano Notator e/o Cubase. Gli stili non potevano essere caricati tramite il sequencer interno: andavano trasmessi da Atari tramite la porta MIDI e mettendo lo strumento in record “a velocità ridotta” per non correre il rischio di perdere qualche evento nella trasmissione.

Alcuni musicisti apprezzavano la funzione Extract che otteneva dal MIDI file una traccia a scelta per lo score: poteva essere visualizzata soltanto la linea del canto o altre tracce monofoniche, ma era il primo grande passo verso gli spartiti digitali di bordo che faranno la fortuna di molti modelli di arranger negli anni a venire.

Dal punto di vista fisico, l’estetica dello strumento era sublime e molti apprezzavano la comodità dei pulsanti retroilluminati sul pannello: tutte le funzioni della tastiera erano riconoscibili anche al buio. Come da tradizione GEM, tutto il corredo era stato progettato e fatto in casa: sia l’hardware, sia il software. La generazione sonora era stata rinnovata prendendo le mosse da WS2: la wavetable era stata rifatta ex novo (6MB) e poggiava su 32 note di polifonia (lo standard dell’epoca). I suoni erano 472 e 96 gli stili di accompagnamento.

La serie WX poteva caricare campioni (sample) in formato proprietario GEM, sulla scia di quello che verrà poi adottato sulla workstation S2: quest’ultima era un modello alternativo, senza tracce di accompagnamento, trattandosi appunto di un nuovo synth categoria assente da diversi anni in casa GEM (dovremmo dire ormai Generalmusic). S2 era nata infatti nel laboratorio GEM di Recanati, dove era stato ideato uno strumento completamente diverso, con una architettura specifica per le tipiche funzionalità da synth e workstation. Gli arranger WX invece erano nati all’interno dello stesso gruppo di sviluppo che aveva creato WS2, nel laboratorio di San Giovanni Marignano. I nomi dei protagonisti di questo progetto sono quindi gli stessi che avevamo citato nell’articolo dedicato a WS2 e a cui vi rinvio per i dettagli.

Nonostante i positivi risultati commerciali della serie WX, i numeri delle vendite non avevano raggiunto i livelli eccezionali di WS2. I tempi erano cambiati: la concorrenza era scatenata. Si pensi che nel 1993, erano contemporaneamente usciti sul mercato alcuni modelli epocali come Korg i3, Roland E-86, Yamaha PSR-300 e Technics KN2000. Nonostante le quantità inferiori di vendite, WX2 aveva comunque un prezzo di listino superiore rispetto WS2 e questo aspetto ha permesso all’azienda di ottenere margini di rilievo, conservando il buono stato di salute finanziaria (siamo negli anni del grande boom economico della casa romagnola).

Il debutto di WX2 era avvenuto al Musik Messe di Francoforte nel 1993 con la presentazione seguita da Enzo Bocciero in persona; accanto a lui c’era Marcello Colò (sempre lui, la nostra fonte!) che presentava S2 e WS2 (la produzione del modello precedente proseguiva ostinata, grazie alle vendite che non sembravano ancora calare). Dietro le quinte, vale la pena citare un aspetto interessante e curioso mi è stato segnalato da Marcello stesso: la serie WX aveva cambiato il paradigma delle classiche dimostrazioni in pubblico di strumenti nuovi. Prima di WX2, il pubblico delle demo era passivo e assisteva da spettatore alle esibizioni di presentazione dei nuovi prodotti. Con WX2, il pubblico era diventato protagonista: spesso il dimostratore coinvolgeva i visitatori delle fiere e dei negozi, invitandoli a cantare in sessioni di karaoke improvvisate. Per la cronaca, Marcello ricorda ancora una fortunata serie di dimostrazioni in Sudamerica, dove si era fatto accompagnare da due eccellenti cantanti brasiliani che rendevano brillanti e affascinanti quelle esperienze.

Arranger Legacy | Roland RA-95

A metà degli anni 90, il dominio commerciale di Roland nel mercato degli arranger dilagava. La filiale produttiva di Acquaviva si poneva di fronte alla casa madre giapponese con orgoglio avendo dimostrato un settennio di vendite straripanti, al punto da far quasi impallidire i ricavi dei modelli giapponesi. Gli italiani avevano cucito attorno al generatore sonoro MT-32 (prima) e Sound Canvas (SC-55) poi, un corredo di stili di accompagnamento che aveva trasformato quegli oggetti di successo in una macchina con cui costruire sogni musicali e ottenendo una sequenza di trionfi planetari (NDA: ne abbiamo ampiamento parlato nella precedente puntata di Arranger Legacy dedicata a Roland PRO-E). I giapponesi avevano contribuito al progetto nel 1989 cimentandosi nella produzione di RA-50, che non era altro che una PRO-E incapsulata nelle forme di un expander: era nata così l’idea dei moduli arranger senza tastiera. Il progetto è stato poi riportato in Italia per seguire la forte evoluzione che si stava verificando ad Acquaviva Picena, dove, nel 1992, si annunciava il modello successore RA-90 e, due anni dopo, RA-95, oggetto della nostra puntata odierna. 

Roland RA-95

Mentre le tastiere a 61 tasti della serie E affascinavano prevalentemente il pubblico degli appassionati e dei giovani tastieristi, l’idea di disporre di un modulo leggero e compatto da affiancare a pianoforti e tastiere master era più attraente per i numerosi professionisti della musica dal vivo dell’epoca. Non è un caso che l’uscita di RA-95 è stata accompagnata dalla prima tastiera arranger Roland non amplificata (G-800), specificamente progettata per chi suonava centinaia di serate all’anno e, dalla cui evoluzione negli anni a seguire, germoglieranno in sequenza G-1000, VA-76, G-70 e BK-9 (che galleria formidabile di modelli, chi li ha suonati può immaginare a cosa mi riferisco). Per dover di cronaca, dobbiamo citare l’uscita – quasi contemporanea con RA-95 – di un altro modello, denominato RA-30: un modulo in formato desktop che si distingueva soprattutto per essere meno costoso e limitato dal fatto di non poter caricare stili nuovi. A quei tempi, Roland distribuiva anche l’accessorio KP-24 che permetteva di interfacciare i moduli della serie RA con un pianoforte acustico. La versione a 61 tasti di RA-95 si chiamava E-66 ed era uscita l’anno precedente. 

Ritornando a RA-95, il modello aveva migliorato il precedente RA-90 grazie all’espansione della polifonia (da 24 a 28 voci), dei timbri disponibili (da 128 a 241), dei kit percussivi (da 8 a 9). Ai 56 stili di accompagnamento Basic si erano aggiunti 56 stili classificati come Advanced, con la possibilità di caricarne altri 4 per volta grazie all’introduzione del Floppy Disk Drive che aveva definitivamente mandato in pensione il lettore delle costose card. 

Roland RA-95

L’usabilità degli arranger del tempo era strettamente basata su modalità d’uso alternative: ARRANGER MODE e SONG GM-GS. Il primo modo consentiva l’uso dello strumento con gli accompagnamenti in tempo reale; il secondo trasformava lo strumento di un expander pilotabile dall’esterno sulle 16 tracce MIDI oltre alla possibilità di mettere le basi MIDI in esecuzione dal Floppy Disk. A differenza di modelli precedenti, questa generazione di arranger Roland consentiva di suonare con le proprie mani le parti dal vivo mentre le basi MIDI erano in esecuzione. 

I nomi dei protagonisti che hanno creato RA-95 sono gli stessi che abbiamo citato nella puntata dedicata a Roland PRO-E: trattasi della squadra di Roland Europe di Acquaviva Picena guidata da Francesco Rauchi, Luigi Bruti e Roberto Lanciotti. Per l’elenco completo dei nomi, vi rinvio all’articolo già citato qui sopra

Ora, per completare la storia di RA-95, non vi resta che leggere gli altri contributi della squadra di Arranger Legacy: l’approfondimento tecnico dello strumento redatto da Giorgio Marinangeli, consultare la visione di insieme di Riccardo Gerbi su SM Strumenti Musicali e assistere alla demo di Marcello Colò che segue.