Avete presente quando entrate in un negozio di strumenti e, tra mille luci e tasti, il vostro sguardo finisce su una tastiera Yamaha esposta? Non è un caso. Sono lì da decenni, pronte a farsi suonare, a regalarvi un groove, a farvi sentire una star delle tastiere anche se state solo provando “Let it be” in Do maggiore. Dal 1980 ad oggi, le tastiere Yamaha non passano mai di moda: continuano a farci vibrare ed emozionare.
Ma non aspettatevi una roba noiosa tipo “negli ultimi 45 anni abbiamo fatto questo e quello…” No no, qui si respirano ricordi di emozioni musicali. Il sito è una sorta di macchina del tempo: si parte dai mitici PS-1, PS-2 e PS-3 (no, non le console, parliamo di tastiere!) e si arriva ai modelli attuali. Ci sono foto vintage, curiosità, e persino una timeline che ti fa dire “Ah, ma quella tastiera l’avevo suonata nel ’95!”. Tutta la cronologia dettagliata è sintetizzata qui: https://it.yamaha.com/it/products/contents/keyboards/pk_45th/chronology/1980/index.html (ma se volete compararla con quella globale, di tutti i produttori di tastiere arranger, allora dovreste farvi un giro anche qui: Cronologia degli arranger).
Interessante è la storia delle tastiere portatili per principianti, ma ancora più interessante per i lettori fedeli di questo blog è la pagina dedica agli arranger workstation. Troverete informazioni di prima mano su tantissime tastiere arranger di cui abbiamo spesso parlato in questo blog fra cui: PSR-6300, PSR-8000, PSR-3000 e i modelli delle serie PSR-S, PSR-SX, Tyros e Genos.
450 modelli. 60 milioni di tastiere. Una sola Yamaha.
Sì, avete letto bene. Yamaha ha sfornato più tastiere di quanto non sia riuscita a fare tutta la concorrenza. E ogni modello ha avuto il suo momento di gloria: nei salotti, nei garage e nei palchi dal vivo. Il bello di quelle pagine web è che non parla solo di tecnologia, ma di storie. Di persone che hanno iniziato a suonare per gioco e poi non hanno più smesso. Di genitori che hanno regalato una tastiera ai figli sperando di evitare la batteria. Di musicisti che hanno trovato in Yamaha un alleato fedele.
Che voi siate nostalgici, curiosi, o persone che hanno appena scoperto che “tastiera” non è solo quella del computer, questo sito vi farà sorridere, ricordare e magari… suonare. Visitate il sito e festeggiate anche voi i 45 anni di tastiere. E se dopo vi viene voglia di comprare una tastiera (Yamaha o della concorrenza)… beh, non dite che non vi avevo avvisato.
Nel 2022, Yamaha aveva stupito il mercato cinese lanciando ELA-1, un organo elettronico della serie Electone, che aveva rotto con il passato e che – agli occhi del mercato occidentale – sembrava piuttosto il risultato dell’incorporazione del modello PSR-SX600 entro il “corpo” di un Electone. Come molti di voi sanno, gli organi Electone sono molto popolari in Giappone e Asia in genere, dove occupano quella fascia di mercato che in Europa e nel mondo occidentale è occupata dagli arranger. Electone è molto più di un semplice strumento musicale: è un universo sonoro che ha rivoluzionato il concetto di organo elettronico sin dal suo debutto nel 1959. Con una combinazione di tecnologia avanzata, versatilità timbrica e design originale, gli organi Electone hanno conquistato generazioni di musicisti.
Yamaha ELA-1 (fonte: Yamaha China)
I modelli Electone si distinguono essenzialmente per essere organi non molto portatili, con due tastiere (manuale superiore per la parte melodica e inferiore per gli accordi utili per guidare gli stili di accompagnamento) e pedaliera per aggiungere linee di basso dinamiche, come in un organo a canne. Questa configurazione offre massima espressività e controllo armonico. Gli Electone hanno una forte tradizione in Giappone, con festival internazionali e scuole dedicate. È considerato sia uno strumento didattico sia adatto per le esibizioni dal vivo, adatto sia a principianti che a professionisti.
Il modello ELA-1, pur essendo nella forma un autentico organo Electone, nasconde al suo interno numerose caratteristiche tecniche coincidenti con PSR-SX600 come segue:
Tecnologia sonora: entrambi i modelli utilizzano la tecnologia di campionamento AWM (Advanced Wave Memory), hanno polifonia a 128 note e gestiscono le espansioni di voci e stili tramite Yamaha Expansion Manager.
Voci e stili: sono presenti in entrambi gli strumenti le voci Super Articulation, gran parte degli stessi stili di accompagnamento e banchi Multi Pad.
Funzioni intelligenti: l’accompagnamento si adatta dinamicamente alla performance (Unison & Accent) e la selezione rapida di voci per ogni accompagnamento sfrutta le memorie One Touch Setting (OTS).
Effetti e controllo: sembrano appartenere alla stessa famiglia di prodotti i DSP, riverbero e chorus, gli equalizzatori Master e Part EQ e la funzionalità di registrazione audio (WAV).
Connettività e funzioni moderne: vale per entrambi la compatibilità con Rec’n’Share l’app Yamaha fatta per registrare e condividere facilmente le proprie performance; ed inoltre i due modelli lavorano con lo stesso display a colori da 4.3″ (non touch) secondo logiche operative analoghe.
Yamaha PSR-SX600 (fonte yamaha.com)
Al giorno d’oggi, ELA-1 continua ad essere distribuito essenzialmente in Cina e Hong Kong, dove non sono venduti i modelli PSR-SX. Per l’Europa e l’Italia, vale PSR-SX600, strumento abbastanza economico e pensato per musicisti itineranti, tastieristi in home studio, insegnanti di musica, studenti, cantautori e intrattenitori Dance. Se volete saperne di più, consiglio la lettura di: Yamaha PSR-SX600: il mio test su SM Strumenti Musicali.
Vi lascio con una demo video di ELA-1: seguite bene il lavoro di Tenma Kawakami (talentuoso vincitore di numerose competizioni Electone) con il doppio pedale dell’espressione: noterete come, grazie a due controlli laterali del pedale destro, il musicista è in grado gestire in modo interattivo numerose funzionalità dello strumento (NDA: lo voglio anch’io!).
Nel mondo degli appassionati di arranger workstation, anche i sassi sanno che abitualmente Yamaha propone i modelli “in coppia”. Dallo scorso anno, ci sono PSR-SX920 e PSR-SX720: il prezzo del primo si posiziona poco sotto i 2000 euro, mentre il secondo si aggira intorno agli 1100 euro. Una differenza importante, che però non racconta tutta la storia. Perché il modello più economico dei due, PSR-SX720, ha molto da offrire — e in certi contesti potrebbe rivelarsi la scelta più interessante.
Fonte: Yamaha Keyboard Official
Cosa hanno in comune
Esteticamente e strutturalmente, i due modelli sono identici: stesso peso, stesse dimensioni, stesso colore. Ma le somiglianze non si fermano qui: 61tasti FSB (precisi, reattivi, niente a che vedere con le plastiche leggere di altri modelli nella stessa fascia di prezzo), schermo touch a colori (ampio e intuitivo), generatore sonoro AWM (potente e versatile), quattro parti suonabili in tempo reale e poi joystick, manopole per il Live Control, registratori MIDI e audio (WAV/MP3), Chord Looper, Style Creator, Playlist, assegnazioni personalizzabili e reset delle sezioni Style. PSR-SX720 è uno strumento valido, adatto sia allo studio sia al palco (con alcune restrizioni che vediamo ora).
Rinunce evidenti
Naturalmente, il prezzo più contenuto comporta qualche compromesso. Ecco le differenze che potrebbero far pendere l’ago della bilancia verso il modello superiore PSR-SX920: dal punto di vista dei suoni, PSR-SX720 offre 1377 voci e 56 drum kit, contro le 1587 voci e 63 drum kit di PSR-SX920; inoltre, mancano le Super Articulation 2, e cala il numero di Super Articulation+ (da 15 a 9), le voci Super Articulation (da 340 a 252) e le MegaVoice (da 82 a 54). Gli effetti lavorano su 8 blocchi Insert con 322 preset su PSR-SX720, contro i 13 blocchi e 358 preset (inclusi gli algoritmi VCM dal tono vintage) del PSR-SX920. E poi Vocal Harmony e Synth Vocoder sono presenti solo sul modello superiore per consentire armonizzazioni vocali automatiche e trasformazioni timbriche creative, altrimenti non disponibili. Sotto la prospettiva degli stili di accompagnamento, sono 450 su PSR-SX720 e 575 su PSR-SX920. Il modello minore può comunque attingere agli stili dei modelli precedenti o crearne di nuovi grazie allo Style Assembly. Sono assenti sul modello inferiore le uscite SUB OUTPUT: chi suona dal vivo potrebbe sentirne la mancanza, ad esempio per inviare i bassi a un subwoofer separato o per gestire strumenti specifici su una console esterna. E poi manca un’uscita video, questa è disponibile solo sul PSR-SX920, che si presenta come la scelta obbligata per chi fa karaoke o presentazioni live.
Fonte: Yamaha Keyboard Official
Differenze secondarie
Ci sono poi alcune diversità tecniche meno impattanti, ma che potrebbero fare la differenza per alcuni utenti fra i più esigenti: la memoria per caricare Expansion Pack è di 1GB sul modello minore, 2GB sull’altro. I banchi Multipad sono 349 contro 500. Gli stili audio sono supportati solo su PSR-SX920, non sembra una lacuna grave per PSR-SX720, visto che Yamaha non ha mai puntato molto su questa tecnologia. Il sistema audio integrato su entrambi consta di bi-amplificazione con 2 woofer e 2 tweeter, ma la potenza è di 30W sul PSR-SX720 e 40W sul PSR-SX920 (significa anche consumi ridotti per il modello minore, 21W contro i 24W del modello superiore).
Differenze trascurabili
Alcune differenze sono davvero marginali e non dovrebbero influenzare la scelta finale. Se il Bluetooth è assente sul modello minore, per ascoltare l’audio da uno smartphone o tablet, basterà un cavo mini-jack collegato all’ingresso AUX-IN. Se la memoria interna per i dati utente è di 1GB (contro 4GB), sarà sufficiente una memoria flah USB (anche da pochi euro) per espandere lo spazio senza problemi. Se una sola porta USB-to-Device è presente (contro 2 sul fratello maggiore), tuttavia si potrà fare ricorso ad un hub USB per collegare più dispositivi senza difficoltà.
Conclusione
PSR-SX920 è senza dubbio il modello più completo, pensato per chi cerca di più in termini di suoni, effetti e connettività. Ma PSR-SX720 non è affatto un ripiego: è uno strumento solido, ricco di funzioni, con un rapporto qualità/prezzo competitivo. E se, quindi, non avete esigenze particolari legate a uscite audio avanzate, invio segnale video a monitor esterno, armonizzatore vocale (Vocal Harmony), effetti vintage VCM, o una libreria sonora più vasta, PSR-SX720 potrebbe essere la scelta per chi è indeciso fra i due modelli. Una prova in un negozio di strumenti musicali fugherà tutti i vostri dubbi.
E ora godetevi la musica di questi due arranger grazie alle performance di Adam Berzowski, valido performer di Kraft Music.
Vi piacciono i confronti fra i modelli arranger? In passato in questo blog abbiamo pubblicato:
Ricordate le discussioni appassionate fra i sostenitori degli stili di accompagnamento basati su precise canzoni (Song Style) e quelli che preferivano sequenze più universali e pronte ad essere utilizzate in diversi contesti di ampio repertorio? Ne avevamo parlato la prima volta in occasione di questo articolo: Siete versatili o verticali? Era il 2017 ma l’argomento resta attuale.
I produttori di arranger hanno dato spesso spazio ai Song Style nei nuovi modelli, assumendo che quella fosse la richiesta prevalente del mercato. Ma, nel 2021, quando avevo rivolto a tutti voi lo stesso quesito come prima domanda nel sondaggio sugli arranger (ricordate?), a sorpresa era emersa la vittoria schiacciante da parte degli appassionati utilizzatori degli stili versatili (48%); gli estimatori dei c.d. Song Style – pur essendo molto attivi nei forum sul web – si sono rivelati essere una minoranza (solo 11%). Coloro che amano avere entrambe le possibilità raggiungevano un buon 41%.
Sembra quasi che Yamaha abbia considerato i risultati di quel sondaggio al momento di progettare l’uscita di Standard Style Collection, un pacchetto di 20 nuovi stili disponibili al download gratuito per quanti registrano un arranger fra i modelli a listino al giorno d’oggi: Genos2, PSR-SX920 oppure PSR-SX720. Ogni stile è offerto con 4 memorie One Touch. E poi ci sono 40 nuovi titoli di playlist da esplorare. Per registrarsi e ottenere l’accesso al download, fate clic su https://bit.ly/4k7wy78.
Ed ecco per voi le demo degli stili principali del nuovo pacchetto, registrate da Martin Harris, Deus Ex Machina degli arranger Yamaha.
Se ascoltate gli stessi stili nella demo Genos2, potrete percepire e valutare la differenza sonora con la serie PSR-SX.
La funzione Smart Chord di Yamaha rappresenta un’innovazione nel mondo delle tastiere arranger, disponibile su modelli come PSR-SX920, PSR-SX720 e PSR-SX600. Questa tecnologia consente di eseguire progressioni di accordi complessi in tempo reale, semplicemente suonando in sequenza le note fondamentali di ogni accordo: qualsiasi performance può essere trasformata in un’esperienza musicale ricca e coinvolgente, sorprendente per chi non ha una conoscenza approfondita della teoria musicale. Grazie a Smart Chord, ogni brano può acquisire sfumature più raffinate e una profondità armonica sorprendente, permettendo di trasmettere emozioni intense e di stupire il pubblico con sonorità inaspettate. Con l’aggiunta di accordi meno convenzionali, è possibile dare un tocco personale alla propria musica. Inoltre, abbandonando le progressioni tradizionali e sperimentando modulazioni e armonie avanzate, si mantiene viva l’attenzione degli ascoltatori e si rende ogni esecuzione più dinamica e avvincente. Con Smart Chord, la creatività si espande: ogni musicista può esplorare nuove dimensioni sonore e portare la propria espressione artistica a un livello superiore.
Fonte: Yamaha.com
Come funziona Smart Chord
Impostazione della tonalità: Per cominciare, dopo aver selezionato la diteggiatura Smart Chord, il sistema richiede la configurazione della tonalità della canzone. In questo modo la tastierà è in grado di conoscere in anticipo gli accordi da adottare.
Selezione del tipo di accordo: Tipicamente, scegliete se suonate il brano in modo maggiore o minore.
Scelta del repertorio: Ogni genere musicale ha le proprie regole. Potete scegliere fra Standard, Pop, Jazz, Dance e Basic.
Riconoscimento automatico degli accordi: Basta premere un singolo tasto e la tastiera genera l’accordo corretto proprio in base all’impostazione della tonalità, del tipo di accordo e del repertorio. Ad esempio: se avete dichiarato DO, maggiore e Jazz, premendo il tasto DO, il sistema riproduce un accordo complesso di DO maggiore con settima maggiore e nona aggiunta; invece, premendo il tasto FA, il sistema riproduce un accordo di FA sesta. sempre con nona aggiunta.
Integrazione con gli stili di accompagnamento: Questo riconoscimento (per quanto complesso) viene sempre riconosciuto dall’accompagnamento musicale. Lo stile in esecuzione si adatta automaticamente agli accordi generati e il risultato lascia sempre a bocca aperta.
Facilità d’uso: Smart Chord è attivabile tramite un pulsante dedicato ed è configurabile direttamente dal display dello strumento. Con due tocchi, è possibile suonare gli stili dell’arranger in modo così intenso da sorprendere soprattutto se stessi.
Fonte: manuale originale Yamaha
Nota bene | Non confondete Smart Chord con le diteggiature classiche ed elementari a singolo tasto del tipo Single Finger, Easy o One Finger: queste ultime, premendo il tasto di una nota, eseguono sempre lo stesso accordo (tipicamente in modo maggiore). Smart Chord invece, come abbiamo visto, suonando la stessa nota, potreste riprodurre accordi diversi e complessi, in base alla tonalità dichiarata e al repertorio selezionato. Tutta un’altra musica, insomma.
Differenze tra i modelli Yamaha
Pur essendo disponibile su PSR-SX920, PSR-SX600 e PSR-SX720, la tecnologia Smart Chord varia leggermente fra i tre modelli.
PSR-SX920: Versione avanzata con un algoritmo più preciso, opzioni di personalizzazione e un’interazione più sofisticata con gli stili di accompagnamento.
PSR-SX720: Funzionalità simili alla SX920, garantendo un’esperienza intuitiva e fluida.
PSR-SX600: Funzioni più basilari, con impostazioni semplificate rispetto ai due modelli superiori.
Prestate attenzione al fatto che Genos2 non offre la funzione di Smart Chord, probabilmente Yamaha l’ha esclusa dall’ammiraglia, in quanto è un prodotto progettato per musicisti più esperti, capaci di suonare gli accordi (anche i più complessi) con le proprie mani.
Nel 2002, Yamaha ha dato vita alla prestigiosa dinastia Tyros, una serie di modelli che ha rivoluzionato il mondo degli arranger per ben 15 anni. Cinque generazioni evolutive hanno ridefinito il modo di fare musica, diventando un punto di riferimento assoluto per musicisti e appassionati. Come ogni prodotto di punta, la serie Tyros offriva prestazioni di altissimo livello, giustificando pienamente il suo posizionamento sul mercato. I suoni strumentali campionati erano incredibilmente fedeli, un vero e proprio punto di forza per l’epoca. Il sistema di ingresso per microfono integrava una sofisticata armonizzazione vocale intelligente, basata sugli accordi eseguiti durante la riproduzione dei brani. Il display LCD reclinabile, il più avanzato mai visto su una tastiera musicale, garantiva un’esperienza visiva senza precedenti. Oltre a questo, Tyros offriva funzionalità che lo rendevano uno strumento estremamente versatile: l’uscita video per il karaoke, accompagnamenti brillanti e un riconoscimento degli accordi incredibilmente rapido. Tutti elementi che ne sancivano la superiorità tecnologica.
Non solo il sottoscritto, ma anche gli altri compagni del team Arranger Legacy hanno pubblicato oggi qualcosa di personale sulla serie Tyros. Mentre l’articolo che state leggendo riguarda il modello originale, i colleghi si sono concentrati piuttosto sul secondo modello, Tyros 2. Ogni contributo offre una prospettiva unica e approfondita: Riccardo Gerbi su SM Strumenti Musicali, Giorgio Marinangeli sul Blog omonimo e Marcello Colò su YouTube. Non perdete l’occasione di consultare i loro lavori e scoprire nuovi spunti!
Yamaha Tyros (2002)
Un capolavoro nato in Europa
Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, il progetto Tyros non è nato in Giappone, ma in Europa, sotto la direzione di Shinichi Ito, General Manager del centro R&D Yamaha di Londra con collaborazioni dalla sede tedesca di Rellingen (nelle periferie di Amburgo). La sua popolarità esplose in particolare nel Vecchio Continente, dove divenne un autentico fenomeno di mercato, con una concentrazione di vendite impressionante in Germania, imponendosi come un best-seller assoluto, mentre in Giappone, Tyros era totalmente sconosciuta e non era nemmeno in vendita come avevo potuto verificare di persona ad Hamamatsu in quegli anni.
Nel 2012, in occasione del decimo anniversario della serie, Shinichi Ito dichiarò: “Tyros ha preso vita dal design”. E in effetti, il suo aspetto estetico fece subito parlare di sé: la scocca esterna era radicalmente diversa da tutte le altre tastiere sul mercato. L’idea originale era quella di proporre uno strumento “leggero e attraente”, capace di conquistare non solo per il suo design innovativo, ma anche per la qualità sonora che avrebbe suscitato emozioni profonde. Yamaha mirava a ottenere una gamma timbrica fedele agli strumenti acustici, puntando su un suono capace di trasmettere brividi.
Un’eredità che continua a vivere
Il motore sonoro di Yamaha Tyros è stato adattato anche per altri strumenti musicali, come i pianoforti Clavinova della serie CVP, oltre ad essere implementato, con alcune modifiche, negli arranger workstation della serie PSR di fascia alta.
Oggi, la sua eredità continua sotto il segno della serie Genos, che ha già raggiunto la seconda generazione e prosegue nell’evoluzione tecnologica, mantenendo viva la filosofia che ha reso Tyros un’icona nel mondo musicale.
Un suono rivoluzionario
Sin dal primo modello, il livello di realismo sonoro era sorprendente: chiudendo gli occhi, distinguere i suoni campionati da quelli reali diventava una vera sfida. La scocca, costellata di pulsanti luminosi e intuitivi, garantiva un’interazione semplice e immediata. La maggior parte delle operazioni era spiegata con grande chiarezza nel manuale, rendendo Tyros uno strumento facile da padroneggiare, eccezion fatta per la programmazione degli stili, che richiedeva capacità tecniche e conoscenze approfondite della piattaforma.
Per conferire un’aura più professionale, Yamaha decise di escludere gli altoparlanti integrati, ma ebbe un’idea ancora più brillante: per l’uso domestico, offriva la possibilità di collegare il kit di amplificazione TRS-MS01 garantendo un’esperienza d’ascolto ottimale: grazie alle uscite separate per sinistra, destra e subwoofer, il sistema era studiato per offrire una resa sonora impeccabile, un dettaglio che fece davvero la differenza per chi cercava qualità e immersione totale.
Yamaha Tyros con set di amplificatori TRS-MS01 (fonte: web)
Un repertorio di stili attraente
Il repertorio di stili brillava per la sua freschezza. Gli accompagnamenti erano stati meticolosamente progettati per rispondere alle esigenze di due grandi scuole musicali: da un lato il gusto europeo, raffinato ed elegante, dall’altro il mondo americano, intriso di jazz, latin e pop. Dal punto di vista software, il file system era stato completamente rinnovato, garantendo una gestione semplice e flessibile rispetto alla concorrenza. I banchi di Registration erano tool utilissimi dal vivo in contesti professionali, mentre il Music Finder permetteva di individuare rapidamente la configurazione ottimale per suonare i brani al meglio. Il Song Creator si rivelava un sequencer MIDI potente e intuitivo, perfettamente integrato con gli stili, anche se con qualche piccolo limite funzionale. La fruibilità migliorata dello Score agevolava la lettura degli Standard MIDI File, rendendo l’esperienza musicale ancora più coinvolgente.
Suoni orchestrali di alto livello
Dal punto di vista sonoro, la wavetable offriva una straordinaria ricchezza di campioni in tutte le aree orchestrali. Il pianoforte acustico si distingueva per qualità e naturalezza, mentre la responsività dei pianoforti elettrici garantiva performance fluide ed efficaci. L’emulazione degli organi a drawbar era di ottimo livello, aggiungendo profondità alle esecuzioni. Per la prima volta comparivano le Mega Voice, una rivoluzionaria innovazione nel mondo degli arranger, che permetteva di ottenere accompagnamenti di chitarra estremamente realistici: ideali per la programmazione di stili e brani musicali, ma non pensate per essere suonate in tempo reale. La gamma orchestrale, dagli archi ai legni, fino agli ottoni, soddisfaceva ogni esigenza musicale, offrendo sfumature espressive infinite, dalle più intime e delicate alle più grandiose e imponenti. Il carattere internazionale delle percussioni non si adattava perfettamente alle preferenze italiane, dove il “tiro” (tipico – per esempio – degli arranger Ketron del periodo) era particolarmente apprezzato. Probabilmente per questo motivo, Tyros si affermò in Italia soprattutto come strumento da studio e da casa, piuttosto che per le performance live.
Yamaha non ha comunque mai nascosto che Tyros era stata progettata per musicisti professionisti che si esibiscono dal vivo: oltre al design più elegante, non includeva altoparlanti integrati, a differenza delle tastiere della serie PSR. Per migliorare la visibilità sui palchi poco illuminati, i pulsanti principali erano illuminati con LED, e alcuni altri pulsanti avevano LED nell’angolo in alto a sinistra. Questi e altri accorgimenti furono pensati per rispondere alle esigenze dei performer.
Copertina brochure originale di Yamaha Tyros (2002)
Un’icona che resterà nella memoria
Yamaha Tyros rappresentava un perfetto equilibrio tra innovazione e praticità, con un’ampiezza di funzionalità talmente vasta da rendere impossibile una disamina completa senza trascurare qualche dettaglio essenziale. Il suo punto di forza indiscusso? Un’esperienza musicale straordinaria, capace di regalare ore di puro piacere senza mai risultare ripetitiva. Ogni sessione di Tyros si traduceva in performance brillanti, degne delle più alte aspettative professionali. Un’icona del settore, destinata a essere ricordata a lungo.
PS: Segue la dimostrazione di Tyros 2 da parte di Marcello Colò: la seconda edizione della serie uscì nel 2005 introducendo alcune migliorie fra cui spiccavano tasti FSX, voci Super Articulation, espansione memoria RAM (1GB), supporto memorie USB al posto del floppy-disk e la possibilità di registrare audio su disco fisso interno.
Il 12 marzo scorso, Yamaha ha rilasciato un aggiornamento software per la propria ammiraglia fra i workstation arranger, Genos2. Questo aggiornamento ha introdotto miglioramenti mirati al comportamento di alcune funzionalità. In altre parole, si tratta di un piccolo passo avanti per arricchire ulteriormente l’esperienza d’uso. Se volete saperne di più di Genos2, vi consiglio di leggere il test che avevo pubblicato nel mese di maggio 2022.
La versione 1.2 include tre aggiornamenti software:
Questa è una finezza esecutiva: immaginate di aver attivato le tre parti sulla mano destra (Right1, Right2 e Right3) e una in split sulla mano sinistra (Left). Mentre suonate premete il pedale Sustain e, prima di rilasciarlo, disattivate alcune fra le parti di cui sopra: ebbene, ora Genos2 mantiene le note di quelle parti fino al rilascio del Sustain (disattivazione) rendendo più fluido e omogeneo il tappeto sonoro.
Una delle novità introdotte su Genos2 consente ai cursori (slider) di entrare in funzione al raggiungimento del valore attivo: in altre parole, il valore viene mantenuto finché la posizione del cursore non raggiunge il dato salvato evitando così sbalzi inattesi. Qualche musicista non deve aver apprezzato e Genos2 ora permette di scegliere grazie ad un parametro accessibile tramite [MENU] -> [Live Control] -> [Menu]. Il nuovo elemento di impostazione Slider Mode definisce il metodo di risposta dei cursori LIVE CONTROL. Chi vuole sfruttare la novità di Genos2 lascia il valore CATCH assunto per difetto, gli altri – quelli che erano a proprio agio con il comportamento della prima Genos – possono impostare il valore JUMP per modificare i valori dei cursori immediatamente al cambio sul pannello.
Il sistema operativo V1.2 ha modificato il comportamento relativo all’influenza del Pitch Bend sul suono Harmony (Vocoder) di Vocal Harmony, in modo che sia lo stesso di Genos. In breve, l’operazione di Pitch Bend influisce sul suono del Vocoder.
L’annuncio improvviso (ma non inatteso) dei giorni scorsi ha generato un’eco straordinaria sul web, dimostrando ancora una volta il potere della comunicazione digitale e l’importanza di una strategia di lancio ben orchestrata.
Fonte Yamaha
A distanza di cinque anni dal rilascio dei modelli precedenti, Yamaha rinnova la serie degli arranger workstation “di mezzo”.
PSR-SX920 è una workstation arranger che offre oltre 1.500 voci di alta qualità e 575 stili. Include le voci Super Articulation2 (S.Art2) e armonizzatore vocale.
PSR-SX720 è un modello leggermente più semplice ma comunque potente. Offre oltre 1.000 voci e 400 stili, rendendola ideale per musicisti che cercano la potenza dei modelli PSR-SX a costi più contenuti.
Entrambi i modelli rappresentano un discreto passo avanti nel graduale ed ostinato cammino di crescita delle tastiere arranger di Yamaha per musicisti di tutti i livelli. Il generatore sonoro è il classico AWM, le note di polifonia sono 128; tre timbri possono essere riprodotti in layer sulla mano destra e una quarta voce sulla mano sinistra. Fanno parte del patrimonio di entrambi i modelli la presenza di Chord Looper, Smart Chord, sequencer MIDI e Audio, schermo a colori di 7 pollici, effetti microfono/chitarra, Noise Gate, compressore, EQ a tre bande, Audio link su Multpad, Interfaccia USB-to-Host per traffico MIDI (no Audio!) e Playlist. Da Genos2, questi strumenti ereditano il Crossfade Portamento grazie al quale il suono passa dolcemente dalla nota suonata in precedenza alla nota successiva. Con Style Dynamics Control, è possibile regolare l’energia di ogni stile con un solo Live controller: da pianissimo a fortissimo.
Solo il modello superiore (PSR-SX920), oltre ad avere un numero superiore di risorse (leggete qui sotto per i dettagli), è dotato di armonizzatore vocale, uscita video (richiede adattatore USB), Bluetooth e area di memoria atta ad ospitare gli stili audio scaricabili tramite la app Expansion Explorer. Anche gli altoparlanti di bordo sono più possenti (15W+10Wx2 contro 15Wx2). Tutto il resto sostanzialmente equivale fra i due nuovi modelli.
Ora vediamo insieme le differenze principali di PSR-SX920 rispetto il predecessore PSR-SX900:
Caratteristica
PSR-SX900 Obsoleto
PSR-SX920 Nuovo!
Quindi…
Peso
11,5 kg
11,6 kg
Poco più pesante
Numero di voci
1.337 Voci, 56 Drum/SFX kit 480 Voci XG
1.587 Voices 63 Drum/SFX kit 480 Voci XG
250 voci in più
Voci speciali
0 S.Articultation2 0 S.Articultation+ 252 S.Art! 54 Mega Voices 24 Organ Flutes
Il recente lancio di nuovi arranger nell’area delle tastiere di primo ingresso ha evidenziato un elemento comune che merita attenzione. Non so quanti di noi l’abbiano notato. Roland Go:Keys 3 (e Go:Keys 5), come Yamaha PSR-E383 (e PSR-EW320) includono interessanti funzionalità per la riproduzione di sequenze degi accordi.
Queste funzionalità, già presenti da anni negli arranger di fascia alta, stanno ora diffondendosi anche nei modelli meno costosi. I più attenti fra i lettori di questo blog sicuramente ricordano l’approfondimento che avevo dedicato all’argomento nel gennaio 2020, durante il confronto ravvicinato fra il Chord Looper di Yamaha PSR-SX900/Genos e il Chord Sequencer di Korg Pa700, Pa1000, Pa4X.
Non mi pare sia solo una coincidenza il fatto che i produttori stanno investendo risorse nello sviluppo di nuovi trattamenti per l’uso delle sequenze di accordi. La possibilità di dare in pasto agli stili degli arranger una progressione di accordi prestabilita consente un vantaggio importante per i musicisti più esperti: quello di avere entrambe le mani libere per suonare la tastiera in tempo reale. Immaginate di suonare una parte pianistica senza l’obbligo di dover pensare a suonare una triade armonica per comunicare all’arranger il cambio di accordi in tempo reale. Oppure di essere assorti in un impegnativo assolo di synth lead. Un’altra opportunità d’uso è quella rielaborare una canzone per adattarla a una vasta gamma di generi senza modificare la progressione degli accordi, semplicemente cambiando lo stile. Per i meno esperti, immaginate quanto possa essere semplificata la propria esecuzione quando i cambi di accordo avvengono sempre a tempo, misura per misura. E magari con accordi complessi che non sono ancora parte delle proprie abilità esecutive.
Roland Go:Keys 3
Il Chord Sequencer presente in Roland GO:KEYS 3 e 5 offre caratteristiche interessanti: dispone di 304 pattern disponibili che possono essere personalizzati, salvati e poi reimportati tramite memoria USB, rendendo illimitato il numero di progressioni gestibili sullo strumento. Il cambio di accordo può essere registrato a livello di misura o di singolo beat. La ricerca all’interno dei diversi pattern può essere facilita assegnando un contrassegno (tag) a ciascun elemento. È possibile salvare il valore del Transpose degli accordi da -11 a +11.
Si offre con grande facilità d’uso l’Auto Chord Play consegnato nella dotazione standard di Yamaha PSR-E383/EW320: in questo caso, i pattern disponibili sono soltanto 50. I cambi d’accordo possono essere impostati ogni due misure, ogni misura oppure ogni due beat. Le progressioni standard di serie coprono la stragrande maggioranza delle sequenze in uso dai brani più famosi. Dal manuale d’uso non si evince come modificare le progressioni standard e come crearne di nuove.
Yamaha PSR-EW320
Al di là di questi modelli di recente uscita, vale la pena ricordare che Yamaha Genos2 include il Chord Looper derivato da PSR-SX900 e Genos originale. Con l’hardware più recente, Genos2 offre due comodi pulsanti fisici per controllare la registrazione e la ripetizione delle progressioni di accordi. Apprezzabile particolarmente la possibilità di mantenere attiva la sequenza di accordi durante il cambio in tempo reale degli stili, senza interrompere la riproduzione. Questo consente di eseguire medley infiniti con una varietà di ritmi e arrangiamenti, mantenendo comunque una progressione armonica coerente. Genos2 include le sequenze di accordi più classiche per generi come Popular Pop, Pop Alternative, 80s Pop, 50s Doo-Wop, 12 Bar Blues, Andalusian Cadence, The Canon e Mixolydian. Sono disponibili in tutte e 12 le tonalità. Per la cronaca, manca la possibilità di far ripartire dall’inizio una progressione di accordi ad ogni cambio di variazione (Main A, B, C, D).
Yamaha Genos2
Le Chord Sequences rilasciate su Korg Pa5X nel 2022 sono andate ad aggiornare la funzionalità equivalente che era presente nella generazione precedente dei Professional Arranger (Chord Sequencer in Pa700, Pa1000 e Pa4X). La più recente ammiraglia di casa Korg è in grado di applicare le progressioni di accordi distintamente su uno dei due Player dello strumento. Il display offre un controllo accurato della sequenza degli accordi e del loro stato esecutivo. I pattern di accordi preset (oltre 200 unità in una varietà di repertorio che spazia dal pop al jazz) non possono essere modificati; sono però disponibili locazioni di memoria USER per la creazione di pattern personali. Le progressioni memorizzate sono associabili a stili, ad elementi del SongBook o semplicemente accessibili da una libreria dedicata.
Per concludere, vi invito alla visione di questo video registrato da Woody Alan per il suo celebre canale Woody Piano Shack. Potrete apprezzare le notevoli profondità musicali degli arrangiamenti presenti in Korg Pa5X mentre Woody si limita a sfruttare semplicemente le Chord Sequences.
In una dimensione parallela, nel regno musicale dove oggi risplende la memoria degli appassionati di tastiere arranger, c’è un posto speciale che ospita il ricordo di Yamaha PSR-6300, strumento dai contorni leggendari. Non era solo una tastiera, ma un portale magico per un’epoca dimenticata: gli anni ’80, un periodo così raffinato e affascinante che sembrava uscito da una commedia musicale. PSR-6300, con i suoi pulsanti colorati e il design che gridava in quegli anni “Guardatemi, sono il futuro!”, sembrava una meraviglia della tecnologia. Sotto il suo coperchio fantascientifico, nascondeva una tastiera sensibile al tocco che poteva farti sentire come il re della pista da ballo o il protagonista di un film d’azione anni ’80. Con una valida gamma di suoni, dal pianoforte elettrico che permetteva di esprimerti come un vero e proprio rocker da strada al synth che ti faceva pensare di essere un astronauta del futuro, PSR-6300 sapeva come trasportarti in mondi musicali impensati. E la sua funzione di accompagnamento automatico? Quella band virtuale era pronta a suonare al tuo comando e, sebbene in quegli anni gli stili Yamaha non fossero competitivi come quelli di oggi, avevano un loro perché di significativo per i tempi.
Yamaha PSR-6300
Yamaha PSR-6300 rappresenta una tastiera digitale di rilievo nel panorama musicale, la sua uscita nel 1986 è contemporanea al modello di punta dei synth Yamaha, DX7 Mk II. L’evento ufficiale di introduzione dei due modelli al mercato italiano è avvenuto nel mese di settembre 1987 in un’ambiente fiabesco presso il Grand Hotel Baglioni di Firenze, dove Riccardo Burattini fece una spettacolare presentazione di questo arranger in pompa magna. Si narra che, a livello globale, PSR-6300 abbia trovato ampio utilizzo tra numerosi musicisti professionisti, tra cui spiccano nomi illustri come Herbie Hancock, Chick Corea e Jean-Michel Jarre.
Serie Portatone: gli arranger Yamaha degli anni ottanta
Caratterizzato da una tastiera di dimensioni standard composta da 61 tasti dinamici, PSR-6300 offriva una vasta gamma di funzionalità avanzate per l’epoca. Tra queste spiccava un sequencer integrato a cinque tracce che consentiva una notevole flessibilità nella creazione e nell’organizzazione di composizioni musicali complesse. Tutto questo tenendo conto che il General MIDI era ancora di là a venire. Ritenuto il fiore all’occhiello delle tastiere portatili Yamaha nella seconda metà degli anni 80, PSR-6300 vantava un valido rapporto qualità-prezzo, posizionandosi come una scelta di valore per i musicisti professionisti e gli appassionati di musica alla ricerca di prestazioni affidabili e di alta qualità.
Fabbricata in Giappone, PSR-6300 si distingueva per la robustezza e il design unico che permetteva alla tastiera di chiudersi completamente per un facile trasporto. Un’idea derivava dal genio italiano di Mario Bellini che aveva già disegnato il case del modello precedente PSR-6100 vincendo il premio internazionale Good Design Award 1984.
Mario Bellini suona Yamaha PSR-6300
Grazie ad un’ampia capacità di sintesi del suono, PSR-6300 metteva a disposizione del musicista una discreta gamma di suoni, tra cui pianoforti acustici ed elettrici, organi, archi, ottoni e sintetizzatori. Il generatore sonoro consentiva l’utilizzo di tre voci in layer (Upper Orchestra, Lower Orchestra e Solo). Il suo design esterno era caratterizzato da un colore grigio antracite con un pannello di controllo principale pieno di pulsanti e cursori, mentre 4 display LED si illuminavano segnando il tempo. I due speaker erano laterali rispetto i 61 tasti. PSR-6300 non era considerato un “giocattolo”, ma uno strumento serio per gli appassionati di musica.
Le caratteristiche chiave di Yamaha PSR-6300 includevano la possibilità di creare i propri accompagnamenti (8 locazioni in aggiunta alle 48 preset), unità effetti con Chorus, Duet, Trio, Portamento e Sustain, rotella pitch bend e rotella di modulazione. Queste caratteristiche rendevano PSR-6300 uno strumento versatile e apprezzato sia dagli appassionati di musica che dai professionisti.
Una funzione rivelatrice fu la Rhythm Step Light. Fino a quel momento, per creare e registrare accompagnamenti originali, i programmatori musicali dovevano selezionare un pattern ritmico di base e suonare l’accompagnamento in tempo reale mentre il pattern era in esecuzione. La risoluzione era di trentaduesimi, quindi se il timing era impreciso o se si iniziava a programmare prima di aver definito le frasi, si rischiava di confondersi con i propri ritmi e finire in un vicolo cieco. La funzione Rhythm Step Light rese possibile inserire ritmi anche senza eseguirli in tempo reale. In effetti, la funzione Rhythm Light fu rivoluzionaria perché sfruttava il concetto distintivo delle tastiere portatili: usare i tasti per inserire dati. Sopra i tasti della PSR-6300 erano stampate le icone delle voci percussive. I numeri da 1 a 32 erano stampati sopra i tasti della metà sinistra: ogni tasto rappresentava un passo in due misure di sedicesimi (16 × 2 = 32) e poteva essere usato per inserire il numero corrispondente. Ad esempio, per inserire un suono di grancassa su ogni quarto, l’utente teneva premuto il tasto della grancassa sulla destra e poi premeva i tasti 1, 5, 9, 13, 17, 21, 25 e 29 sulla sinistra. I tasti numerati della PSR-6300 funzionavano esattamente come le schermate a matrice delle drum machine. Gli schermi LCD non erano ancora diffusi, quindi offrire un’interfaccia utente di questo tipo richiedeva pulsanti e interruttori dedicati. In quel contesto, usare i tasti al posto dei pulsanti fu un colpo di genio. Dietro l’adozione di questo metodo di input “non in tempo reale” c’era l’intento di Yamaha di rendere la musica accessibile a più persone, e anche l’influenza del fenomeno DTM (Desktop Music), che sarebbe esploso negli anni successivi. Da quel momento in poi, le tastiere portatili non sarebbero più state solo strumenti da suonare nel senso tradizionale, ma anche strumenti di produzione musicale.
Con il coperchio chiuso, PSR-6300 era pienamente trasportabile
L’esperienza d’uso di PSR-6300 potrebbe sembrare un po’ datata, ma a chi importa oggi se permette l’accesso a così tanta nostalgia? Yamaha PSR-6300 è stata un’icona del regno musicale degli arranger, un simbolo che faceva divertire e ballare allo stesso tempo. E anche se ora è solo un ricordo del passato, la sua leggenda perdura, e mi piace immaginarla ancora oggi in azione nelle feste in cui gli amanti degli anni ’80 si riuniscono per ballare e ridere di quella indimenticabile era musicale.
Ora, per completare la storia di PSR-6300, non vi resta che leggere gli altri contributi della squadra di Arranger Legacy: l’approfondimento tecnico dello strumento redatto da Giorgio Marinangeli, consultare la visione di insieme su SM Strumenti Musicali di Riccardo Gerbi (lettura più che mai interessante stavolta grazie al prezioso intervento del mitico Luca Pilla in persona) e assistere alla demo di Marcello Colò che segue.