Devo dire che, contrariamente a molte opinioni lette online, questa lunga attesa non mi ha mai lasciato completamente perplesso. D’altronde, nel 2022 il centro di sviluppo di Korg Italy ha avviato una fase cruciale di transizione: lo storico team capitanato da Francesco Castagna, insieme ai suoi fidati collaboratori tra cui Andrea Bernardelli, è andato meritatamente in pensione. Questa svolta ha richiesto tempo al reparto R&D per riorganizzarsi e ripartire con una nuova energia. È proprio per questo che l’intero processo di sviluppo, particolarmente complesso e intenso, ha inevitabilmente richiesto più tempo del previsto.
In altre parole, il ritardo nel completare la piattaforma dell’ammiraglia arranger di casa Korg non è stato solo dovuto al fatto che l’azienda italo-giapponese ha riscritto da capo tutto il sistema operativo su un’architettura hardware rinnovata, ma anche (e direi soprattutto) al fatto che il centro R&D di Korg ha vissuto questo cambio generazionale molto impattante e le nuove risorse hanno avuto bisogno di tempo per padroneggiare tutto il software e farsi carico dei nuovi sviluppi.
C’è poi un dato incoraggiante: la casa-madre giapponese Korg continua a credere negli arranger studiati e prodotti in Italia. Quando la generazione che aveva gettato le fondamenta dell’azienda marchigiana nel 1996 – prima con Korg iS40, poi con il successo mondiale di Pa80 e ben 4 generazioni di Professional Arranger – ha lasciato il testimone, Korg non ha seguito l’esempio di Roland (che nel 2013 decise di smantellare il proprio centro R&D di Acquaviva Picena). Al contrario, ha scelto di investire e rinnovare, confermando la sede marchigiana come cuore pulsante del progetto internazionale.
Ora non ci resta che sperare che questa lunga attesa si traduca in risultati tangibili per tutti i musicisti che hanno scelto – e continueranno a scegliere – di suonare Korg Pa5X.
Attenzione! Il contenuto di questo articolo non rappresenta l’opinione dell’autore di TastiereArranger.com
Per capire quali sia la percezione diffusa sul web rispetto le tastiere arranger del momento, ho deciso di combinare diversi strumenti di Intelligenza Artificiale per analizzare il tema. L’obiettivo? Ottenere una fotografia chiara e sintetica di cosa piace e cosa no, modello per modello. E la loro popolarità.
Disegnato con AI
Ho interrogato l’AI con tre domande molto dirette:
Qual è la caratteristica più apprezzata di ogni modello di tastiera arranger? Ho considerato una sola risposta per strumento: quella più citata negli ultimi 12 mesi. Non chiedetemi ora di ricostruire la fonte di ogni opinione: anche se spesso lo strumento di AI citava le sorgenti dei dati, non sono in grado di associare ogni risposta ad uno specifico sito analizzato.
Qual è l’aspetto meno gradito? Anche qui, una sola risposta, la più ricorrente.
Quanto è popolare ogni modello? Ho ricostruito un indice di popolarità basato sul numero di citazioni online, sempre riferito all’ultimo anno.
Ne è nato un elenco ordinato per popolarità, dal modello più popolare a quello meno presente online. Per ogni arranger, c’è la risposta secca alle tre domande: cosa piace, cosa meno e quanto è popolare.
Siete sorpresi? Io personalmente sì. Innanzitutto, dall’indice di popolarità. E poi non mi sarei mai aspettato alcune valutazioni: non le condivido tutte, alcune per nulla e altre parzialmente. Alcune osservazioni delle colonne Piace/Non piace – secondo me – non corrispondono al vero in termini oggettivi; tuttavia, è quella la percezione che è emersa dal web durante la mia ricerca. Prendiamone atto.
Insomma, credo che i dati riportati qui sopra non vadano presi alla lettera. Sono indicatori che possono orientare, ma non possono stabilire un giudizio definitivo. Del resto, vale il disclaimer che compare in tutte le pagine di intelligenza artificiale: “Il contenuto generato dall’IA potrebbe non essere corretto“. Vale sempre, anche in questo caso.
Nel mondo degli appassionati di arranger workstation, anche i sassi sanno che abitualmente Yamaha propone i modelli “in coppia”. Dallo scorso anno, ci sono PSR-SX920 e PSR-SX720: il prezzo del primo si posiziona poco sotto i 2000 euro, mentre il secondo si aggira intorno agli 1100 euro. Una differenza importante, che però non racconta tutta la storia. Perché il modello più economico dei due, PSR-SX720, ha molto da offrire — e in certi contesti potrebbe rivelarsi la scelta più interessante.
Fonte: Yamaha Keyboard Official
Cosa hanno in comune
Esteticamente e strutturalmente, i due modelli sono identici: stesso peso, stesse dimensioni, stesso colore. Ma le somiglianze non si fermano qui: 61tasti FSB (precisi, reattivi, niente a che vedere con le plastiche leggere di altri modelli nella stessa fascia di prezzo), schermo touch a colori (ampio e intuitivo), generatore sonoro AWM (potente e versatile), quattro parti suonabili in tempo reale e poi joystick, manopole per il Live Control, registratori MIDI e audio (WAV/MP3), Chord Looper, Style Creator, Playlist, assegnazioni personalizzabili e reset delle sezioni Style. PSR-SX720 è uno strumento valido, adatto sia allo studio sia al palco (con alcune restrizioni che vediamo ora).
Rinunce evidenti
Naturalmente, il prezzo più contenuto comporta qualche compromesso. Ecco le differenze che potrebbero far pendere l’ago della bilancia verso il modello superiore PSR-SX920: dal punto di vista dei suoni, PSR-SX720 offre 1377 voci e 56 drum kit, contro le 1587 voci e 63 drum kit di PSR-SX920; inoltre, mancano le Super Articulation 2, e cala il numero di Super Articulation+ (da 15 a 9), le voci Super Articulation (da 340 a 252) e le MegaVoice (da 82 a 54). Gli effetti lavorano su 8 blocchi Insert con 322 preset su PSR-SX720, contro i 13 blocchi e 358 preset (inclusi gli algoritmi VCM dal tono vintage) del PSR-SX920. E poi Vocal Harmony e Synth Vocoder sono presenti solo sul modello superiore per consentire armonizzazioni vocali automatiche e trasformazioni timbriche creative, altrimenti non disponibili. Sotto la prospettiva degli stili di accompagnamento, sono 450 su PSR-SX720 e 575 su PSR-SX920. Il modello minore può comunque attingere agli stili dei modelli precedenti o crearne di nuovi grazie allo Style Assembly. Sono assenti sul modello inferiore le uscite SUB OUTPUT: chi suona dal vivo potrebbe sentirne la mancanza, ad esempio per inviare i bassi a un subwoofer separato o per gestire strumenti specifici su una console esterna. E poi manca un’uscita video, questa è disponibile solo sul PSR-SX920, che si presenta come la scelta obbligata per chi fa karaoke o presentazioni live.
Fonte: Yamaha Keyboard Official
Differenze secondarie
Ci sono poi alcune diversità tecniche meno impattanti, ma che potrebbero fare la differenza per alcuni utenti fra i più esigenti: la memoria per caricare Expansion Pack è di 1GB sul modello minore, 2GB sull’altro. I banchi Multipad sono 349 contro 500. Gli stili audio sono supportati solo su PSR-SX920, non sembra una lacuna grave per PSR-SX720, visto che Yamaha non ha mai puntato molto su questa tecnologia. Il sistema audio integrato su entrambi consta di bi-amplificazione con 2 woofer e 2 tweeter, ma la potenza è di 30W sul PSR-SX720 e 40W sul PSR-SX920 (significa anche consumi ridotti per il modello minore, 21W contro i 24W del modello superiore).
Differenze trascurabili
Alcune differenze sono davvero marginali e non dovrebbero influenzare la scelta finale. Se il Bluetooth è assente sul modello minore, per ascoltare l’audio da uno smartphone o tablet, basterà un cavo mini-jack collegato all’ingresso AUX-IN. Se la memoria interna per i dati utente è di 1GB (contro 4GB), sarà sufficiente una memoria flah USB (anche da pochi euro) per espandere lo spazio senza problemi. Se una sola porta USB-to-Device è presente (contro 2 sul fratello maggiore), tuttavia si potrà fare ricorso ad un hub USB per collegare più dispositivi senza difficoltà.
Conclusione
PSR-SX920 è senza dubbio il modello più completo, pensato per chi cerca di più in termini di suoni, effetti e connettività. Ma PSR-SX720 non è affatto un ripiego: è uno strumento solido, ricco di funzioni, con un rapporto qualità/prezzo competitivo. E se, quindi, non avete esigenze particolari legate a uscite audio avanzate, invio segnale video a monitor esterno, armonizzatore vocale (Vocal Harmony), effetti vintage VCM, o una libreria sonora più vasta, PSR-SX720 potrebbe essere la scelta per chi è indeciso fra i due modelli. Una prova in un negozio di strumenti musicali fugherà tutti i vostri dubbi.
E ora godetevi la musica di questi due arranger grazie alle performance di Adam Berzowski, valido performer di Kraft Music.
Vi piacciono i confronti fra i modelli arranger? In passato in questo blog abbiamo pubblicato:
Dimenticate i soliti testi didascalici. Marcello Colò e Riccardo Gerbi, con questo secondo volume, ci portano dietro le quinte con stile e passione. È un racconto sulle avventure e disavventure di chi ha vissuto tra circuiti e tastiere, in un’Italia che ha creato strumenti elettronici unici e che il mondo ha ammirato (e suonato). Lo stile letterario è per metà intervista per l’altra metà album dei ricordi. Ancora una volta, dopo il successo del primo volume, si respira l’aria delle fiere storiche, dei laboratori col profumo di saldature e sogni, ci si ritrova in conversazioni schiette con pionieri dimenticati, tra genio e casualità. Ogni pagina è punteggiata da immagini, documenti e note che sanno di vissuto. Riccardo riprende in mano la storia professionale di Marcello e lo porta a dar notizia di uomini e prodotti che hanno contribuito a rendere grande il Made in Italy musicale nel mondo. Non si fa accademia: si racconta, si riflette, si sorride. Si ritorna a parlare – e questa volta con approfondimenti e dettagli molto interessanti che nel primo volume non si erano visti – dei momenti gloriosi di CRB Elettronica, GEM (alias Generalmusic), Korg e Ketron. È il racconto di chi ha visto e vissuto, senza troppi fronzoli ma con cuore vero.
Per la cronaca, gli Autori del libro hanno citato il sottoscritto e altri comuni amici protagonisti di tastiere arranger in diverse pagine: gli sono ovviamente grato. Del resto con Marcello e Riccardo e l’aggiunta di Giorgio Marinangeli abbiamo vissuto negli ultimi tre anni una bellissima esperienza con i racconti di Arranger Legacy.
Il libro è disponibile su Amazon (alla data odierna, il prezzo è di 15,60 euro in versione cartacea, 4 euro in versione digitale per Kindle). È un libro imperdibile per chi ha avuto tra le mani un synth e se n’è innamorato. Per chi è curioso di scoprire l’Italia che ha inventato, restando dietro le quinte. È per chi ama le storie raccontate bene, con quel pizzico di malinconia e tanta dignità.
Sin dal giorno in cui mi sono seduto per la prima volta davanti a una tastiera arranger ed ho suonato i primi due accordi… la meraviglia di sentire un’intera band che prendeva vita intorno a me ha fatto scattare una passione che non è finita oggi, a distanza di anni. L’effetto di un arranger non si limita a produrre suoni: li veste, li anima, li trasforma in musica vera. È riduttivo pensare agli arranger come a semplici macchine per inesperti al debutto o per rassegnati in pensione: al contrario, sono partner creativi, compagni invisibili capaci di interpretare ciò che suonate e anticipare ciò che volete. Basta un giro armonico, qualche nota e il motore algoritmico che li anima fa il resto, costruendo ritmi, armonie, strutture coerenti. È una sensazione quasi cinematografica: da solista, ci si ritrova dentro un ensemble completo. E la bellezza è che tutto accade in tempo reale, fluido, senza interruzioni. Quanto più il musicista è talentuoso, tanto più straordinario è il risultato.
La ricchezza delle tastiere con accompagnamenti sta nella loro versatilità: c’è musica per tutti, dal funk al jazz, dal pop alla musica tradizionale, dalle ballate acustiche alle sonorità techno. La varietà stilistica è così ampia che ogni sessione diventa un viaggio sonoro — e l’algoritmo non si limita ad applicare pattern, ma li modella in base a ciò che si suona, rendendo ogni scelta musicale coerente e personale. Potete suonare un arranger da soli, ma nulla vi vieta di suonarlo con la vostra band, sfruttando i suoi pattern in maniera complementare rispetto gli altri strumenti.
Fonte: Casio Music Gear
Gli arranger educano l’orecchio, allenano la mente musicale, stimolano la creatività. Suonare con un arranger significa immergersi in un contesto musicale vivo, ricevere risposte immediate, e crescere senza sentirsi mai soli. E poi, si può sperimentare. Modificare ritmi, accordi, dinamiche. Interagire. L’algoritmo non impone: accompagna, reagisce, amplifica. È come avere al fianco un musicista telepatico che sa sempre cosa si voglia fare.
Sul palco, l’alleanza uomo-macchina continua. Gli arranger sono affidabili e reattivi. Offrono intro, stacchi, finali perfettamente sincronizzati con la nostra esecuzione, elevando le performance live con eleganza e precisione. Non invadono, ma impreziosiscono.
In fondo, ogni arranger racchiude un universo che parla il linguaggio della musica e della creatività. Non rimpiazzano il musicista, lo esaltano. Aprono orizzonti nuovi, rendono accessibili processi complessi, trasformano ogni idea in una canzone. Che voi siate un aspirante compositore, un insegnante, o un performer sul palco, oggi è più facile che mai fare musica senza confini.
Allora, perché non provare? Magari è proprio un arranger a trasformare la vostra prossima improvvisazione in qualcosa di indimenticabile. Cercate l’arranger più vicino alle vostre esigenze e alle vostre tasche: Prezzi di riferimento degli arranger e poi recatevi in un negozio di strumenti musicali per la prova diretta.
Ricordate le discussioni appassionate fra i sostenitori degli stili di accompagnamento basati su precise canzoni (Song Style) e quelli che preferivano sequenze più universali e pronte ad essere utilizzate in diversi contesti di ampio repertorio? Ne avevamo parlato la prima volta in occasione di questo articolo: Siete versatili o verticali? Era il 2017 ma l’argomento resta attuale.
I produttori di arranger hanno dato spesso spazio ai Song Style nei nuovi modelli, assumendo che quella fosse la richiesta prevalente del mercato. Ma, nel 2021, quando avevo rivolto a tutti voi lo stesso quesito come prima domanda nel sondaggio sugli arranger (ricordate?), a sorpresa era emersa la vittoria schiacciante da parte degli appassionati utilizzatori degli stili versatili (48%); gli estimatori dei c.d. Song Style – pur essendo molto attivi nei forum sul web – si sono rivelati essere una minoranza (solo 11%). Coloro che amano avere entrambe le possibilità raggiungevano un buon 41%.
Sembra quasi che Yamaha abbia considerato i risultati di quel sondaggio al momento di progettare l’uscita di Standard Style Collection, un pacchetto di 20 nuovi stili disponibili al download gratuito per quanti registrano un arranger fra i modelli a listino al giorno d’oggi: Genos2, PSR-SX920 oppure PSR-SX720. Ogni stile è offerto con 4 memorie One Touch. E poi ci sono 40 nuovi titoli di playlist da esplorare. Per registrarsi e ottenere l’accesso al download, fate clic su https://bit.ly/4k7wy78.
Ed ecco per voi le demo degli stili principali del nuovo pacchetto, registrate da Martin Harris, Deus Ex Machina degli arranger Yamaha.
Se ascoltate gli stessi stili nella demo Genos2, potrete percepire e valutare la differenza sonora con la serie PSR-SX.
La notizia è sicura ma la data ancora incerta. Non abbiamo ancora una previsione ufficiale del giorno di rilascio, ma il 24 giugno scorso il sito ufficiale di Korg ha confermato l’imminente uscita della versione 1.4.0 del sistema operativo di Pa5X.
Sin dal primo annuncio nel giugno 2022, l’assenza di funzioni importanti si era fatta notare e l’attesa era divenuta febbrile. Cinque aggiornamenti si sono susseguiti nei tre anni a seguire ma, salvo la versione 1.3.0, tutti gli altri erano poca cosa rispetto i desideri degli appassionati. Finalmente, le acque si sono smosse con l’anteprima al NAMM nel mese di gennaio di quest’anno, che per molti è suonata come una promessa di un qualcosa di importante che era ‘quasi pronto’. Le funzionalità mostrano chiaramente che si tratta di un aggiornamento sostanzioso, una sorta di Pa5X Next (ricordate?).
Il nuovo Recording Studio (fonte: korg.com)
Per i pochi a cui è sfuggita la notizia, ripropongo qui i contenuti principali in arrivo:
Il nuovo Quick Record: porta il nome di Recording Studio e (auspichiamo) finalmente dovrebbe consentire la registrazione di basi MIDI sfruttando i pattern degli stili.
Il nuovo Sequencer: sarà chiamato Full Song Edit e include l’editing avanzato e totale dei brani MIDI.
La riedizione di Style Creator Bot utile per convertire i file MIDI in stili, con la speranza che vada a coprire le lacune della versione precedente, prevedendo funzioni di personalizzazioni così come abbiamo visto fare in Yamaha MIDI Song to Style.
La possibilità di personalizzare a piacere l’ordinamento delle risorse utente e delle icone.
Una funzionalità che copia e scambia i Keyboard Set fra le diverse voci del SongBook.
E De-Esser, nuovi effetti per la voce per il microfono collegato alla porta dedicata.
Il nuovo Full Song Edit (fonte: korg.com)
Fa ovviamente piacere vedere cosa è finalmente in dirittura d’arrivo – ma è innegabile che la lunga attesa abbia messo alla prova la pazienza dei clienti: sia quelli che hanno acquistato l’ammiraglia di casa Korg dal 2022 ad oggi, sia quelli che attendevano questo rilascio per passare al nuovo modello. In sintesi: bene l’annuncio, benissimo le nuove funzioni, ma ora serve concretezza. Gli utenti sono pronti, ispirati, e forse anche un po’ affaticati dall’incertezza. Speriamo che la prossima comunicazione sia finalmente quella decisiva, con una data chiara e ravvicinata.