Storie di uomini, donne, tirocinanti ed artisti affermati – 2 di 8


Sconosciuta – Roma, 2008

Un paio d’anni fa ero nella hall di un albergo romano. Era sera e ci stavamo gustando un aperitivo dopo una lunga giornata di lavoro. Si parlava del più e del meno mentre una ragazza dolce e carina, la ricordo ancora con i capelli sciolti sulle spalle, un abito di seta nera con le spalle scoperte, si avvicina all’angolo degli strumenti, accende la strumentazione e, dopo qualche minuto inonda la sala con le prime note della celebre Green Onions di Booker T., Steve Cropper e compari. E’ la frazione di un attimo. Un frammento di armonia e tutti noi siamo abbagliati dalla grazia dell’istante. L’aperitivo agita lievemente il pomo d’Adamo di noi presenti, mentre sorseggiamo le nostre bevande e la musica ci ha già conquistati.

Alla fine del brano un applauso breve ma intenso. La ragazza ci sa fare con la musica. Mentre il brano successivo è già partito, osservo critico la strumentazione. Mi chiedo: in Green Onions ho sentito il suono di un organo Hammond originale, la ritmica pulsava brillante e sussultante secondo le nostre attese; il suono del basso era pastoso, per quanto potesse essere tale un suono digitale; ma soprattutto era l’impasto sonoro che era bello, così grasso e vivace da farti credere che la ragazza avesse messo in playback il CD originale. E invece no: lei ha le mani posate sulla tastiera e improvvisa facendoci intuire con chiarezza che la traccia dell’organo è tutta farina del suo sacco, in tempo reale.

Ed è allora che mi sono avvicinato e, senza dare nell’occhio, ho cominciato a studiarmi gli strumenti in dettaglio (NDA: anch’io quando suonavo in pubblico, ho sempre odiato quei momenti in cui si avvicinava qualcuno e cominciava a farmi la radiografia della tastiera, del microfono, degli amplificatori, eccetera: quindi mi sono avvicinato in modo discreto, non volevo farmi notare). Torniamo a noi: mi aspettavo chissà quale workstation autorevole o clone elettromeccanico. Ed invece quella ragazza non nascondeva nulla di particolare: suonava semplicemente un’arranger workstation.

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I primi utilizzatori professionali di un arranger sono i musicisti da piano bar. La raffinatezza di alcuni stili è tale che il musicista capace di suonare con le mani riesce a dare vita ad esecuzioni appassionanti. Questi strumenti offrono molte possibilità, da un semplice accompagnamento di piano o percussioni, ad un’orchestra completa. E’ inoltre possibile arricchire gli stili esistenti con esecuzioni personali: potete aggiungere un tocco speciale con brevi frasi ritmiche o melodiche richiamabili facilmente ottenendo un’esecuzione variegata e professionale.

Alcuni arranger dispongono poi di una sezione che emula l’organo Hammond con tanto di tiranti (drawbar), effetto Leslie e vibrato: seppure non raggiungano la completezza dei cloni degli organi elettromeccanici originali, tuttavia gli arranger permettono l’esibizione dal vivo utilizzando i suoni di questo organo ormai un classico nel blues, soul, rock, jazz, gospel e in tantissima musica di qualità.
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Ed eccovi qui, l’originale: Booker T. & MG nella mitica Green Onions! Godetevelo!

2 di 8 – Continua prossimamente su questo blog (la storia precedente è qui: 1 di 8)

3 pensieri su “Storie di uomini, donne, tirocinanti ed artisti affermati – 2 di 8

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