Alle 9:30 in punto, Lucio apriva il negozio come un rituale sacro. Girava la chiave, entrava, e la campanella trillava con la stessa energia di uno studente di liceo il lunedì mattina alle 8. “Buongiorno anche a te, cara solitudine,” borbottava, mentre accendeva le luci e dava un’occhiata ai suoi strumenti — tutti lì, immobili, come in attesa di un miracolo o almeno di un cliente.
Il negozio era un paradiso per chi amava i tasti: pianoforti digitali, synth, arranger con più funzioni di un telecomando della NASA. Ma da qualche tempo, sembrava più un santuario abbandonato. Le tastiere prendevano polvere come fanno le promesse non mantenute. I display lampeggiavano per noia. Lucio li guardava e sospirava: “Ragazzi, se non vi suona nessuno, almeno fate finta di essere in modalità demo.”
I sabati, un tempo pieni di giovani aspiranti Jordan Rudess, erano diventati così tranquilli che Lucio pensava di affittare lo spazio per corsi di meditazione. “Respira. Visualizza. Ignora il fatto che nessuno entra.”
La musica, diceva lui, non era morta. Si era solo trasferita su TikTok. Bastava un filtro per sembrare Mika e un’app per sentirsi Lang Lang. E chi aveva più voglia di sbagliare un accordo davanti a un vero strumento?
Certo, c’era l’online. Il sito riceveva qualche ordine, qualche domanda tipo: “Avete pianoforti compatibili con Alexa?” o “Spedite anche in Molise?” Ma nessuno chiedeva più: “Posso sentire i suoni del nuovo Korg?”— domande che Lucio adorava, perché gli permettevano di fare quello che gli riusciva meglio: parlare troppo e vendere con passione.

Poi, un sabato pomeriggio, la campanella suonò. Entrò una signora con il figlio. Lei aveva l’aria di chi aveva litigato con la pioggia e perso. Il ragazzino, occhi grandi e dita nervose, si fermò davanti a un pianoforte digitale e chiese: “Posso provarlo?”
Lucio si illuminò. “Certo! Vuoi anche lo sgabello o preferisci suonare in stile ninja?”
Jacopo — così si chiamava — si sedette con la serietà di un chirurgo. Premette un tasto. Poi un altro. Il suono usciva incerto, come se il pianoforte stesse decidendo se collaborare. Dopo qualche tentativo, trovò un accordo semplice. Lo ripeté. E ancora. E ancora. Lucio lo osservava in silenzio, cercando di non interrompere il momento con una battuta. Ma era dura.
La madre si avvicinò e raccontò che Jacopo era introverso, parlava poco, ma si era fissato con i video di pianisti su YouTube. “Non so se è solo una fase,” disse, “ma se c’è qualcosa che lo fa aprire… io ci provo.”
Lucio le consigliò un modello di tastiera semplice, robusto, con tasti pesati e suoni di qualità. Fece uno sconto, ma non lo disse. “Offerta segreta per giovani talenti,” pensò. Quando uscirono, Jacopo si voltò e disse: “Grazie. Torno quando so suonare.”
Lucio ci pensava spesso. Quel tipo di incontro era raro come un cliente che legge le istruzioni sui manuali. Ma era successo. E gli ricordava perché lavorava in quel negozio: per vendere strumenti, sì, ma anche per vedere occhi che si accendono.
Il traffico online cresceva, certo. Ma lentamente. E poi vendere tastiere senza sapere chi le avrebbe suonate… era come vendere scarpe senza sapere se il cliente ha i piedi.
Quella sera, mentre chiudeva, Lucio si fermò davanti alla vetrina. Le luci della città si riflettevano sui tasti di un pianoforte Yamaha, come se anche loro stessero aspettando qualcuno. “Forse la musica non è morta,” pensò. “Forse si è solo presa una pausa caffè.” E lui, in quel negozio silenzioso, era ancora lì. Come un accordo sospeso. Ma con il pedale del sustain premuto e il sorriso pronto.

La musica si trasforma, si adatta ai tempi, ma non muore mai perchè l’uomo senza musica non può vivere.
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L’Autore del testo si distingue per l’uso sapiente di metafore armoniose. Si può parlare, senza esitazione, di un trionfo della fantasia esercitata con maestria.
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Bello, mi fa tornare in mente l’atmosfera del negozietto di strumenti musicali del mio amico, negli anni 90 sempre pieno di gente che voleva provare questo o quello strumento, negli ultimi anni, sempre più vuoto… mi mancano i sabati passati in quel negozietto… che ora non c’è più.
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