Roland E-80, la mia recensione

Gratis per tre giorni e senza impegno la E-80 a casa mia!
La mia recensione
Renatus
r.renatus@gmail.com
Immersione totale
Scrivo questi appunti dopo tre giorni d’immersione totale con la Roland E-80. Lo confesso: non appena
ho scoperto l’iniziativa di Roland Italy, mi sono messo in lista per avere quest’arranger in prova per tre
giorni a casa mia. Devo riconoscere che è stata per me una proposta utilissima e straordinaria. Sono così
soddisfatto che ora mi sento in obbligo di condividere con voi il resoconto di questo test approfondito.
Certo, tre giorni sono volati in fretta e sono consapevole di non essere riuscito a provare tutte le
possibilità offerte da questo gioiello. Per ragioni di tempo, ho dovuto, infatti, operare delle scelte: tra le
cose che non ho potuto provare a fondo ci sono la catena degli effetti, l’EQ, il VIEWER, il VOCAL
HARMONIST, la PLAYLIST, il D-BEAM e chissà quant’altro. Ma la ricchezza e la qualità mozzafiato di
questo prodotto mi hanno travolto e ora non so se sarò in grado di raccontarvi tutto in modo esaustivo.
Premetto che userò la mia gloriosa Yamaha Tyros come punto di riferimento e di paragone: non lo farò
nell’intento di stabilire quale sia il migliore arranger (dovreste già sapere che per me non è esiste e non
può esistere il miglior strumento musicale in assoluto), ma soltanto per chiarire le differenze fra i due
prodotti e meglio illustrare le mie considerazioni.
Primo approccio
La Roland E-80 mi viene consegnata in una custodia morbida ma molto professionale con tanto di ruote
che facilitano il trasporto. Ed è un bene, perché la prima cosa che mi colpisce è il peso: ventidue
chilogrammi! Quando arrivo a casa, dispongo la tastiera sul cavalletto, collego il cavo di alimentazione
dopo aver cercato un adattatore “shuko” (cara Roland, ma non siamo in Italia?) e la accendo. Il senso di
solidità dello strumento è imperiale: la scocca è massiccia e compatta. Mi concentro sul TOUCH SCREEN:
è molto comodo, anche se risponde alquanto lentamente e non sembra particolarmente sensibile. Dopo
qualche tentativo, deduco che è necessario prenderci la mano. Poco male.
Osservo il floppy-disk e, con disappunto, costato che manca una porta per le comodissime penne USB. Al
contrario, un aspetto tecnico che merita un grande applauso è il pulsante SPEAKER OFF che consente di
disabilitare gli amplificatori senza la necessità di infilare un jack nell’ingresso della cuffia. Non solo: qui
sono disponibili addirittura due ingressi per le cuffie, come succede di regola solo nei pianoforti digitali
per uso didattico (una cuffia per l’allievo e una per il maestro).
Noto che il volume generale della E-80 è molto alto. Molto più alto della mia Tyros. Non escludo sia solo
un effetto dovuto alla grandissima qualità degli amplificatori.
Questione di stili
Cerco le categorie degli stili e sono attirato subito da una categoria che si chiama “Live Band”. Il nome è
stuzzicante e non posso fare a meno di analizzarla come prima cosa. Richiamo il primo stile “Strummlin’
Pop”, ma non faccio tempo a chiudere la prima canzone che mi ritrovo a sfogliare le funzioni
d’impostazione generali della tastiera. Devo, infatti, spostare il punto di split: Roland lo pone sul tasto
1
immediatamente sotto il DO centrale (precisamente su B3), ma è molto meglio impostarlo sotto il SOL
dell’ottava inferiore (quindi F#2). Come del resto insegna Yamaha; i Rolandiani mi scuseranno.
Dopo aver sistemato lo split, riparto con il test della sezione arranger e dopo qualche stile casuale, trovo
che il riconoscimento degli accordi sia davvero semplice ed efficace. Non solo: il fingering standard della
E-80 è il più immediato fra tutti quelli disponibili: è adottato anche in casa Korg e stupisce che Yamaha
invece non l’abbia ancora adottato. Mistero.
Prima di raccontarvi le mie esperienze con alcuni stili, vorrei rilevare alcuni aspetti tecnici:
· Ogni stile prevede ben 4 INTRO, 4 MAIN e 4 ENDING, con tanto di FILL IN. Data la ricchezza di
pattern disponibili, a mio modesto avviso, avrei aggiunto qualche pulsante in più per pilotare
l’arranger: mi riferisco soprattutto a INTRO ed ENDING che hanno un solo pulsante a testa,
costringendo a pigiare anche il pulsante della variazione MAIN per stabilire quale sequenza
richiamare. Non sarebbe più comodo avere quattro pulsanti specifici, uno per ciascun INTRO ed
ENDING?
· Osservo con soddisfazione che è possibile cambiare stile durante l’esecuzione dell’ENDING, senza
che quest’operazione anticipi il nuovo stile selezionato: questa è una grande comodità perché
favorisce nell’essere pronti a suonare lo stile successivo senza ansia. Questa cosa non è possibile
nella mia Tyros e spesso mi succede che lo stile successivo parta senza che io ne sia
consenziente. Roland ha fatto la scelta giusta in questo caso.
· Ogni stile parte dopo i quattro battiti di attesa: non sono riuscito a capire come si fa a rimuovere
questa battuta di attesa. Ho anche cercato sul manuale. Invano. Probabilmente non sono stato
abbastanza paziente da capire come si fa (tre giorni passano in un attimo!).
La sezione di stili “Live Band” è sinceramente la mia preferita: “The Unplugged”, “Amazing Gospel” e
“Guitar Shuffle” catturano tutta la mia attenzione. La sensazione è quella di pilotare davvero una band
dal vivo, autentica e brillante. Anche la sezione “Rock” è molto realistica, anche se in taluni casi è troppo
fracassona per i miei gusti. Ho provato a lungo lo stile “Joe’s Rock” che è stato evidentemente costruito
per suonare il celebre successo di Joe Cocker “You Can Leave Your Hat On”, dove rimango colpito dagli
ottimi pattern associati ai “Fill in”. Gli stili “Country” sono finiti nell’area “World” (uh! Finalmente una
visione della musica non americano-centrica). Gli stili “Bossa/Samba” sono separati da quelli “Latin”, ma
la separazione non è stata fatta con sufficiente cura, visto che qualche stile “Latin” è stato impostato
nella categoria sbagliata. La sezione “50’s & 60’s” è ottima per una serata in cui si voglia divertire il
pubblico: “Baby Rock’N” è lo stile giusto per “Just A Gigolo” del mitico Louis Prima, mentre “Rock’N
Slow” è destinato a un’esibizione torrida di “Sweet Home Chicago” (ricordate tutti i Blues Brothers,
vero?). “Jazz Blues” è la categoria cui dedico gran parte del tempo delle mie prove: peccato che la varietà
degli stili sia ridotta rispetto le mie attese personali (forse la Tyros mi aveva viziato in proposito): in
questa sezione lo stile “Jimmy’s Groove” si rivela come il compagno ideale delle mie serate. La categoria
“Contemporary” include lo stile che mi ha catturato più di ogni altro: ho suonato lo stile “Soul” per quasi
un’ora senza smettere, improvvisando senza riguardi. Lo stile è così vicino alle mie corde che non riesco a
smettere facilmente: che cosa c’è di più divertente che usare un arranger per improvvisare? Nella
categoria “16 Beat”, mi soffermo sullo stile “Lovely Ballad”, dove è un piacere indugiare con la melodia di
“Isn’t She Lovely” di Stevie Wonder. Fra gli “8 Bit” mi capita di suonare “Heart Beat” che è lo stile ideale
per darci dentro con “Sultans of Swing” dei Dire Straits (confesso però che devo ancora migliorare la
mia tecnica prima di riuscire a essere convincente; nonostante ciò, il divertimento per chi suona è
assicurato). Alla fine della carrellata di stili, rifletto sul fatto che il liscio nostrano è alquanto trascurato.
Suonare il pianoforte
Dopo gli stili, non posso fare a meno di cavalcare lungo la teoria dei suoni. Rimango subito impressionato
dalla qualità dei pianoforti e degli organi. Il “Natural Piano” è sicuramente incantevole, ricco e,
soprattutto, sincero: è un suono molto lontano da quello Yamaha (che adoro), soprattutto nelle ottave
centrali, anche se non saprei se questo distacco sia soltanto un effetto soggettivo dovuto alla presenza di
tasti decisamente più professionali. Preso dall’entusiasmo, comincio a suonare con vigore sfruttando la
dinamica di una tastiera eccezionale: osservo che il suono perde naturalezza quando picchio sui tasti.
Anche le tastiere soffrono. Il “Classic Piano” mi colpisce per il gusto antico del suo suono. Osservo che
altre voci sono precostituite mettendo in sovrapposizione due campioni: se teniamo poi conto che esiste
sempre la possibilità di porre in “layer” altre parti da tastiera (UP1, UP2, UP3, LW1, LW2 e MBS), direi
che le possibilità sono ben più ampie di quanto si possa chiedere. Il pianoforte elettrico “Vintage EP1” è
quasi perfetto, se non fosse quell’effetto di campanellino che sottende nell’aria, se posso fare proprio il
pignolo! Il “Pro Stage 1” suona diverso da come dovrebbe risultare un pianoforte da palco, ma devo
riconoscere che suona davvero bene; quello che non mi convince è il clic dell’attacco: troppo accentuato o
troppo digitale, non saprei. “Phase EP” è scarno ma notevole, sebbene il suo gemello in casa Yamaha sia
2
quello che prediligo. Mi diverto a provare “Wurly 1”, sebbene non mi sembri molto fedele nella
riproduzione degli indimenticabili Wurlitzer. Anche il “Clav.1” è brillante ed efficace quanto basta.
Suonare l’organo
Dopo un’indigestione di pianoforti, passo agli organi. E qui gli aggettivi si sprecano. Il bellissimo “B3
Sermon” è quella variazione di Hammond di cui ho sempre sete: il feeling Gospel brucia sotto le mia dita
al punto giusto, perché questo è il suono d’organo standard che cerco sempre in ogni tastiera e che
finalmente ho trovato. Per la cronaca Tyros non l’ha! Dopo mezzora di delirio, decido di cambiare suono
e passo all’organo “Blues Perc”, dove trovo ancora una volta pane per i miei denti. E che dire poi di “All
Skate!”: m’innamoro immediatamente del clic percussivo che appare all’attacco del tasto. I suoni
d’organo di questa E-80 sono una miniera inesauribile. Arrivo allo sbuffante “Heavy Traffic” e ho esaurito
le mie forze. Quando passo agli organi liturgici più classici, provo un senso di controversia: dai suoni
ripieni come “Church Org. 1” mi aspettavo di più, mentre dai suoni più dolci e tenui come “Organ Flute”
ritrovo tutto il mio entusiasmo. Mi soffermo a lungo sugli organi, tutte le varianti sono realistiche: “Rock”
“Jazz Organ”, “Perc Organ”, “Red Organ”, “Rotary”, “L-Organ”… non ho più fiato.
Dopo una sbornia così colossale, tento una prova comparativa su una sequenza di tiranti classica, quella
che per me rappresenta il punto di partenza: imposto le barre su “8-5-7-7-0-4-2-1-0”, disattivo le
percussioni e il vibrato e metto il “Rotary” in Slow. Quindi suono. Poi ripeto la stessa impostazione sulla
Tyros e suono. Sorpresa! L’arranger Yamaha si avvicina di più al mio gusto personale. Strano, avrei
detto il contrario: del resto se a questo punto dovessi nominare la sezione organi preferita, non avrei
dubbi e direi Roland E-80, grazie alla varietà, alla ricchezza e alla naturalezza dei suoni di fabbrica.
Tuttavia, su questo specifico confronto singolo di una variante impostata manualmente, trovo che sia
vero il contrario e che Tyros si avvicini di più alle mie preferenze. Sono confuso: forse dovrei lavorare
sugli effetti. Non riesco però a trattenermi oltre e corro a provare qualcos’altro.
Altri suoni
Passo alle fisarmoniche, quelle che il costruttore dichiara come derivate dal V-Accordion. A dire il vero i
campioni non mi sembrano eccellenti. Tuttavia suonano bene, davvero bene. Forse è merito degli ottimi
amplificatori. Non saprei.
La prima voce di chitarra classica “Nylon Gt. 1” proprio non mi va giù. E’ molto meglio il secondo “Nylon-
Str.-Gt”, dove il suono scorre molto più naturale e fluido. Non riesco a trattenere la mia curiosità e volo a
provare il famigerato GUITAR MODE di cui avevo letto lodi e consensi. Dopo vari tentativi e dopo la trilettura
del manuale credo di aver intuito quello che non avevo capito. Il GUITAR MODE non è uno
strumento di controllo delle sequenze MIDI chitarristiche, come potrebbe essere il MultiPad in casa
Yamaha. E’ invece una tecnica pianistica per ottenere arpeggi o pennate di chitarre. La tecnica è
notevolmente singolare e richiede un periodo di addestramento dedicato, soprattutto per rendersi conto
che nel GUITAR MODE i tasti non corrispondono alle note. Ad esempio, nella modalità di arpeggio, il Do
non è un Do ma piuttosto un Mi e le note che seguono non rappresentano la scala di Do, ma piuttosto le
sei corde della chitarra secondo l’accordatura tradizionale Mi-La-Re-Sol-Si-Mi. In altre parole il Do è un
Mi, il Re è un La, il Mi è un Re e così via. Confusi? Dai, non è difficile! Con l’ottava più bassa è possibile
simulare i suoni delle dita sulle corde o della mano sul manico o sul corpo della chitarra. La mano destra
invece può essere usata per suonare le pennate: tuttavia è necessario suonare il tasto giusto (uno per
ogni tipo di pennata) a tempo come se fosse una vera chitarra. Insomma: tutti dicono che è facile
imparare. Io sono davvero limitato tecnicamente, perché non sono riuscito ad ottenere una sequenza
decente! Sicuramente il GUITAR MODE è uno strumento potente. Ma bisogna imparare a suonarlo!
Cambiamo categoria di suoni. Passando al “Violin” ho notato l’accentuazione del vibrato, mentre per gli
archi in genere ho subito colto la classica pasta Roland. Nell’area “Vocal” ho trovato voci stupende. E qui
devo riconoscere che Roland surclassa Yamaha. “Warm voices” sembra uscito da un disco di Enya,
come del resto “SynVoxPad”, con la differenza che quest’ultimo ha una traccia più sintetica. Adoro poi
“Fm Mm Srt” ottimo per i richiami spirituali che evoca. Non riesco ad abbandonare in fretta il test di
queste voci: la loro bellezza è trascinante, “Real Choir”, “Jazz Scat”, “ChorusLahs” e “ChorusAahs”. E’ poi
un piacere suonare “Silent Night” mentre “Jz Voice” è straordinario sulle ottave basse. Finalmente arrivo
ai “Brass”, dove noto come Roland abbia prediletto un set di voci molto pop e molto digitali. Sono molto
professionali ma non mi entusiasmano le voci di sax, le trombe e i legni. Noto con curiosità che Roland
ha messo in gioco i propri cavalli di battaglia nell’area “Drums” e mi diverto a risentire il suono di una
TR-808 e di tutta la famiglia. Bei tempi andati!
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Standard MIDI file
Ora passiamo a qualche base. Il primo dischetto che trovo è quello che avevo trovato nella defunta rivista
“MIDI Songs” e che includeva il MIDI file di “Crazy” di Gnarls Barkley. La prova è parallela fra E-80 e
Tyros. La base suona divinamente bene su entrambi gli arranger, ma sulla Roland il sax risulta più
naturale e il mix sembra fatto su misura. In effetti, la cosa conferma il fatto che le basi standard sono di
casa in ambiente Roland GS. Cambio la base e provo subito la sensazione opposta: in effetti, una
canzone costruita dal bravissimo guru Yamaha, il canadese Ian McNeill suona splendidamente sulla
Tyros e appare poverella sulla E-80… Non mi scoraggio per niente e riprovo con la base di un sucessone
country come “Achy Breaky Heart” di Billy Ray Cyrus; qui il confronto è vincente per la E-80, dove
l’impatto sonoro risulta di gran lunga più aggressivo. Per finire con le basi, passo a un classico delle sale
da ballo come il paso doble di “Espana Cani”: questa volta il giudizio si capovolge, perché questa base è
più omogenea e convincente sulla Tyros.
Utilità
Viene il tempo di dedicarsi a MUSIC ASSISTANT, una caratteristica che permette di richiamare facilmente
lo stile più adeguato in base al titolo della canzone. Come succede nel Music Finder di casa Yamaha,
anche qui Roland ha preferito registrare i titoli delle canzoni famose con perifrasi insolite ancorché simili
al titolo originale. Boh, io queste cose non le ho mai capite. Come non capisco come mai anche Roland
abbia commesso lo stesso peccato rendendo disponibili due funzioni diverse per memorizzare le
impostazioni di tastiera: in effetti, Yamaha prevede il Music Finder e le Registration, mentre Roland
prevede MUSIC ASSISTANT e USER PROGRAM: possibile non prevedere uno strumento di
memorizzazione unico, flessibile, robusto e coerente? Mah!
Ho poi provato anche STYLE COVER e SONG COVER e li ho trovati molto piacevoli. Il tempo è volato
mentre simulavo le infinite possibilità: il modello più divertente in assoluto è “A cappella” e permette
soluzioni molto simpatiche. Fra le altre possibilità ho riscontrato risultati vincenti con “Live Band”,
“Acoustic”, “Techno”, Rock”, “Pop”, “Classic” (orchestra) e “Celtic”. Una piccola critica: i pulsanti ONE
TOUCH sono esclusi dalle cover, peccato.
Per chi scrive la musica
Veniamo al sequencer E-80, una funzione dal nome complicato: 16-TRK SEQ. Il software mi attrae
immediatamente, grazie al look accattivante dello schermo, dove è bello scorrere le sedici tracce. Metto
la canzone in playback e provo a spostarmi su LYRICS & SCORE e scopro che la cosa non è possibile.
Provo a compiere l’operazione al contrario, spostandomi dalla pagina LYRICS a 16-TRK SEQ e anche qui il
passaggio mi viene impedito. Apro la pagina MICRO EDIT e mi assicuro che sia possibile controllare ogni
singolo evento con risultato positivo. Provo ad avviare il PLAYBACK per seguire lo scorrere degli eventi,
ma anche quest’operazione mi viene impedita. Non desisto e navigo nel software alla ricerca delle
possibilità rese fruibili dalla casa giapponese e sono favorevolmente colpito dall’uso della rotella che
permette di cambiare facilmente traccia dopo aver fatto clic sullo schermo nel campo “Track 1”. Carino!
Ma rimango ancor più entusiasta nello scoprire il punto esatto dove il 16-TRK SEQ di Roland supera il
SONG CREATOR di Yamaha: è nella funzione TRACK EDIT. Sì: finalmente posso cancellare facilmente
una misura, copiare, effettuare modifiche massive su una traccia (GLOBAL CHANGE), agire sul GATE
TIME e variare la dinamica di un’intera traccia o su un segmento di misure.
E per chi legge la musica
Per quanto riguarda la pagina LYRICS, la qualità del video è perfetta e il testo scorre con precisione. Gli
accordi sono calcolati in automatico ed appaiono appena in tempo a video: l’accordo corrente e quello
successivo. La pagina SCORE è molto essenziale, non ha purtroppo nulla di comparabile con l’eleganza
della stessa funzione presente nei prodotti Yamaha. In entrambi i casi, Roland non lascia cambiare
pagina manualmente e questo fatto impedisce di leggere i testi o lo spartito a PLAYBACK fermo. E questo,
per me è una mancanza dolorosa.
Conclusioni
Tre giorni sono passati davvero in fretta e ora dovrei trarre le conclusioni. Che dirvi? La Roland E-80 mi
ha conquistato e, se non fosse per il peso e le dimensioni esagerate, avrei confermato l’acquisto. Ma in
questo momento non penso ancora di cambiare la mia amata Tyros, piuttosto vorrei affiancarla con un
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arranger più leggero e portabile, che mi possa portare dietro durante le prossime vacanze estive. In
questo senso non mi resta che provare la più minuta Roland E-50, nella speranza che il produttore
giapponese non abbia “tagliato” troppo sulla qualità dello strumento.
Ringrazio Roland Italy e mi congratulo con loro per questa geniale iniziativa di marketing che mi ha
permesso di provare con calma nella mia casa questo superbo gioiello di arranger. Un’idea innovativa che
consentirà a molti musicisti di avvicinarsi a questo arranger e, come spero, di muovere il mercato degli
strumenti musicali.
Ringrazio anche Marco del negozio Scavino di Torino per la sua gentilezza e disponibilità: mi ha
facilitato le operazioni di prenotazione e di prestito con grande professionalità.
Chissà che quest’idea non diventi un’abitudine standard per tutti i produttori musicali?
Torino, 12 giugno 2007

Roland E-80Immersione totale

Scrivo questi appunti dopo tre giorni d’immersione totale con la Roland E-80. Lo confesso: non appena ho scoperto l’iniziativa di Roland Italy, mi sono messo in lista per avere quest’arranger in prova per tre giorni a casa mia. Devo riconoscere che è stata per me una proposta utilissima e straordinaria. Sono così soddisfatto che ora mi sento in obbligo di condividere con voi il resoconto di questo test approfondito.

Certo, tre giorni sono volati in fretta e sono consapevole di non essere riuscito a provare tutte le possibilità offerte da questo gioiello. Per ragioni di tempo, ho dovuto, infatti, operare delle scelte: tra le cose che non ho potuto provare a fondo ci sono la catena degli effetti, l’EQ, il VIEWER, il VOCAL HARMONIST, la PLAYLIST, il D-BEAM e chissà quant’altro. Ma la ricchezza e la qualità mozzafiato di questo prodotto mi hanno travolto e ora non so se sarò in grado di raccontarvi tutto in modo esaustivo.

Premetto che userò la mia gloriosa Yamaha Tyros come punto di riferimento e di paragone: non lo farò nell’intento di stabilire quale sia il migliore arranger (dovreste già sapere che per me non è esiste e non può esistere il miglior strumento musicale in assoluto), ma soltanto per chiarire le differenze fra i due prodotti e meglio illustrare le mie considerazioni.

Primo approccio

La Roland E-80 mi viene consegnata in una custodia morbida ma molto professionale con tanto di ruote che facilitano il trasporto. Ed è un bene, perché la prima cosa che mi colpisce è il peso: ventidue chilogrammi! Quando arrivo a casa, dispongo la tastiera sul cavalletto, collego il cavo di alimentazione dopo aver cercato un adattatore “shuko” (cara Roland, ma non siamo in Italia?) e la accendo. Il senso di solidità dello strumento è imperiale: la scocca è massiccia e compatta. Mi concentro sul TOUCH SCREEN: è molto comodo, anche se risponde alquanto lentamente e non sembra particolarmente sensibile. Dopo qualche tentativo, deduco che è necessario prenderci la mano. Poco male.

Osservo il floppy-disk e, con disappunto, costato che manca una porta per le comodissime penne USB. Al contrario, un aspetto tecnico che merita un grande applauso è il pulsante SPEAKER OFF che consente di disabilitare gli amplificatori senza la necessità di infilare un jack nell’ingresso della cuffia. Non solo: qui sono disponibili addirittura due ingressi per le cuffie, come succede di regola solo nei pianoforti digitali per uso didattico (una cuffia per l’allievo e una per il maestro).

Noto che il volume generale della E-80 è molto alto. Molto più alto della mia Tyros. Non escludo sia solo un effetto dovuto alla grandissima qualità degli amplificatori.

Questione di stili

Cerco le categorie degli stili e sono attirato subito da una categoria che si chiama “Live Band”. Il nome è stuzzicante e non posso fare a meno di analizzarla come prima cosa. Richiamo il primo stile “Strummlin’ Pop”, ma non faccio tempo a chiudere la prima canzone che mi ritrovo a sfogliare le funzioni d’impostazione generali della tastiera. Devo, infatti, spostare il punto di split: Roland lo pone sul tasto immediatamente sotto il DO centrale (precisamente su B3), ma è molto meglio impostarlo sotto il SOL dell’ottava inferiore (quindi F#2). Come del resto insegna Yamaha; i Rolandiani mi scuseranno.

Dopo aver sistemato lo split, riparto con il test della sezione arranger e dopo qualche stile casuale, trovo che il riconoscimento degli accordi sia davvero semplice ed efficace. Non solo: il fingering standard della E-80 è il più immediato fra tutti quelli disponibili: è adottato anche in casa Korg e stupisce che Yamaha invece non l’abbia ancora adottato. Mistero.

Prima di raccontarvi le mie esperienze con alcuni stili, vorrei rilevare alcuni aspetti tecnici:

  • Ogni stile prevede ben 4 INTRO, 4 MAIN e 4 ENDING, con tanto di FILL IN. Data la ricchezza di pattern disponibili, a mio modesto avviso, avrei aggiunto qualche pulsante in più per pilotare l’arranger: mi riferisco soprattutto a INTRO ed ENDING che hanno un solo pulsante a testa, costringendo a pigiare anche il pulsante della variazione MAIN per stabilire quale sequenza richiamare. Non sarebbe più comodo avere quattro pulsanti specifici, uno per ciascun INTRO ed ENDING?
  • Osservo con soddisfazione che è possibile cambiare stile durante l’esecuzione dell’ENDING, senza che quest’operazione anticipi il nuovo stile selezionato: questa è una grande comodità perché favorisce nell’essere pronti a suonare lo stile successivo senza ansia. Questa cosa non è possibile nella mia Tyros e spesso mi succede che lo stile successivo parta senza che io ne sia consenziente. Roland ha fatto la scelta giusta in questo caso.
  • Ogni stile parte dopo i quattro battiti di attesa: non sono riuscito a capire come si fa a rimuovere questa battuta di attesa. Ho anche cercato sul manuale. Invano. Probabilmente non sono stato abbastanza paziente da capire come si fa (tre giorni passano in un attimo!).

La sezione di stili “Live Band” è sinceramente la mia preferita: “The Unplugged”, “Amazing Gospel” e “Guitar Shuffle” catturano tutta la mia attenzione. La sensazione è quella di pilotare davvero una band dal vivo, autentica e brillante. Anche la sezione “Rock” è molto realistica, anche se in taluni casi è troppo fracassona per i miei gusti. Ho provato a lungo lo stile “Joe’s Rock” che è stato evidentemente costruito per suonare il celebre successo di Joe Cocker “You Can Leave Your Hat On”, dove rimango colpito dagli ottimi pattern associati ai “Fill in”. Gli stili “Country” sono finiti nell’area “World” (uh! Finalmente una visione della musica non americano-centrica). Gli stili “Bossa/Samba” sono separati da quelli “Latin”, ma la separazione non è stata fatta con sufficiente cura, visto che qualche stile “Latin” è stato impostato nella categoria sbagliata. La sezione “50’s & 60’s” è ottima per una serata in cui si voglia divertire il pubblico: “Baby Rock’N” è lo stile giusto per “Just A Gigolo” del mitico Louis Prima, mentre “Rock’N Slow” è destinato a un’esibizione torrida di “Sweet Home Chicago” (ricordate tutti i Blues Brothers, vero?). “Jazz Blues” è la categoria cui dedico gran parte del tempo delle mie prove: peccato che la varietà degli stili sia ridotta rispetto le mie attese personali (forse la Tyros mi aveva viziato in proposito): in questa sezione lo stile “Jimmy’s Groove” si rivela come il compagno ideale delle mie serate. La categoria “Contemporary” include lo stile che mi ha catturato più di ogni altro: ho suonato lo stile “Soul” per quasi un’ora senza smettere, improvvisando senza riguardi. Lo stile è così vicino alle mie corde che non riesco a smettere facilmente: che cosa c’è di più divertente che usare un arranger per improvvisare? Nella categoria “16 Beat”, mi soffermo sullo stile “Lovely Ballad”, dove è un piacere indugiare con la melodia di “Isn’t She Lovely” di Stevie Wonder. Fra gli “8 Bit” mi capita di suonare “Heart Beat” che è lo stile ideale per darci dentro con “Sultans of Swing” dei Dire Straits (confesso però che devo ancora migliorare la mia tecnica prima di riuscire a essere convincente; nonostante ciò, il divertimento per chi suona è assicurato). Alla fine della carrellata di stili, rifletto sul fatto che il liscio nostrano è alquanto trascurato.

Suonare il pianoforte

Dopo gli stili, non posso fare a meno di cavalcare lungo la teoria dei suoni. Rimango subito impressionato dalla qualità dei pianoforti e degli organi. Il “Natural Piano” è sicuramente incantevole, ricco e, soprattutto, sincero: è un suono molto lontano da quello Yamaha (che adoro), soprattutto nelle ottave centrali, anche se non saprei se questo distacco sia soltanto un effetto soggettivo dovuto alla presenza di tasti decisamente più professionali. Preso dall’entusiasmo, comincio a suonare con vigore sfruttando la dinamica di una tastiera eccezionale: osservo che il suono perde naturalezza quando picchio sui tasti.

Anche le tastiere soffrono. Il “Classic Piano” mi colpisce per il gusto antico del suo suono. Osservo che altre voci sono precostituite mettendo in sovrapposizione due campioni: se teniamo poi conto che esiste sempre la possibilità di porre in “layer” altre parti da tastiera (UP1, UP2, UP3, LW1, LW2 e MBS), direi che le possibilità sono ben più ampie di quanto si possa chiedere. Il pianoforte elettrico “Vintage EP1” è quasi perfetto, se non fosse quell’effetto di campanellino che sottende nell’aria, se posso fare proprio il pignolo! Il “Pro Stage 1” suona diverso da come dovrebbe risultare un pianoforte da palco, ma devo riconoscere che suona davvero bene; quello che non mi convince è il clic dell’attacco: troppo accentuato o troppo digitale, non saprei. “Phase EP” è scarno ma notevole, sebbene il suo gemello in casa Yamaha sia quello che prediligo. Mi diverto a provare “Wurly 1”, sebbene non mi sembri molto fedele nella riproduzione degli indimenticabili Wurlitzer. Anche il “Clav.1” è brillante ed efficace quanto basta.

Suonare l’organo

Dopo un’indigestione di pianoforti, passo agli organi. E qui gli aggettivi si sprecano. Il bellissimo “B3 Sermon” è quella variazione di Hammond di cui ho sempre sete: il feeling Gospel brucia sotto le mia dita al punto giusto, perché questo è il suono d’organo standard che cerco sempre in ogni tastiera e che finalmente ho trovato. Per la cronaca Tyros non l’ha! Dopo mezzora di delirio, decido di cambiare suono e passo all’organo “Blues Perc”, dove trovo ancora una volta pane per i miei denti. E che dire poi di “All Skate!”: m’innamoro immediatamente del clic percussivo che appare all’attacco del tasto. I suoni d’organo di questa E-80 sono una miniera inesauribile. Arrivo allo sbuffante “Heavy Traffic” e ho esaurito le mie forze. Quando passo agli organi liturgici più classici, provo un senso di controversia: dai suoni ripieni come “Church Org. 1” mi aspettavo di più, mentre dai suoni più dolci e tenui come “Organ Flute” ritrovo tutto il mio entusiasmo. Mi soffermo a lungo sugli organi, tutte le varianti sono realistiche: “Rock” “Jazz Organ”, “Perc Organ”, “Red Organ”, “Rotary”, “L-Organ”… non ho più fiato.

Dopo una sbornia così colossale, tento una prova comparativa su una sequenza di tiranti classica, quella che per me rappresenta il punto di partenza: imposto le barre su “8-5-7-7-0-4-2-1-0”, disattivo le percussioni e il vibrato e metto il “Rotary” in Slow. Quindi suono. Poi ripeto la stessa impostazione sulla Tyros e suono. Sorpresa! L’arranger Yamaha si avvicina di più al mio gusto personale. Strano, avrei detto il contrario: del resto se a questo punto dovessi nominare la sezione organi preferita, non avrei dubbi e direi Roland E-80, grazie alla varietà, alla ricchezza e alla naturalezza dei suoni di fabbrica.

Tuttavia, su questo specifico confronto singolo di una variante impostata manualmente, trovo che sia vero il contrario e che Tyros si avvicini di più alle mie preferenze. Sono confuso: forse dovrei lavorare sugli effetti. Non riesco però a trattenermi oltre e corro a provare qualcos’altro.

Altri suoni

Passo alle fisarmoniche, quelle che il costruttore dichiara come derivate dal V-Accordion. A dire il vero i campioni non mi sembrano eccellenti. Tuttavia suonano bene, davvero bene. Forse è merito degli ottimi amplificatori. Non saprei.

La prima voce di chitarra classica “Nylon Gt. 1” proprio non mi va giù. E’ molto meglio il secondo “Nylon-Str.-Gt”, dove il suono scorre molto più naturale e fluido. Non riesco a trattenere la mia curiosità e volo a provare il famigerato GUITAR MODE di cui avevo letto lodi e consensi. Dopo vari tentativi e dopo la trilettura del manuale credo di aver intuito quello che non avevo capito. Il GUITAR MODE non è uno strumento di controllo delle sequenze MIDI chitarristiche, come potrebbe essere il MultiPad in casa Yamaha. E’ invece una tecnica pianistica per ottenere arpeggi o pennate di chitarre. La tecnica è notevolmente singolare e richiede un periodo di addestramento dedicato, soprattutto per rendersi conto che nel GUITAR MODE i tasti non corrispondono alle note. Ad esempio, nella modalità di arpeggio, il Do non è un Do ma piuttosto un Mi e le note che seguono non rappresentano la scala di Do, ma piuttosto le sei corde della chitarra secondo l’accordatura tradizionale Mi-La-Re-Sol-Si-Mi. In altre parole il Do è un Mi, il Re è un La, il Mi è un Re e così via. Confusi? Dai, non è difficile! Con l’ottava più bassa è possibile simulare i suoni delle dita sulle corde o della mano sul manico o sul corpo della chitarra. La mano destra invece può essere usata per suonare le pennate: tuttavia è necessario suonare il tasto giusto (uno per ogni tipo di pennata) a tempo come se fosse una vera chitarra. Insomma: tutti dicono che è facile imparare. Io sono davvero limitato tecnicamente, perché non sono riuscito ad ottenere una sequenza decente! Sicuramente il GUITAR MODE è uno strumento potente. Ma bisogna imparare a suonarlo!

Cambiamo categoria di suoni. Passando al “Violin” ho notato l’accentuazione del vibrato, mentre per gli archi in genere ho subito colto la classica pasta Roland. Nell’area “Vocal” ho trovato voci stupende. E qui devo riconoscere che Roland surclassa Yamaha. “Warm voices” sembra uscito da un disco di Enya, come del resto “SynVoxPad”, con la differenza che quest’ultimo ha una traccia più sintetica. Adoro poi “Fm Mm Srt” ottimo per i richiami spirituali che evoca. Non riesco ad abbandonare in fretta il test di queste voci: la loro bellezza è trascinante, “Real Choir”, “Jazz Scat”, “ChorusLahs” e “ChorusAahs”. E’ poi un piacere suonare “Silent Night” mentre “Jz Voice” è straordinario sulle ottave basse. Finalmente arrivo ai “Brass”, dove noto come Roland abbia prediletto un set di voci molto pop e molto digitali. Sono molto professionali ma non mi entusiasmano le voci di sax, le trombe e i legni. Noto con curiosità che Roland ha messo in gioco i propri cavalli di battaglia nell’area “Drums” e mi diverto a risentire il suono di una TR-808 e di tutta la famiglia. Bei tempi andati!

Roland E80 dettaglioStandard MIDI file

Ora passiamo a qualche base. Il primo dischetto che trovo è quello che avevo trovato nella defunta rivista “MIDI Songs” e che includeva il MIDI file di “Crazy” di Gnarls Barkley. La prova è parallela fra E-80 e Tyros. La base suona divinamente bene su entrambi gli arranger, ma sulla Roland il sax risulta più naturale e il mix sembra fatto su misura. In effetti, la cosa conferma il fatto che le basi standard sono di casa in ambiente Roland GS. Cambio la base e provo subito la sensazione opposta: in effetti, una canzone costruita dal bravissimo guru Yamaha, il canadese Ian McNeill suona splendidamente sulla

Tyros e appare poverella sulla E-80… Non mi scoraggio per niente e riprovo con la base di un sucessone country come “Achy Breaky Heart” di Billy Ray Cyrus; qui il confronto è vincente per la E-80, dove l’impatto sonoro risulta di gran lunga più aggressivo. Per finire con le basi, passo a un classico delle sale da ballo come il paso doble di “Espana Cani”: questa volta il giudizio si capovolge, perché questa base è più omogenea e convincente sulla Tyros.

Utilità

Viene il tempo di dedicarsi a MUSIC ASSISTANT, una caratteristica che permette di richiamare facilmente lo stile più adeguato in base al titolo della canzone. Come succede nel Music Finder di casa Yamaha, anche qui Roland ha preferito registrare i titoli delle canzoni famose con perifrasi insolite ancorché simili al titolo originale. Boh, io queste cose non le ho mai capite. Come non capisco come mai anche Roland abbia commesso lo stesso peccato rendendo disponibili due funzioni diverse per memorizzare le impostazioni di tastiera: in effetti, Yamaha prevede il Music Finder e le Registration, mentre Roland prevede MUSIC ASSISTANT e USER PROGRAM: possibile non prevedere uno strumento di memorizzazione unico, flessibile, robusto e coerente? Mah!

Ho poi provato anche STYLE COVER e SONG COVER e li ho trovati molto piacevoli. Il tempo è volato mentre simulavo le infinite possibilità: il modello più divertente in assoluto è “A cappella” e permette soluzioni molto simpatiche. Fra le altre possibilità ho riscontrato risultati vincenti con “Live Band”, “Acoustic”, “Techno”, Rock”, “Pop”, “Classic” (orchestra) e “Celtic”. Una piccola critica: i pulsanti ONE TOUCH sono esclusi dalle cover, peccato.

Per chi scrive la musica

Veniamo al sequencer E-80, una funzione dal nome complicato: 16-TRK SEQ. Il software mi attrae immediatamente, grazie al look accattivante dello schermo, dove è bello scorrere le sedici tracce. Metto la canzone in playback e provo a spostarmi su LYRICS & SCORE e scopro che la cosa non è possibile. Provo a compiere l’operazione al contrario, spostandomi dalla pagina LYRICS a 16-TRK SEQ e anche qui il passaggio mi viene impedito. Apro la pagina MICRO EDIT e mi assicuro che sia possibile controllare ogni singolo evento con risultato positivo. Provo ad avviare il PLAYBACK per seguire lo scorrere degli eventi, ma anche quest’operazione mi viene impedita. Non desisto e navigo nel software alla ricerca delle possibilità rese fruibili dalla casa giapponese e sono favorevolmente colpito dall’uso della rotella che permette di cambiare facilmente traccia dopo aver fatto clic sullo schermo nel campo “Track 1”. Carino!

Ma rimango ancor più entusiasta nello scoprire il punto esatto dove il 16-TRK SEQ di Roland supera il SONG CREATOR di Yamaha: è nella funzione TRACK EDIT. Sì: finalmente posso cancellare facilmente una misura, copiare, effettuare modifiche massive su una traccia (GLOBAL CHANGE), agire sul GATE TIME e variare la dinamica di un’intera traccia o su un segmento di misure.

E per chi legge la musica

Per quanto riguarda la pagina LYRICS, la qualità del video è perfetta e il testo scorre con precisione. Gli accordi sono calcolati in automatico ed appaiono appena in tempo a video: l’accordo corrente e quello successivo. La pagina SCORE è molto essenziale, non ha purtroppo nulla di comparabile con l’eleganza della stessa funzione presente nei prodotti Yamaha. In entrambi i casi, Roland non lascia cambiare pagina manualmente e questo fatto impedisce di leggere i testi o lo spartito a PLAYBACK fermo. E questo, per me è una mancanza dolorosa.

Conclusioni

Tre giorni sono passati davvero in fretta e ora dovrei trarre le conclusioni. Che dirvi? La Roland E-80 mi ha conquistato e, se non fosse per il peso e le dimensioni esagerate, avrei confermato l’acquisto. Ma in questo momento non penso ancora di cambiare la mia amata Tyros, piuttosto vorrei affiancarla con un arranger più leggero e portabile, che mi possa portare dietro durante le prossime vacanze estive. In questo senso non mi resta che provare la più minuta Roland E-50, nella speranza che il produttore giapponese non abbia “tagliato” troppo sulla qualità dello strumento.

Ringrazio Roland Italy e mi congratulo con loro per questa geniale iniziativa di marketing che mi ha permesso di provare con calma nella mia casa questo superbo gioiello di arranger. Un’idea innovativa che consentirà a molti musicisti di avvicinarsi a questo arranger e, come spero, di muovere il mercato degli strumenti musicali.

Ringrazio anche Marco del negozio Scavino di Torino per la sua gentilezza e disponibilità: mi ha facilitato le operazioni di prenotazione e di prestito con grande professionalità.

Chissà che quest’idea non diventi un’abitudine standard per tutti i produttori musicali?

Torino, 12 giugno 2007

24 pensieri su “Roland E-80, la mia recensione

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    1. Federico Sogni

      IO L’HO AVUTA E AL MOMENTO SEMBRAVA MEGA, POI USANDOLA HO SCOPERTO CHE E’ MOLTO MACCHINOSA.
      POCO IMMEDIATA.
      Insomma dopo neanche 2 anni sono riuscito a venderla al primo che ne è rimasto affascinato.
      Ora suono solo KORG a vita.

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    2. orazio

      Ciao Renatus, esiste un modo per poter avere il manuale in italiano della roland e80 in pdf? Sai l’ho vista di persona in un negozio vicino casa e ti confesso che ho avuto come un attrazione verso questa macchina. Domani credo che mi recherò in questo negozio e gli chiederò di farmela provare. Chissà, magari farò una pazzia.

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  2. lino

    dopo aver visto il video ufficiale della e80 con qualche annuncio sul vocal harmonist, non sono riuscito a verificarne altri in questa funzione. sarò impedito io…. ma non riesco ad avere risultati gradevoli all’udito quando uso tale funzione (sembra sempre che sti benedetti cori stonino e vadano per conto l’oro)Sarei veramente grato se potessi avere le giuste programmazioni del vocal harmonist sul campo assign, portam time, rnd tuning e quant’altro….. grazie!!

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  9. Carlo

    Ho sentito che una persona, ora non ricordo il nome, chiedeva il manuale in italiano della Roland E-80 .Io l’ ho perchè acquistata anni fa ma ora ,che sono anziano ,debbo dire che è molto pesante e vorrei prendere qualcosa di più leggero, anche se ho una custodia con rotelle ma non l’ ho mai usata perchè ingombrante. Perchè il tuochscren non funziona bene mi fa impazzire.Grazie io sono Carlo di Ladispoli.

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    1. Renatus Autore articolo

      Ciao Carlo, grazie dell’attenzione a questo blog e del tuo messaggio.
      Roland ha appena lanciato BK-9, più leggero (solo 9,4kg contro i 22,5kg di E-80). Potresti considerare la permuta. Ovviamente ti suggerisco di provare bene BK-9 per valutare bene se, nel cambio, potrai ottenere equivalenti soddisfazioni in termine di qualità dei suoni e degli stili di serie.

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      1. Carlo

        Grazie del consiglio tutto è iniziato perchè cambiando computer dall’ XP al MAC non ho avuto più la possibilità di registrare su floppy disk e allora ho trovato, dopo tanto tempo, un attacco USB dietro la tastiera e cos’ ho pensato che che un piccolo Hard disk , immettendo quante canzoni midy volevo, di risolvere il problema poi ho preso un cavo da Hard disk computer e poi uno mi dice….ma non hai un notebook? Io dico no dovrei comperarlo , e lui ma a casa non ce nessuno che ha un portatile? A quel punto mi è venuto in mente che mi figlio lo aveva e allora? Basta immettere nel suo computer e poi importare nella tastiera oppure collegare la tastiera al computer, ma quello è stato il problema iniziale, la mia tastiera è ad un piano e il computer in un altro e per spostare la tastiera e fare le scale, inizio ad essere un pochino anziano, certo no era il caso anche se questo movimento doveva avvenire una o due volte l’ anno per rinnovare le basi midy. Certo non è facile vendere questo catafalco ma io avrei bisogno di una cosa simile, sicuramente più leggera ma nello stesso tempo che abbia un attacco per una chiavetta senza spendere una fortuna non voglio spendere 3000 euro come feci anni fa anche perchè, ripeto, non sono un professionista.Comunque ancora grazie Renatus.

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      2. orazio

        Ciao Carlo, io credo che permutando la tua E80 e aggiungendo 1000 o 1100 euro porti a casa il bk9. Pero’ e’ anche vero che non e’ amplificata e possiede 2 display piccoli.

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